Sarà inaugurato, domenica (17 marzo) nel complesso architettonico di Palazzo Ducale a Lucca, il Museo del Risorgimento, vera e propria “casa della memoria” sul processo storico che ha portato alla formazione del nostro Stato nazionale.
All’inaugurazione, alle 11,30 in sala Tobino a Palazzo Ducale, interverranno il presidente della Provincia di Lucca Stefano Baccelli, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca Arturo Lattanzi, il presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Lucca Ettore Francesconi, il presidente Assoarma Filippo Marchini, il coordinatore scientifico del Museo del Risorgimento di Lucca Luciano Luciani.
L’evento ci da l’occasione di parlare di un grande patrimonio risorgimentale che può vantare Barga e che ultimamente è stato prima catalogato e poi reso noto agli studiosi attraverso un volume, grazie all’impegno della Fondazione Ricci di Barga. Stiamo parlando dell’archivio storico risorgimentale di Antonio Mordini.
L’inventario e la catalogazione dell’archivio furono compiuti dalla dott.sa Maria Pia Baroncelli ed al termine dei lavori la Fondazione Ricci dette alle stampe il volume “Inventario storico risorgimentale Antonio Mordini”.
Ultimamente la pubblicazione ha ricevuto una lunga e più che positiva recensione dalla rivista “Rassegna storica del Risorgimento” con un articolo di Sergio La Salvia che in fondo riportiamo per intero. L’autore tesse in sostanza le lodi sia della pubblicazione che dello stesso archivio Mordini e del lavoro fatto per il suo ordinamento.
Un fondo che viene definito una fonte ricchissima per la storia ottocentesca. Un fondo che l’autore paragona a quello di Agostino Bertani o di Francesco Crispi, ma che ha grande importanza al di là della prospettiva risorgimentista, perché offre una vasta documentazione di vicende che, nelle loro molteplici dimensioni, sono quelle di un Paese in un periodo che va dagli anni ’30 dell’Ottocento fino all’inizio del secolo XX.
La Salvia aggiunge che oggi la disponibilità dell’archivio Mordini, con quelli di Cattaneo, Crispi e Bertani, contribuisce ulteriormente a ricostruire il grande quadro della storia nazionale e che sarebbe il caso di riconoscere concretamente il carattere di prevalente interesse nazionale di simili archivi o istituzioni ai fini della conoscenza delle vicende della società italiana e dei poteri che l’hanno governata e modellata.
In realtà sulla promozione nazionale dell’archivio storico Mordini la Fondazione Ricci di Barga è da tempo impegnata. La pubblicazione di cui si parla in questi anni è stata donata a buona parte degli archivi e delle biblioteche italiane e da più parte, soprattutto da eminenti studiosi del Risorgimento, sono venuti apprezzamenti per la fondamentale importanza del volume, per lo studio della storia risorgimentale italiana di cui Antonio Mordini è stato illustre esponente.
L’opera di diffusione del volume continuerà anche nel 2013, nella convinzione della Fondazione che attraverso questo Inventario, che contiene tutta la catalogazione dei documento presenti nell’archivio, si sia resa finalmente possibile l’opportunità di una sua più ampia consultazione e quindi anche la realizzazione di iniziative che ne evidenzino i contenuti.
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Libri e periodici
Archivio Storico ‘Risorgimentale Antonio Mordini. Inventario, a cura di MARIA PIA BARONCELLI; Lucca, Fondazione Ricci Onlus, 2009, in 4°, pp. LXXIII-888. S.p.
L’esistenza dell’archivio di Antonio Mordini era nota agli studiosi, se non altro attraverso il lavoro del Rosi, che vi aveva tratto vari documenti, pubblicati nella monografia sul Prodittatore della Sicilia e in altre sedi. L’ampiezza della ricerca divenne però quasi giustificazione alla pigrizia degli studiosi, che stettero contenti alle ricostruzioni proposte, anziché essere sollecitati ad ulteriori approfondimenti. Questo atteggiamento forse fu anche favorito da motivi di opportunità, la contemporaneità di eventi e personaggi, nonché dagli orientamenti allora prevalenti nell’indagine storica, più interessata a porre al centro la figura del « patriota-cospiratore-soldato » che non il più ampio ambito nel quale si era collocata e svolta l’opera sua, non solo di cospiratore e patriota, ma di uomo di partito e di governo, di esponente di spicco delle istituzioni e protagonista del complesso ed arduo cammino sul quale l’Italia post-unitaria si era avviata. Quando Mack Smith si servì di quella stessa fonte per le sue ricerche sull’unificazione italiana, a partire dal noto lavoro su Garibaldi e Cavour, sorse invece un ampio dibattito, cui parteciparono nomi noti della storiografia italiana, da Passerin d’Entrèves a Carlo Pischedda, a Rosario Romeo, tanto per citare studiosi da cui sono venuti contributi innovativi e ancora fondamentali. Ma neppure lo storico inglese, come prima di lui il Rosi, riuscì a richiamare l’attenzione della comunità scientifica verso la quantità e qualità dei materiali custoditi nell’archivio mordiniano — e credo causa non ultima di tale noncuranza sia da attribuire alla mancanza di un inventario in grado di semplificare l’approccio del ricercatore alla vasta documentazione ivi raccolta — come pure non costituì incentivo alla sua frequentazione il carattere privato e familiare dell’archivio. Così anche il contributo dello studioso inglese che, comunque lo si giudichi, resta importante, fu disperso in un dibattito il quale più che riflettere sulle fonti, si incagliò negli schemi delle ideologie prevalenti, in una discussione che ebbe il grave limite di non cogliere un problema, a mio avviso fondamentale, posto indirettamente da questo lavoro, e dico indirettamente poiché egli preferì insistere financo nel titolo sull’idea della contrapposizione di due personaggi genericamente esponenti della linea popolare e di quella aristocratico-borghese, Garibaldi e Cavour appunto, mentre una ricostruzione organica della « rivoluzione italiana » non poteva e non può prescindere dal ruolo della sinistra democratica nella crisi dell’unità, non riducibile al protagonismo militare di Garibaldi. Specialmente nel 1860 e poi tra le difficoltà e le angustie dei governi della Destra si avviò una complesso lotta politica volta a conquistare la direzione della pubblica opinione e del Paese. Certo l’azione di Cavour si mosse magistralmente tra azione parlamentare e iniziativa internazionale, ma egli non poté ignorare ciò che agitava il Paese reale, cui doveva risposte in termini di scelte politiche di fondo. Ad esempio come non collocare in questa prospettiva la sua iniziativa verso Roma, che già Omodeo aveva definito la grande utopia di un politico realista? e una simile agitazione non si esprimeva nelle diverse opposizioni interne, di natura parlamentare ed extraparlamentare, a livello di massa, ma anche dentro le istituzioni, si pensi al ruolo della corte e della monarchia, all’esercito e alla magistratura, dibattito che oggi comincia ad apparire maturo?
Mi pare allora che siano questi temi ad emergere dall’esame dell’inventario dell’Archivio Mordini da poco pubblicato, nel senso che esso offre non solo occasione per delineare meglio una biografia, ma costituisce una fonte ricchissima per la nostra storia ottocentesca, sia nella fase di elaborazione e di realizzazione dell’idea dello stato nazionale, affermatosi nella forma statuale unitaria e « liberale », sia in quella successiva di edificazione del sistema nelle sue istituzioni pubbliche e politiche, sociali ed economiche, nonché della collettività per la quale furono progettate e costruite, e del suo articolarsi nell’arena internazionale. Questo fondo dunque è prezioso per conoscere meglio il processo gigantesco vissuto da uomini certo non tutti al livello di un Cavour, allontanandoci dalla commedia degli equivoci o delle parti che si continua a ripetere, e ancor più lontano da una rappresentazione più o meno gioiosa, allora immaginata per una massa di uomini che, se non ne erano tutti protagonisti, avevano tutti però interessi, culture, tradizioni, dal convergere dei quali sarebbe dovuta uscire l’Italia che alcuni sognavano, altri temevano; ora invece semplificata per un pubblico di spettatori passivi da abbindolare con le fiabe della nonna, o magari del lupo cattivo. Siamo dunque di fronte a un fondo di straordinario rilievo, paragonabile per intenderci, a quello di Agostino Bertani o di Francesco Crispi, per rimanere nell’ambito di personalità al servizio di progetti che si erano incrociati e distinti, fondi appunto accumulatisi nel vivo di esperienze di lotta eccezionali nelle quali le soluzioni e i punti di approdo non erano affatto scontati, ed ai quali si giungeva attraverso un processo tutt’altro che lineare ed univoco. In tal senso forse la definizione di Archivio Risorgimentale che si è voluto dare ad esso appare in qualche misura riduttiva, non tanto dal punto di vista della cronologia, quanto perché può confinarlo in una prospettiva risorgimentista, o se si preferisce di vario patriottismo o di mere contrapposizioni politiche, mentre documenta vicende che, nelle loro molteplici dimensioni, sono quelle di un Paese in un periodo che va dagli anni ’30 dell’Ottocento fino all’inizio del secolo XX, nel quale si definiscono alcuni caratteri originari e fratture che la retorica sul risorgimento ha tra-scurato o esaltato, comunque discusso in termini più allusivi, cioè ideologici, che di merito, e si pensi soltanto all’enorme questione tuttavia aperta della formazione di una classe dirigente nazionale. Uomo di una sinistra riformatrice e non particolarmente attratto dal messaggio mazziniano, le vicende mordiniane tra l’altro esemplificano bene un tal processo, che può dirsi consolidarsi nell’età della Sinistra.
Dunque la piena disponibilità di un archivio di tanta importanza può costituire occasione per riprendere un reale confronto sui grandi temi della formazione dell’Italia contemporanea, e questo sarebbe dunque ora il compito degli studiosi. Intanto va rivolto un vivo apprezzamento all’impegno di Enti che hanno contribuito a portare a termine una simile impresa, dalla Sovrintendenza Archivistica della Toscana, dalla quale è venuto il primo impulso all’opera di riordino e inventariazione, alla Fondazione Ricci Onlus, alle istituzioni locali, Comune di Barga, Provincia di Lucca, Regione Toscana, e bancarie, le fondazioni della Cassa di Risparmio di Lucca e della Banca del Monte di Lucca, aggiungendovi l’auspicio che si possano trovare modi e occasioni, d’intesa con la proprietà trattandosi di archivio privato degli eredi Mordini, di favorirne una più ampia fruizione e conoscenza. La conoscenza appunto, avendo la modestia di avvicinare tanta materia senza pretese di trovarvi «la verità», categoria cui mi pare la scienza, e quella storica tra le altre, non possa attingere, e neppure il documento o i documenti risolutivi. La minuziosa inventariazione di Maria Pia Baronchelli offre uno strumento prezioso per procedere nella ricerca, che sarà fruttuosa se avvierà un circolo virtuoso tra riflessione storiografica e conoscenza documentaria.
La curatrice per prima ha dato con garbo, ma limpidamente, conto in alcune pagine introduttive del perché, anche nel caso di un archivio organico, ricco, e finora poco esplorato, bisogna avere le cautele necessarie, e nel ricostruirne la vicenda ci segnala che Mordini stesso avrebbe dichiarato al Rosi di averne distrutto una parte, carteggi e altri documenti ritenuti «pericolosi» o «compromettenti». Poi vi sono stati i successivi interventi, quelli del figlio Leonardo, anche lui non ignoto agli studiosi, il quale, sollecitato dal Rosi, tentò di dare un primo, incompiuto ordinamento alla valanga di carte, sulle quali, pur rispettandone l’ordine interno, non mancò di operare qualche intervento selettivo, non necessariamente malizioso: «Leonardo legge, epura, esamina le carte paterne… » suggerisce discretamente la Baroncelli. Analogo tentativo di riorganizzazione fece il nipote, Antonio, che mise a disposizione del Mack Smith l’archivio di famiglia, e l’incontro con lo storico inglese lo spinse ad integrare in qualche parte il già cospicuo lascito, della grande importanza del quale si cominciava ad avere più universale coscienza. Ma dovrà passare circa mezzo secolo prima che una vera e definitiva inventariazione, almeno per quanto riguarda l’archivio del grande patriota, fosse portata a termine, e pongo questa limitazione poiché da alcune osservazioni che colgo qua e là, non escludo che anche le carte di Leonardo e Antonio junior possano fornire qualche interessante sorpresa. Bisogna dire che in tutti questi anni non molti si sono accorti di quanto veniva sottratto alla ricerca, giacché se nel mezzo secolo precedente alcuni studiosi avevano potuto godere della fruibilità dell’archivio, esso fu poi a lungo non accessibile a causa dell’avvio dei lavori per il suo ordinamento, e ricordo ancora con soddisfazione la fortuna e la fatica che mi consentirono di disporre per la Commissione Nazionale per l’edizione degli scritti di Giuseppe Garibaldi, delle lettere dell’Eroe a Mordini. Sempre sovvenendosi dei citati archivi di Bertani e Crispi, bisogna ricordare, e non per essere benevoli, ma per inquadrare in un lavoro notevolissimo le eventuali imprecisioni che qua e là si possono riscontrare, che essi, ordinati in periodi diversi, godettero dell’apporto di consistenti risorse umane e materiali; in questo caso, e può essere un paradigma della parabola subita dalla ricerca nel nostro paese negli ultimi decenni, non è stato cosi e solo dedicandosi con solitario, paziente e scrupoloso impegno, per oltre un quindicennio all’impresa, dal 1987 al 2004 per l’esattezza, la curatrice ne è venuta a capo. Il lavoro, avviato quando l’uso dell’informatizzazione nell’organizzazione e schedatura di archivi non era certo avanzato come ora, ha presentato molte difficoltà di ordinamento, lettura, inventariazione di un materiale enorme, cui si è aggiunta l’incertezza sulla disponibilità delle necessarie risorse, una condizione ormai sempre più « normale » per quanto concerne tutela e salvataggio dei beni culturali. La curatrice ha potuto disporre di un primo ordinamento deciso da Antonio Mordini, e mutuato sulla cernita dei materiali secondo la scansione degli eventi della sua biografia politica, ovviando a questa impostazione con una ricca organizzazione di essi in 134 filze che li raggruppano per tematiche più specifiche, rendendo così un ulteriore servizio al ricercatore. Dunque si può davvero dire che una nuova, importante fonte sia oggi riportata alla luce, e ciò mi spinge a chiudere queste righe ricordando come Bertani, che sempre volle sottolineare il ruolo costitutivo del «partito democratico», espresse il desiderio che le sue carte fossero depositate nelle stesso luogo in cui avrebbero trovato accoglienza quelle di Cattaneo al fine di accorpare una parte cospicua del fondo documentario della democrazia italiana. Già prima della sua morte, e con lo stesso fine, aveva vagheggiato di fondere le sue « carte politiche » con quelle di Crispi, ma il progetto non riuscì. Oggi si può dire che la disponibilità dell’archivio Mordini, con quelli di Cattaneo, Crispi e Bertani, pur collocati in luoghi diversi, contribuisca ulteriormente a ricostruire il grande quadro della storia nazionale nella direzione da lui auspicata, che era poi quella di salvaguardare e chiarire in quella storia, il ruolo e il contributo, non solo patriottico, politico e militare, del partito democratico risorgimentale. Sarebbe perciò il caso, anziché disperdersi sul tema banale del rapporto tra storia e memoria, di riconoscere concretamente il carattere di prevalente interesse nazionale di simili archivi o istituzioni ai fini della conoscenza delle vicende della società italiana e dei poteri che l’hanno governata e modellata.
SERGIO LA SALVIA
Rassegna Storica del Risorgimento edito dall’Istituto per la storia del Risorgimento Italiano
Anno XCVIII fascicolo IV
Ottobre – Dicembre 2011
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A Barga ci sono tre ARCHIVI principali e/o più rappresentativi:
1)-L’Archivio della Propositura
2)-L’Archivio del Comune di Barga
3)-L’Archivio di Casa Mordini
Di questi tre, almeno a mia conoscenza, l’Archivio Mordini si trova in un palazzo di Barga Castello, recentemente restaurato, e credo anche con il contributo di tutti i cittadini del Comune di Barga (ricordarsi bene che i soldi per rifare Palazzo Mordini, anche si ci vengono a dire che ci sono stati contributi della Provincia, della Regione, della Comunità Montana, della Comunità Europea o di chiunque altro ente, sono comunque soldi NOSTRI, DI NOI CITTADINI), e quindi sia al sicuro e al riparo delle “intemperie” di qualsiasi tipo.
L’Archivio della Propositura, non so esattamente dove esso sia ubicato, credo nella Canonica, (ma se mi sbaglio qualcuno ce lo farà sapere) anche questo dovrebbe esere al coperto dalle “intemperie” in tutti i sensi.
Invece l’Archivio del comune di Barga, mi risulta che invece non sia al coperto delle “intemperie”. Anzi mi dicono che sotto il tetto del Comune, ove esso si trova, le piogge siamo piuttosto abbondanti.
Questo rischia di mandare a “ramengo” a “schifio” al “macero” documenti di assoluto interesse storico, antropologico, letterario, musicale e chi più ne ha più ne metta, solo per una semplice e banale negligenza.
Perchè è anni che si sa che nell’Archivio del Comune di Barga ci piove quasi a dirotto, ma non si fa quasi niente per rimediare.
NON CI SONO SOLDI. E’ la solita solfa. Trita e ritrita.
Bene. Anzi male.
Allora la Fondazione Ricci, la Fondazione Pascoli, la Fondazione delle varie Banche e Casse di Risparmio, i cittadini tutti, pensino a non permettere di perdere questo patrimonio di identità Barghigiana che è parte di tutti noi.
Giuseppe Luti