Una raccolta di dieci racconti ambientati in alcuni paesi della valle del Serchio e collocati a cavallo degli anni Cinquanta-Sessanta. Nei dieci raconti de “La venditrice di piccole cose” si respira aria di provincia, l’aria di quel piccolo mondo che vive nella valle del corso medio del Serchio in cui si muovono i protagonisti; Personaggi, soprattutto donne, che vivono un’esistenza comune, scandita dai ritmi della quotidianita’ in un tempo “passato prossimo” che racchiude in se, tra gli altri, il tema sempre attuale della solitudine.
Sono nata a Fornaci di Barga, un paese della provincia di Lucca; vivo con mio marito Marco e mio figlio Enrico a Sassuolo, dove a lungo ho insegnato Italiano, Storia e Geografia ai ragazzini delle scuole medie. Ho frequentato l’Università di Pisa, laureandomi in Storia e Filosofia. Amo i gatti e Palla, una splendida trovatella, è la regina indiscussa della mia casa – Patrizia Bartoli
Come è nata e quando la tua passione per la scrittura?
La venditrice di piccole cose e altri racconti è il mio primo libro. Scrivo da molto tempo, ma soltanto tre anni fa decisi che era giunto il momento di lanciarmi. Partecipai al Premio di Narrativa Loria di Carpi ( 2008) a cui inviai il racconto La signora Parrini. Fu ben accolto e insieme agli altri finalisti, dieci in tutto, fu pubblicato da Marcos y Marcos. Fu una bellissima insolita esperienza che mi spinse a provare ancora.
Infine, passo dopo passo, ad aprile di quest’anno, grazie a Incontri Editrice che ha creduto in me, ho pubblicato i dieci racconti che compongono La venditrice di piccole cose.
Il libro è stato tra i tre finalisti del Premio Joyce Lussu la cui premiazione si è tenuta a Offida (AP) il 12 novembre scorso. E’ giunto secondo dietro Vivere per addizione e altri viaggi di Carmine Abate, ma, con mia grande soddisfazione, ha ottenuto il riconoscimento da parte della giuria popolare con 24 voti su 50.
Parlaci del tuo ultimo libro…
I racconti sono ambientati nei luoghi in cui sono nata e cresciuta: Fornaci di Barga, Barga, Castelnuovo Garfagnana, lungo il corso del Serchio, tanto caro a Ungaretti.
Le storie e i personaggi trovano la loro ragion d’essere tra le strade, i campi, il fiume che hanno scandito il ritmo della mia esistenza di bambina e di ragazza. L’elemento autobiografico è dato dalla realtà geografica, storica e sociale che è ancora viva in me, sebbene tutto sia cambiato e io viva altrove.
Considero Fornaci di Barga è il mio primo irrinunciabile luogo letterario.
Ho scelto il titolo La venditrice di piccole cose perché il personaggio di Irma rappresenta al meglio il mondo di cui ho scritto. Abbandonata dal marito, non si smarrisce. Si aggrappa con forza alle piccole cose che danno un senso alla nostra vita, non cede alla violenza che ne ha segnato il cammino, rifiuta di essere vittima.
La solidità delle piccole cose è fondamentale nel mio modo di interpretare l’esistenza. Mi piace la quotidianità delle persone comuni. Amo le loro piccole storie che s’intrecciano, si dipanano, trovano o non trovano compimento. Sono palpiti di vita. Le piccole cose sono un rifugio, una consolazione, una risorsa.
Quali sono gli autori che prediligi?
Alice Munro, Joyce Carol Oates, Marcela Serrano sono le mie autrici preferite. Tra gli uomini senz’altro Paul Auster.
Parlami del tuo processo creativo…
non scrivo di getto, ma scrivo e leggo, riscrivo e rileggo tante di quelle volte che di ogni racconto accumulo più stesure. Poi, quando sono all’ultima, almeno credo, ho la tentazione di rivedere e di cambiare ancora qualcosa. Un tormento, ma un tormento a cui non so rinunciare.
Quando racconti, in che panni ti senti meglio: in prima persona o terza?
Preferisco scrivere in terza persona e creo i personaggi partendo da un ricordo, anche flebile e un po’ ingannevole, da un’emozione; a volte da una parola colta al volo o da un’immagine fugace. Il racconto Un’esile ombra che fa parte del libro nasce da un sogno che, per un lungo periodo, ha accompagnato i miei risvegli.
Credi che si possa scrivere come “terapia personale”? I conflitti interni possono essere considerati una forza creativa?
Penso che la scrittura sia sempre un riflesso del nostro vissuto, ma è un riflesso che lascia molto spazio alla libertà di reiventare ciò che è stato.
Scrivo per sottrazione. Non amo la prosa ridondante che spreca molte parole per dire. Ammiro chi sa narrare e descrivere in modo chiaro e semplice lasciando che la storia si dipani senza inutili orpelli.