Il turismo della memoria. Così si può definire la visita di un veterano austriaco a Sommocolonia, oggi luogo simbolo della pace con la sua rocca, ieri teatro della sanguinosa battaglia del 26 dicembre 1944.
Nel paese della montagna barghigiana in questi anni sono arrivati molti veterani della seconda guerra mondiale alla scoperta di un luogo così ricco di ricordi. Soprattutto afroamericani, della 92^ Divisione Buffalo. Martedì scorso invece è arrivato a Barga il primo veterano della seconda guerra mondiale proveniente dall’Austria. Una visita a sorpresa insieme alla sua famiglia. Il signor Richard Neumeister, che vive in Austria, è arrivato a Barga con il libro sulla battaglia di Sommocolonia del Tenente Colonnello della Brigata Folgore, Vittorio Biondi, e una cartina della linea gotica.
In Comune ha chiesto notizie e manifestato il desiderio di tornare a Sommocolonia. Ad accompagnarlo il vice sindaco, Alberto Giovannetti, che insieme ai rappresentati dell’attivo Comitato Paesano ha guidato il signor Richard Neumeister nella visita al paese, alla rocca e alla raccolta di cimeli bellici realizzata in questi mesi. Visibilmente commosso, ha ricordato la sua permanenza a Sommocolonia proprio fino al 26 dicembre del 1944 quando è stato trasferito in altra destinazione. In un libro i suoi ricordi: fotografie e lettere dell’epoca. La visita si è conclusa con la consegna da parte del vice sindaco di un dono a ricordo della giornata e con la promessa di mantenere vivi i contatti nella speranza di poter organizzare proprio a Somocolonia un evento che unisca, nel ricordo senza distinzioni di parte, superstiti e caduti della seconda guerra mondiale.
In June, 1994, I covered the 50th anniversary of D-Day — the Allied landings in Normandy — for the San Francisco Chronicle. It was a deeply moving experience. Elderly men wandered silently, and often in tears, among the tombstones that cover the bluffs over Omaha and Juno beaches, where thousands of their comrades had died on June 6, 1944. I interviewed 25 or so of those men: Brits, Yanks, Canadians, Poles and Frenchmen. Nearly every one of them wondered why no Axis veterans had been allowed to participate. The presidents of the United States and France, who spoke at the memorial services, had been worried about recrimination from their voters if German officials were invited. So then-Chancellor Helmut Kohl was asked to remain at home.
“It makes no sense,” a Canadian vet told me. He had lost an arm at Juno. “Half a century has passed without a shot being fired among us. The war was another time, and all of us, including the German boys who faced us here, are prouder of what came after 1944 than we are of the killing that led to it. That’s what we should be remembered for today. Fifty years of peace.”
Welcome back to Barga, Herr Neumeister.
Mi sembra la miglior risposta a tante polemiche, spesso strumentali, apparse anche su queste pagine.
Per quanto mi riguarda, rimango della stessa opione: sul piano umano, dei singoli individui, non vedo molte differenze fra chi aveva la divisa di un colore o di un altro. Diverso il discorso se ci spostiamo sul piano di chi aveva responsabilità decisionali. Come spesso accade, in Italia abbiamo seguito un percorso opposto: a livello personale e familiare, molte ferite stentano ancora a rimarginarsi, mentre chi aveva incarichi dirigenziali (più nella burocrazia che nella politica) non ha avuto problemi nel rimanere al suo posto anche dopo che il vento è cambiato.
La storia bisognerebbe poterla studiare da una certa distanza in modo da distiguerne meglio i contorni e invece, anche in questo caso, la tendenza del nostro paese mi sembra un’altra: si focalizza l’attenzione sulle vicende dei singoli, sempre e comunque vittime di scelte piovute dall’alto, da una parte e dall’altra, quasi a voler sfocare il giudizio nei confronti di chi quelle scelte le ha prese in prima persona.
Mi sbaglio? Sono troppo “ideologico”?