L’Amministrazione Comunale ha partecipato lo scorso mese di maggio all’inaugurazione degli Italian Cloister Garden di Glasgow, il giardino monumentale voluto dall’Arcidiocesi di Glasgow, ed in particolare dal suo vescovo Mario Conti, per celebrare il contributo degli italo-scozzesi alla terra che li ha accolti. Un monumento soprattutto per ricordare con un monumento, il primo così grande e significativo realizzato in tutto il mondo, le vittime italiane della tragedia dell’Arandora Star; la nave (nella foto l’unico superstite ancora in vita, Rando Bertoia, accanto al modellino) che trasportava deportati italiani e tedeschi in un campo di prigionia in Canada e che fu affondata da un sommergibile tedesco, non troppo distante dalle coste scozzesi.
Per non dimenticare, anche in occasione dell’anniversario della tragedia (avvenuta il 2 luglio 1940) l’Amministrazione ha voluto promuovere per venerdì 1 luglio due iniziative: alle 16.30, presso la Piazzetta Monsignor Piero Giannini, sopra il Museo Le Stanze della Memoria, si terrà una commemorazione; alle 17.30, chiesa del Sacro Cuore in Barga, Santa Messa in Suffragio celebrata dal Proposto, Monsignor Stefano Serafini.
L’Arandora Star fu una nave da crociera britannica; carica di prigionieri politici, fu affondata da un U-boot tedesco il 2 luglio 1940 durante la seconda guerra mondiale.
Costruita da Cammell Laird & Company, Limited per la Blue Star Line nel 1927, con un tonnellaggio lordo di 12’847 tonnellate, una lunghezza di 163 metri, 354 posti di prima classe e una velocità di crociera di 60 nodi.
Inizialmente chiamata Arandora, fece rotta tra Londra e la costa est del Sud America dal 1927 al 1928 prima di essere riarmata a 15’501 tonnellate lorde come nave da crociera di lusso e chiamata Arandora Star per evitare confusione con le navi della Royal Mail, chiamate tipicamente con nomi che iniziavano e finivano con la lettera A.
Durante la seconda guerra mondiale, i Paesi di entrambi gli schieramenti applicarono l’internamento dei cittadini originari dei Paesi nemici per timore dello spionaggio. La nave britannica quindi fu adattata a trasportare internati dell’Asse in Canada. Gli internati erano cittadini italiani, tedeschi e austriaci di sesso maschile, molti immigrati nelle Isole britanniche da decine di anni, tanto che molti avevano parenti, anche figli, che militavano nell’esercito britannico. A costoro vennero negati i diritti civili e politici, compresi quelli riconosciuti ai militari secondo la Convenzione di Ginevra. A molti venivano confiscate le proprietà. Ai familiari non fu detto che i parenti arrestati sarebbero stati deportati. Per disposizione del governo britannico, le famiglie degli internati residenti sulla costa, senza sostentamento e assistenza, furono costrette a trasferirsi nelle città.
Il primo di luglio del 1940, la nave salpò da Liverpool senza alcuna scorta, sotto il comando di Edgar Wallace Moulton fece rotta per trasportare in un campo di prigionia canadese circa 1500 uomini.
Esclusi 86 prigionieri di guerra, gli altri uomini erano civili tra i 16 e i 75 anni. La nave fu sovraccaricata e non fu rispettato il rapporto massimo passeggeri per scialuppa. I prigionieri furono ammassati nelle cabine, molti dormivano sul pavimento della sala da ballo. La nave, senza giustificazione funzionale, era stata ridipinta di grigio. Non esponeva segnali che potessero far identificare la sua funzione, come il simbolo della Croce Rossa. Né all’equipaggio, né agli internati furono date istruzioni sulle procedure d’emergenza.
Il 2 luglio 1940, a largo della costa nord-ovest dell’Irlanda, fu colpita da un siluro lanciato dall’U-47, un U-Boot tedesco. L’equipaggio dell’U-Boot dichiarò in seguito di essere stato tratto in inganno dalla livrea grigia che faceva sembrare la nave da crociera un mercantile provvisto di armi in dotazione alla marina britannica. L’Arandora Star, senza più potenza motrice, affondò in trentacinque minuti. Persero la vita più di ottocento persone, 446 dei quali erano italiani e tra questi molti bargo-scozzesi.
La nave, alla partenza del suo ultimo viaggio, era fornita di quattordici scialuppe. Il numero di scialuppe era insufficiente per il numero di passeggeri. Molte di tali scialuppe erano separate da ponte con filo spinato. Una di esse fu subito distrutta dall’impatto del siluro; problemi tecnici impedirono di calarne un’altra delle quattordici in mare, e altre due furono danneggiate durante il loro ammaraggio. Almeno quattro delle rimanenti furono ammarate con un numero di passeggeri molto inferiore alla capienza. Un’altra affondò durante l’ammaraggio.
Il comandante Otto Burfeind della nave tedesca SS Adolph Woermann, che era tra i prigionieri, rimase a bordo della nave organizzando l’evacuazione della nave e risultò disperso.
Dopo aver mandato in avanscoperta un idrovolante Sunderland a rintracciare l’SOS, l’incrociatore canadese St. Laurent riuscì a portare in salvo 586 opersone, i feriti dei quali furono trasportati al Mearnskirk Hospital.
Il comandante britannico Edgar Wallace Moulton, il comandante canadese Harry DeWolf ed il capitano tedesco Otto Burfeind ottennero riconoscimenti per il loro eroismo.
Agli internati superstiti non vennero riconosciuti i diritti civili nonostante tutto; molti di loro furono deportati nelle colonie britanniche dell’Oceania. I familiari delle vittime non hanno mai ricevuto scuse ufficiali, né un risarcimento.