Radici. Nella nostra terra Radiche. L’altra sera ho risentito da Gad Lerner un canto di lavoro di qualche anno fa. Un canto con cui le mondine nelle risaie sostenevano le loro richieste salariali. Sciur padrun da li bèli braghi bianchi, föra li palanchi, föra li palanchi, per intenderci. E il padrone, dai bei calzoni bianchi, sicuramente non stava curvo sotto il sole con le mani e i piedi nell’acqua. Storie di ieri e, ho pensato, di oggi, che di lavoro non ce ne è, come di tutele. Un gruppo di qualche signora d’età, alcune davvero mondine, ha cantato con il cuore sciur padrun regalandomi un ricordo. Sta canzone me la cantava mia nonna Adelia e poi mia mamma quando ero piccolo, e a dir il vero mi piaceva parecchio. Risentirla così inaspettata mi ha fatto emozionare. Tanti ricordi e pensieri tutti accatastati e confusi. Ho anche pensato, cavoli altro che canzoncina per bimbi. Quello che sono oggi lo devo sicuramente anche a queste cose che le donne di casa, che dalle zone del nord vengono, mi hanno passato; cose del nord e di una lingua strana. Per certi versi lontana, ma che mi appartiene. Radici ecco, sono queste. Vedere l’Emilia oggi dove tanti hanno perso qualcosa, la politica incapace di qualsiasi guizzo tanto che ci fa star tranquilli un governo di professori e poi ancora gruppi di ladroni e ladranti, corrotti e corruttori e evasori senz’anima, il discutibile spettacolo di un calcio malato e sudicio dove manca solo che nascondano i soldi nella palla, la sterile discussione sul lavoro che non c’è, le brache di tela della crisi, i corvi sul Vaticano. Ttutte ste cose ci fanno perdere un poco la rotta. Bastano però poche note e parole e qualcosa si rimette in moto: sciur padrun da li bèli braghi bianchi, föra li palanchi, föra li palanchi. Olè! Aggiungo io.
Sciur padrun da li beli braghi bianchi (signor padrone dai bei calzoni bianchi)
Sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi, fora li palanchi,
sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi ch’anduma a cà.
A scusa sciur padrun sa l’em fa tribuler,
i eran li premi volti, i eran li premi volti;
a scusa sciur padrun sa l’em fa tribuler,
i eran li premi volti ca ‘n saievim cuma fer.
Sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi, fora li palanchi,
sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi ch’anduma a cà.
E non va più a mesi nemmeno a settimane,
la babo che ore, la babo che ore;
e non va più a mesi e nemmeno a settimane,
la babo che ore e poi dopo andiamo a cà.
Sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi, fora li palanchi,
sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi ch’anduma a cà.
R quando il treno sceffla, i mundein a la staziun,
cun la cascetta in spalla, cun la cascetta in spalla;
e quando il treno sceffla, i mundein a la staziun,
cun la cascetta in spalla su e giù per i vagon.
Sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi, fora li palanchi,
sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi ch’anduma a cà.
Sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi, fora li palanchi,
sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi ch’anduma a cà.
Sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi, fora li palanchi,
sciur padrun da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi ch’anduma a cà
httpv://youtu.be/VOeD6tb08qs