Margherita Cagnoni, pittrice
«L’Arte è un grido che squarcia la realtà»
Margherita Cagnoni, vivi e lavori in Toscana ma sei nata in Canada a Yellowknife. Dopo l’Istituto d’arte, frequentato a Cascina, ti sei interessata di ceramica. Raccontaci com’è nata questa passione.
Sono nata in Canada ma ho vissuto quasi da sempre in un piccolo paese vicino Pisa, dove la ceramica, in tempi ormai lontani, era fonte di vita per innumerevoli famiglie. Il mio paese è costellato ancora di vecchie fornaci, alcune ormai abbandonate, ma fra le tante ho avuto la fortuna di conoscere un grande maestro, Osvaldo Giani. Con il suo fare simpatico e burbero mi ha insegnato e trasmesso l’amore per la creta, cosicché poi successivamente ho seguito un corso a Montelupo Fiorentino. La cosa che mi affascina di più della ceramica è il fatto che i colori si trasformano in cottura in maniera imprevedibile: fino al momento che non vedi il prodotto finito non sai mai cosa effettivamente hai creato. Questa metamorfosi mi pare una vera e propria forma di magia.
Nella tua vita professionale, ti sei occupata di grafica pubblicitaria, decorazioni per pezzi unici d’arredamento, fino ad arrivare alla pittura. Hai dimostrato ecletticità e la volontà di sperimentarti in campi in cui si mette in gioco la creatività, ma in maniera diversa. Ti piace, in genere, cambiare? Andare alla ricerca di nuove vocazioni professionali?
Diciamo che sono partita sempre dalla pittura, che è la cosa che amo di più in assoluto. Da qui discendono le mie varie esperienze creative. Sì, mi piace mettermi sempre in gioco e sfidarmi in continuazione, è il sale della vita.
Ritieni l’espressione artistica “una cosa assolutamente personale”. Ognuno, nell’arte, “può leggere ciò che per altri rimane celato”.
Cosa c’è alla radice di questo pensiero?
La libertà, penso che all’origine di questo mio pensiero ci sia questa idea. Ogni singolo individuo è libero di leggere nell’opera quello che più in quel momento gli sia dettato dal proprio vissuto, dalle sue emozioni, dall’istante stesso unico e irripetibile e dalla propria sensibilità, così variabile da persona a persona.
I tuoi quadri parlano anche di problematiche relative alla nostra società, al nostro tempo. In cosa pensi si manifesti “il lato nero”, come lo chiami, il lato più oscuro della nostra società? Come ti piace rappresentarlo?
Il “lato nero” di cui parlo è legato, non solo alla società, ma anche all’individuo stesso; ognuno di noi ha infatti un lato oscuro e, spesso, esso si manifesta attraverso il sogno: quando la parte conscia “allenta il controllo” e l’inconscio diventa il padrone della nostra mente. Nella società, “il lato oscuro” è tutto quello che si può sintetizzare nel sopruso, nell’individualismo di chi porta avanti solo il proprio interesse personale. Quando devo rappresentare una tematica relativa a problematiche sociali, mi lascio trasportare dall’emotività del momento e la rappresentazione non ha un metodo e nasce spontanea.
Ricordi di aver assistito ad uno spettacolo teatrale che ti è rimasto impresso nella memoria?
Ho un ricordo del teatro che risale alla mia infanzia: quando, di passaggio, una compagnia teatrale diede uno spettacolo nel mio paese: era la prima rappresentazione a cui assistevo! Mi colpì come, a differenza di un film, si ha la sensazione di “essere dentro la scena” … quasi mi sentivo di spiare l’azione! Poi, con il tempo, ho assistito a molte rappresentazioni teatrali di attori anche molto famosi e bravi, ma ricordo ancora quella dell’infanzia come una rivelazione unica.