Caro editor, in questi mesi del 2007, leggendo su giornali e riviste i vari ricordi dell’ “Eroe dei due Mondi” Giuseppe Garibaldi mi è capitata un articolo molto particolare che mi ha fatto riflettere e sospinto a quanto segue. Si tratta della sua iniziazione alla “Giovine Italia” di Mazzini, che avvenne circa nel 1833 a 25 anni, quando giovane marinaio si trovò a discutere con dei “sansimonisti” (divulgatori di una nuova società) , che gli parlarono appunto di Mazzini, di un’Italia libera, repubblicana e così dicendo. Bisogna premettere che nelle biografie di Garibaldi gli anni giovanili sono poco chiari nei passi fondamentali e a volte i dati sono un poco contraversi tra loro. Comunque pare che qualche tempo dopo quel folgorante incontro, Garibaldi a Genova si trovasse di fronte allo stesso Mazzini e che qui si compisse l’atto di affiliazione alla società segreta, assumendo il nome di “Pane” anche per scongiurare, specialmente, la fame. Fino qui niente di eccezionale, sono cose risapute, come il fatto che col falso nome di Joseph Pane riuscì ad imbarcarsi per il Sud America sfuggendo alla caccia del rivoluzionario. Ma quel “Pane” subito mi è venuto di collegarlo ad un gesto umanitario che si compiva a Barga la mattina della festa del XX settembre. Una ricorrenza che era il massimo ricordo dell’epopea risorgimentale, perché celebrava la presa di Roma, che avvenne nel 1870, per legarla ai destini dell’Italia. Un avvenimento da sempre primo desiderio di tutti i patrioti italiani e dello stesso Garibaldi. In tanti monumenti italiani, volutamente, l’Eroe è collocato con lo sguardo accigliato rivolto a Roma, la sua grande battaglia persa, ma che ora era Italiana. La festa fu soppressa nel 1929 coi “Patti Lateranensi” tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica di Roma. Il gesto umanitario a cui accennavo si ritrova in un documento che proviene dall’archivio di casa Salvi sotto il Duomo (oggi diffuso in diversi rivoli barghigiani e chissà dove) e ringrazio l’amico Tognarelli per avermelo fatto conoscere qualche tempo addietro. L’anno non è descritto, ma si capisce che siamo sul finire del 1800. Si tratta della bozza del manifesto col relativo programma di una festa del XX settembre, redatto dal comitato che aveva come presidente onorario Antonio Mordini, mentre l’effettivo era il suo “braccio destro” barghigiano, l’Avv.to Salvo Salvi, che al seguito del suo generale Garibaldi, in vista di Trento ne ritornò ubbidendo. Così inizia l’avviso: “Tra gli avvenimenti del secolo che declina al suo termine, quello che la storia registra sotto la data XX settembre è il più grande non solo per l’Italia, che colla rivendicazione di Roma completò la sua unità, ma anche per la civiltà, nella quale segna il principio di un’era novella…”,ecc. Poi segue il programma, il cui punto uno lo lascio per ultimo, che prevedeva al punto due un corteo patriottico che dalla piazza della Fonte (Largo Roma) si sarebbe diretto al teatro Differenti per la commemorazione ufficiale. Nel pomeriggio la festa seguitava col concerto della Banda di Barga al Giardino e con l’albero della cuccagna. Di fretta tutti in piazza Angelio per la grande tombola, che si concludeva col concerto della banda di Castelnuovo. Infine a sera gran concerto delle due Bande unite sul piazzale del Fosso illuminato, allora come oggi piazzale Vittorio Emanuele II, e gran finale di fuochi artificiali. Ma ciò che interessa questa lettera è il punto uno di quel programma. Infatti la festa aveva inizio alle 8 di mattina in piazza Garibaldi, dove in un locale della Sig.ra Maria Nardi, ava di Maria Vittoria Stefani (Palazzo Balduini), si distribuiva il pane ai poveri di Barga. Ecco allora che quel nome “Pane” assunto da Garibaldi ritorna e era nella sua piazza che si attuava il gesto umanitario. Cosicché ogni povero, e ognuno, avesse il suo pezzo di Garibaldi da portarsi a casa, con cui imbandire il misero desco in quel giorno di festa. Un caro saluto da Pier Giuliano Cecchi.