Sarà un consiglio comunale denso di punti importanti ed anche simbolici quello che si terrà lunedì 25 marzo a Barga (ore 21). Si va dalle varianti al piano strutturale, propedeutiche alla adozione del nuovo regolamento urbanistico che il comune intende portare in consiglio in aprile, fino all’istituzione di un registro comunale sulle unioni civili che aprirebbe la porta anche a chi non è sposato, anche dello stesso sesso, per ottenere eventuali agevolazioni nell’ambito delle iniziative di carattere sociale, come l’assegnazione di una casa popolare ed i riconoscimenti di altri diritti. Non solo, visto che in consiglio si discuterà anche di riconoscere la cittadinanza italiana simbolica ai bambini stranieri nati in Italia e residenti nel comune di Barga.
Insomma, significativi interventi nell’ambito del sociale e dell’integrazione, che cercano almeno aggirare delle strade per il momento negate dalla legge italiana.
Ma vediamo proprio gli ultimi due punti, che ci sono stati anticipati dal vice sindaco, Alberto Giovannetti: “l’ordine del giorno che presentiamo per i bambini stranieri nati in Italia è solo un atto simbolico, la possibilità di concedere loro una cittadinanza onoraria, visto che la legge in proposito non permette di fare diversamente. Ma comunque un atto di rilevante importanza nell’ambito della convivenza e dell’integrazione tra popoli.
[dw-post-more level=”1″]Proporremo poi al consiglio un ordine del giorno sulle unioni civili che prevede l’istituzione di un registro comunale. E’ bene chiarire che per unione civile si intende una convivenza tra due persone, anche dello stesso sesso; che convivono anche per motivi non affettivi. L’impegno è quello che l’Amministrazione riconosca queste unioni affinché possano essere riconosciuti una serie di diritti, nel settore sociale, anche a queste persone. Un atto – continua – comunque di indirizzo molto generale che poi dovrà essere applicato dagli uffici competenti, ma che sicuramente agevolerà più di ora coppie di fatto e tutti coloro che per una serie di motivi hanno scelto la convivenza”.
Il primo punto all’ordine del giorno prevede invece la discussione delle controdeduzioni pervenute e la successiva approvazione di una variante al regolamento urbanistico adottata alcuni mesi fa, anticipando una previsione che sarà contenuta nel futuro regolamento urbanistico e cioè incrementando la possibilità di costruire sul fondovalle del comune di Barga attrezzature socio sanitarie di pubblico interesse ed attrezzature e servizi di rilevanza comunque pubblica. La variante fu presentata alcuni mesi orsono pensando alla realizzazione a Mologno del nuovo ospedale unico. Oggi quella possibilità pare ormai tramontata, ma il comune è deciso a portare ugualmente avanti il punto, nella speranza di un ripensamento del voto dei sindaci sulla sede del Piano Pieve.
“Si tratta comunque – spiega Giovannetti – di una anticipazione importante che porterebbe avanti il procedimento di formazione del regolamento urbanistico, la cui approvazione, ci dovrebbe avvenire nel mese di aprile”.
Tra gli altri punti all’ordine del giorno l’approvazione di un documento per la disapplicazione della famigerata Tares, la nuova tassa sui rifiuti. Il Comune si allineerebbe insomma alla mobilitazione dei sindaci toscani impegnati con UNCEM nella battaglia contro la nuova imposta giudicata iniqua.
In consiglio l’approvazione di un ordine del giorno che è stato lanciato dai sindaci del sud della Toscana, nel quale si valuta la possibilità di mettere in atto iniziative di protesta anche clamorose, ivi compresa la non applicazione della Tares così come definita e richiedere al Governo di cancellarla dal decreto “Salva Italia”.
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Con queste due decisioni sui diritti, Barga fa un vero passo in avanti in linea con la grande civiltà da sempre dimostrata dalla nostra comunità. La presenza, sempre più numerosa, di persone straniere e di diversa cultura deve essere considerata una risorsa con la quale confrontarsi e la concessione della cittadinanza onoraria ai bimbi nati in Italia, apre una finestra di dialogo che speriamo fruttuosa in tema d’integrazione civile e culturale. L’istituzione di un registro comunale che attesti e certifichi l’esistenza di unioni civili a qualunque titolo in essere, pur con i limiti imposti dalla vigente legislazione, possiamo ritenerla una surroga virtuosa alle carenze e mancanze decisionali del governo centrale; con l’approvazione di questo ultimo atto il Consiglio Comunale di Barga s’appresta a sancire quella laicità delle istituzioni, peraltro sancita da diversi articoli della nostra Costituzione.
siamo sicuri che concedere con naturalezza e senza criterio alcuno la cittadinanza onoraria significhi civiltà? a mio giudizio bisogna partire da due considerazioni fondamentali: cosa si intenda per civiltà e cosa sia davvero la cittadinanza. in questo mondo di incertezze e di relativismi parlare di civiltà diventa ogni giorno sempre più difficile e contraddittorio. ogni volta che si cerca di fare riflettere sull’aspetto di cosa sia davvero civiltà, certi soggetti che fanno del multiculturalismo la loro parola d’ordine pongono in rilievo come non si possa definire migliore nè tale una civiltà, se paragonata alle altre, a causa delle numerose sfumature che la contraddistingue e che impedisce un raffronto sereno che permette di qualificarla tale. esistono barbarie consolidate, ma non può esistere una civiltà degna di chiamarsi tale. con questo metro di giudizio diviene allora chiaro che concedere la cittadinanza o istituire un registro delle unioni civili non è un segno di civiltà tout court, ma un segno di un progredire dei tempi che al contrario, a mio giudizio, indica o un declino della civiltà come noi la conosciamo o un diverso modo di concepire la civiltà se raffrontata ad altri esempi sociali e culturali. per quanto riguarda invece il concetto di cittadinanza, ritengo immatura la concezione di un diritto di cittadinanza solo per lo Jus Soli. lo jus soli può esistere in una componenente sociale ancora da formarsi, come gli Stati Uniti d’America per esempio, ma trova i suoi limiti in un continente di lunga storia e formazione culturale come l’Europa e l’Italia in particolare. il sistema europeo ha risolto di norma questa carenza prevedendo un sistema misto “jus sanguinis” con un sistema “jus soli” molto stringente. la cittadinanza è un concetto che non va preso alla leggera perchè implica non solo un diritto fondamentale e imprescindibile come il voto, ma anche un’accettazione di un modo di vivere e di concepire la vita e la società che è imprescindibilmente etnico e sociale nello stesso istante. diritto presuppone anche dovere e il diritto per eccellenza, la cittadinanza, comporta anche il dovere e la consapevolezza da parte di questi futuri cittadini di sposare in pieno un valore, o meglio un insieme di valori che sono fondanti per il nostro paese e la nostra società. siamo quindi sicuri che concedere la cittadinanza, seppur onoraria, con tanta facilità comporti anche la crescita di nuovi cittadini consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri in un paese come l’Italia, oppure comporterà ancora di più una recrudescenza dei rapporti tra “nuovi” italiani, provenienti in maggior parte da culture confessionali o comunque poco laicizzate, e “vecchi” italiani?
concludendo, ritengo che vadano ben riflettute le parole di Montesquieu:
“È vero che talvolta occorre cambiare qualche legge. Ma il caso è raro; e quando avviene, bisogna ritoccarle con mano tremante: con tanta solennità e con tante precauzioni che il popolo debba concluderne che le leggi sono veramente sante; e soprattutto con tanta chiarezza che nessuno possa dire di non averle capite.”
Se forse prima avevo un concetto meno netto e stringente di “civiltà”, dopo questo suo così raffinato intervento, sig. Mrakic, mi è sicuramente più chiaro quello di “inciviltà”. La ringrazio.
e io grazie al Suo intervento ho finalmente capito capito il concetto di “fuori luogo” sig. Salvoni.
Premesso che la cittadinanza onoraria ai bimbi nati in Italia da stranieri ha un valore simbolico, meravigliano certe puntigliose precisazioni e distinguo da parte di chi affonda le proprie radici religiose/culturali nel cristianesimo. Io da ateo vi dico, provate a calarvi nello stato d’animo di questi giovani nati in Italia, che parlano la nostra lingua, che frequentano le nostre scuole e che di fatto non hanno nessuna nazionalitá? Inoltre io credo che questo atto simbolico possa facilitare un inizio di integrazione quanto mai necessaria vista la grande presenza di stranieri presenti nel nostro paese. Stesso ragionamento per il registro delle unioni civili, che cosa significa declino della civiltà? Uno stato laico deve essere in grado di dare garanzie a tutti i cittadini indipendentemente dalla religione professata, dalle idee politiche ed anche alle preferenze affettive fra persone consenzienti, sta nella realtà delle cose e non possiamo far finta che non esistano confidando nella “purezza” della nostra tradizione. Cerchiamo di vedere e capire i problemi presenti nel nostro tessuto sociale e diamo loro una soluzione civile e lungimirante senza nascondere la testa e senza appigliarci a stereotipi culturali che francamente non ci consentono di affrontare e gestire situazioni che abbisognano di una visione più moderna del mondo.
Stupisce che proprio coloro che frequentano le chiese e i sacerdoti siano proprio quelli più retrivi ad accettare le evidenze. Eppure il Cristianesimo dovrebbe avere insegnato loro che “gli ultimi sono i primi”, che non esistono differenze tra un essere umano e l’altro, che bisogna quardare il prossimo con amore e senza pregiudizi.
Evidentemente vanno in chiesa, frequentano i sacerdoti.
Gli oratori, vanno a messa e fanno anche la comunione, ma restano solo dei “poveracci” (nel senso migliore della parola) che si attacano sulgli specchi.
Giuseppe Luti
mi piacerebbe sapere, sig. Luti, se io ho mai citato aspetti religiosi in questi miei commenti. ho parlato di filosofia, di storia, di diritto, ma non ho mai citato la religione e lungi da me commistiare in questo frangente la confessionalità con la politica. se si cerca di ridurre il tutto ad una lotta tra laici e cattolici, si sbaglia sia la partenza quanto l’arrivo. il problema è di natura diversa, di matrice sociale e culturale e forse bisognerebbe avere maggiore lungimiranza e meno banalità nel cercare di affrontarlo piuttosto che cercare di trasformarlo nel solito attacco di natura giacobina contro la Chiesa che anzichè valutare positivamente la laicità la trasforma in laicismo ad ogni costo.
evidentemente sig. Cardone ha letto con poca attenzione il mio pensiero e ne ha estrapolato pochi passi che, presi da soli, dicono poco al mio pensiero che, in verità, è assai più complesso. la Costituzione repubblicana che Lei ha citato nel suo primo intervento parlando, con molta competenza, di Laicità dello stato (articoli 7 e 8 precisamente) tratta, in maniera molto chiara, dei punti che Lei garbatamente mi contesta. spesso bisognerebbe andare oltre i 12 aritcoli fondamentali ed eviscerarne l’essenza. così potrebbe vedere che l’articolo 29 della nostra costituzione parla di famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (e attenzione, per matrimonio bisogna rifarsi alla definizione del Codice Civile del 1942). dunque come ben vede la nostra Costituzione dice molto e anche troppo su come il legislatore dovrebbe comportarsi in merito. come sempre ci si trova di fronte ad una scelta sociale e di civiltà (parola ormai abusata in questo post), dove, in nome di un distorto ideale di uguaglianza, si pensa di concedere diritti senza alcun dovere. avere dei diritti comporta necessariamente dei doveri a monte e se una coppia decide di convivere rifiutando coscientemente a priori il matrimonio non può pretendere di ottenerne gli stessi vantaggi abusando di un istituto che parifichi i loro diritti a quelli di una coppia che ha scientemente deciso di unirsi in matrimonio (civile o concordatario).
per ciò che riguarda la cittadinanza, anche onoraria, mi pongo la seguente domanda: a chi realmente spetta tendere la mano nei rapporti interculturali che ormai, complice la globalizzazione, stanno prendendo campo? un conto è incentivare l’integrazione, un altro è operare in maniera unilaterale. la concessione della cittadinanza è un modo di dagire unilaterale. l’integrazione per essere valida va prima voluta da chi è ospite, non va concessa, ma va meritata, altrimenti diventa un distorto rapporto dove, in nome del culturalmente corretto, si concede un qualcosa per noi prezioso di cui gli altri non sanno che farsene. la cittadinanza è il più grande e grave diritto che un paese può concedere e per questo non può essere concesso se prima non vi è una domanda in tal senso da chi vi può accedere. sarebbe inutile e squalificante, svilente per il paese stesso concedere il suo più grande diritto a chi non lo desiderasse esplicitamente. al contrario sarebbe la più grande conquista per una società potere annoverare tra i suoi cittadini altri cittadini, che, consapevoli della loro scelta e della loro possibilità di vivere in un nuovo paese, domandassero di diventarne parte attiva, sposandone le aspirazioni sociali e culturali.
qui sta la differenza tra “concedere”, con un certo paternalismo, un po’ come dare l’elemosina, e costruire, forgiando e formando nuovi cittadini (che, ricordiamo, non sono apolidi, ma sono cittadini del paese di origine dei genitori per il sopracitato jus sanguinis).
e anche in questo caso la Costituzione ci viene incontro con due norme fondamentali: l’articolo 10 (che ci ricorda che la condizione dello straniero viene regolata dalle leggi internazionali) e l’articolo 11 secondo comma (che ci ricorda che il rapporto legislativo deve essere fatto a condizione di parità con gli altri stati). ed ecco quindi la parola magica: parità da intendersi come reciprocità, non unilateralità. reciprocità nel concedere, reciprocità nel crescere, reciprocità nel formare nuovi cittadini a condizione che anche nel paese d’origine venga concesso lo stesso diritto a un cittadino italiano.
la invito, nel mio piccolo, quindi, a riflettere su questi aspetti e forse si renderà conto che se, forse, come nel commento precedente aveva fatto notare, esiste ancora oggi un vuoto legislativo, esso non è dovuto ad incuria del legislatore, quanto a presa di coscienza di un vincolo costituzionale difficilmente evitabile.
Premetto che trovo sempre utile ed interessante il confronto su temi così delicati come quelli afferenti i diritti delle persone. Non ritengo affatto un’elemosina concedere la cittadinanza onoraria a persone che sono nate e che vivono in Italia, ma lo considero un gesto di accoglienza, la mano tesa a chi “di fatto” è senza patria. Per quanto concerne il riconoscimento delle unioni civili io ritengo che sia un atto dovuto con particolare riguardo alle coppie gay e lesbiche che, al momento, non possono “ottemperare” a quando previsto dall’art. 29 della nostra Costituzione; ciò premesso anche il registro delle Unioni Civile ha una valenza soprattutto simbolica e di stimolo ai nostri legislatori perché sanino questo vulnus non piú presente nella maggior parte dei paesi europei.
“concedere” non è rendere parte attiva, ma è unilateralità. e in questo è in tutto e per tutto una sorta di paternalismo che non trova riscontro pratico. i nuovi nati non sono senza patria in quanto la patria di riferimento è quella delle loro origini. solo al compimento del 18mo anno di età potranno decidere, se vorranno e con coscienza di veri cittadini, di domandare la cittadinanza. quanto al registro delle unioni civili convengo che l’articolo 29 della costituzione potrebbe costituire un vulnus nel confronto delle coppie omosessuali, in quanto non esplicitamente previste nè dalla Costituzione, nè dalla formulazione odierna che il Codice Civile dà della famiglia in senso naturale. ma, proprio in virtù di questo vulnus a monte, ritengo inopportuno che sia proprio un ente locale con potestà derivata a doversi attivare, preferendo che sia il legislatore nazionale, unico titolare della potestà originaria a dovere prendere dei provvedimenti in tal senso. se quindi un punto di partenza e di riforma deve esistere in tal senso, personalmente troverei più opportuno che venisse dal governo nazionale anzichè da un ente locale come un comune.
CITTADINANZA ONORARIA: Ciò che dice Giacomo è sensato, però bisogna dire che il riconoscimento della Cittadinanza Onoraria a chi è nato in Italia è solo un dovuto, simbolico e bell’atto di accoglienza. Altra cosa è la Cittadinanza Italiana, la cui discussione è ferma al Parlamento, se poi i diretti interessati l’accetteranno, nel senso che la maggiore attenzione del Parlamento dovrà essere diretta a non far percepire un diritto in una forzata italianizzazione.
Quanto detto dal presidente Napolitano è certamente condivisibile, ma da lì in avanti occorrerà un impegno parlamentare non indifferente in tutti i sensi.
Ripeto: se poi ci sono di queste manifestazioni che vedono già impegnati vari comuni italiani, penso sia un buon segno diretto a vincolare maggiormente chi dovrà legiferare in materia, un percorso complesso che dovrebbe prevedere una grande attenzione a scansare ogni scorciatoia.
Le discussioni interessanti su questi argomenti meritano certamente qualche riflessione e per una volta cercherò di essere più serio del solito.
Cittadinanza.
Onoraria ha poco senso, è quasi come dare un benvenuto con il tappetino fuori dalla porta ma poi lasciare chi viene a casa nostra sul cancello, chiuso, per farci quattro chiacchiere.
Personalmente sono per una cittadinanza universale, quella italiana mi sta strettina, ma esistono leggi e tali vanno rispettate, quindi o cittadinanza piena o niente. Ma è l’argomento che meno mi interessa, perché non ho mai chiesto come prima cosa a chi incontro da dove viene e non valuto le persone in base alle loro origini o usanze.
Mi preoccupa, e molto, invece, l’aspetto Unioni civili.
In primo luogo per come subito si è impostata la discussione.
Basta che intervenga una persona che, pubblicamente, è conosciuta per una fede religiosa (anche se nel suo intervente non ha fatto accenni in tal senso) per far subito partire un attacco duro e senza quartiere verso quella religione e tutti i suoi fedeli. Dovrei sentirmi personalmente offeso dalle parole di Luti, molto offeso. E invece mi rendo conto che il poveraccio della situazione è proprio lui, che riesce a vedere solo le sue idee, e forse neppure troppo chiaramente….
Veniamo però al punto di discussione. I diritti delle coppie di fatto. Diritti. E i doveri?
Nella nostra società ci scordiamo sempre i doveri, quasi come se fossero un peso (una religione?) da scrollarci di dosso il prima possibile.
Ma andiamo con ordine. I diritti.
Quasi tutti i diritti che ha un soggetto nei confronti del coniuge sono replicabili, da chi coniugato non è, nei confronti di chiunque altro con gli ordinari strumenti che la legge mette già a disposizione. Addirittura in taluni casi in senso migliorativo rispetto a quanto previsto dalla legge all’interno della famiglia legalmente costituita.
Qualche esempio (nei quali, premetto, quando parlo di coniugi lo faccio sempre e solo ai sensi della Legge Italiana e non delle mie idee, che andrebbero ben oltre non accettando, per esempio, la L. 898/70 e successive modifiche….)
Assistenza negli ospedali (uno dei cavalli di battaglia per le unioni civili): basta un atto scritto, meglio in forma pubblica.
Eredità: è più facile per chi coniugato non è disporre dei propri beni verso chi vuole che non per chi coniugato è, visti i vincoli posti dalle quote di legittima.
Assegni per il nucleo familiare: sono più vantaggiosi per le coppie di fatto che non per le coppie coniugate. Molto. Anche se chiedono un po’ di documentazione in più. Idem per le detrazioni fiscali che, se ben gestite, possono cambiare radicalmente.
Isee: viene da se…. sicuramente è un vantaggio non essere coniugati.
Paradossalmente, se io scegliessi la via facile della coppia di fatto, non pagherei il ticket per le prestazioni sanitarie ai miei figli e alla mia (compagna) moglie, lei avrebbe diritto a un 50/70€ al mese di assegno familiare, l’iscrizione a scuola e domani all’università avrebbe ben altri minori costi, i buoni pasto (Lucca….) dove commisurati a Isee sarebbero scontati e via dicendo. E infatti è sotto la lente dell’agenzia delle entrate il fenomeno dei falsi divorzi; paradossalmente la gente spende per fare un falso in atto pubblico, divorziando sulla carta solo per avere i benefici economici su citati.
Ora, o si pensa di non dare benefici di questo genere con il registro (ma allora a che serve) oppure si intende scientemente mettere in campo una politica CONTRO la famiglia così come prevista dalla legge. E questo, francamente, non lo accetto.
Ma il registro comporterà anche la nascita di doveri, oltre che di diritti?
Beh, allora doppiamente inutile, esistono già gli strumenti legislativi per formare una coppia legalmente riconosciuta.
Gay e lesbiche mi si dice….non possono. A, già!
Un ripassino di diritto lo vogliamo fare?
Esiste il diritto naturale ed il diritto positivo. E’ la prima lezione in materia che veniva fatta ai miei vecchi tempi quando si iniziava lo studio del diritto.
Il diritto naturale è quella legge, non scritta, insita in ciascuno di noi che stabilisce, per la nostra stessa natura, limiti e legami, diritti e doveri, comportamenti leciti e comportamenti sbagliati. Sia civilmente che moralmente. Un codice etico, immodificabile, scritto nello stesso dna del genere umano. Così ci insegnavano.
Il diritto positivo si innesta sopra quello naturale, trae linfa e alimento dallo stesso, e disciplina le singole fattispecie giuridiche via via che si evolvono i fatti.
Ora, da che mondo è mondo, la famiglia è sempre stata intesa, in tutte le culture ed in tutte le sue accezioni, come formata da un uomo, una donna e se vi sono dei figli. E’ diritto naturale. Non può quindi il diritto positivo modificarlo ma solo disciplinarlo.
E già qui basterebbe a chiudere la discussione. Che non è di chiusura, come qualcuno sicuramente mi taccerà, verso altre forme di convivenza. E’ solo una presa d’atto che, se si parla di diritti, questi devono essere riconosciuti alle famiglie e non ad altre forme di convivenza.
Potrei andare avanti ma mi fermo.
Aggiungo solo, e qui entro nel religioso, che quasi tutte le religioni, a mia conoscenza, riconoscono solo l’unione di uomo e donna…..: sono tutte sbagliate? (Salvoni mi dirà di sicuro che i Sacri Testi non vanno presi alla lettera, ma allora….non li legga neppure che fa meglio)
Solo un’ultima osservazione.
Cardone, che stimo e con il quale il confronto ritengo che, a differenza di altri, sia sempre positivo, ripete più volte il valore onorario e/o simbolico dei due provvedimenti……
Ma allora che senso hanno? O producono effetti (e non potranno ed è ben stato chiarito perché) o sono solo uno specchio per le allodole, un modo per far vedere che noi siamo avanti….. avanti a cosa, scusate?
Civiltà antiche sono estinte, per essere andate avanti!
Così uomo, così bianco, così eterosessuale, così pio, così letteralista, così equilibrato… ma non si annoia mai?
No.
Anzi, Le devo dire che mi diverto, in queste situazioni.
E più mi si provoca e più mi diverto.
Comunque non sono equilibrato. Per il resto lascio decidere a chi mi conosce.
De gustibus
Aggiungo anche che nella vita, perchè forse prima non l’ho chiarito bene, non m’annoio.
Forse perchè avere una famiglia è un modo per non annoiarsi. Mai.
come sempre Salvoni dimostra la sua completa incapacità di apportare qualcosa di utile e concreto a questo confronto, confermando come sempre la pochezza delle sue idee. a differenza di Cardone e Bygeorge, con i cui pensieri io e Valter ci siamo confrontati positivamente nonostante la diversità di vedute, lei continua ad intervenire a sproposito, dimostrando di non avere niente di più da apportare alle sue idee se non un distorto senso dell’ironia di dubbio gusto.
Caro Giacomo, Tu che sei um barzellettiere specializzato saprai certamente quella del sorpasso e delle corna…., del sorpasso e del cappello….
Mi levo tanto di cappello di fronte l’intervento di Valter, dal quale emerge una capacità di analisi non indifferente.
Apprezzo molto anche la sua Fede, per me certamente invidiabile, come pure l’affermazione relativa alla sua posizione “non di chiusura” verso la problematica in questione. Ciò è encomiabile, senza dubbio.
Il suo pensiero è totalmente razionale. E questo, a mio parere, se è un pregio in campo matematico lo è un pò meno in campo umanistico.
Vorrei che riflettesse meglio su queste sue parole: “… se si parla di diritti, questi devono essere riconosciuti alle famiglie e non ad altre forme di convivenza.”
Io mi domando perchè!
La risposta si chiama: Diritto Naturale?
I Diritti non devono essere riconosciuti a tutti gli uomini? Indistintamente?
Grazie.
Ci sono diritti (e doveri) conseguenti ad uno status.
Non si tolgono diritti agli uomini asserendo che particolari diritti spettano a determinate forme di organizzazione sociale ed altri no.
Mi faccia ben capire signor Cardone a chi si riferisce come figli di stranieri senza nazionalita. Non mi risulta che coppie di americani, inglesi, tedesche ecc che abbiano voluto far nascere i propri figli in Italia siano senza nazionalita’; esistono consolati e ambasciate per registrare le nascite. Se si parla di figli di immigrati clamdestini o profughi di guerra allora il discorso e’ diverso, potrei essere daccordo a concedere una cittadinanza onoraria ma ci deve essere un rispetto di leggi, regole,tradizioni e integrazione da parte dei genitori nel paese che li ospita. Spesso accade che molte realta’ straniere non vogliono integrarsi e non hanno nessun rispetto per le leggi