[…] Il Beato Michele, al secolo ritenuto Lodovico dei Turignoli da Barga, nacque nell’omonimo Castello l’anno 1399. Questo dato della nascita, in totale assenza di documenti, fu dedotto dagli agiografi dell’Ordine dei Minori Osservanti la Regola di S. Francesco comparando due dati della vita del Beato.
Il primo raffronto è con l’anno in cui prese l’abito del poverello d’Assisi, che avvenne con la fondazione per opera del Beato Ercolano da Piegaro del convento dedicato a S. Maria delle Grazie, o meglio, di quell’umile Ritiro di frati, edificato sul promontorio di Mologno, l’ultima propaggine del Piangrande di Barga detta anche Nebbiana. Infatti, si dice che in quella circostanza, frate Ercolano vestì del saio quattro persone, tra cui il trentacinquenne Lodovico Turignoli, che assunse il nome di frate Michele e l’anno era il 1434. Gli altri tre della piccola comunità cenobitica furono fra Gaspare, fra Francesco e fra Matteo.
Il secondo raffronto che ci conduce alla nascita del Beato Michele ci viene dalla conoscenza dell’età alla sua morte, che avvenne nel 1479, cioè a ottanta anni.
La data e l’età della morte sono riportate anche nel codice 140 della biblioteca Landau-Finaly di Firenze, un manoscritto stilato da un anonimo scrittore vissuto a cavallo tra il sec. XV e XVI, la più antica e importante fonte storica per conoscere le virtù di fra Michele. Questo manoscritto, in forma diretta o indiretta, fu usato da tutti i successivi agiografi dell’ordine che scrissero del Beato Michele da Barga, in qualche caso mescolando la sua vita con quella di fra Lodovico da Barga, una figura alquanto enigmatica, che pare morisse in Terra Santa.
Il tenore usato dall’Anonimo ci conduce a pensare che il suo scritto fosse stato concepito poco dopo la sua morte, qualche anno, ed elaborato tenendo come base un precedente manoscritto, sempre anonimo, allegato agli atti ufficiali della possibile e richiesta beatificazione. Un primo documento poi andato perso o giacente in qualche fondo sconosciuto, certamente proveniente dai frati del convento S. Francesco di Barga, che ben sapevano della vita di fra Michele.
Il pensiero che ci conduce all’esistenza di un possibile primo documento, come detto, a oggi sconosciuto, lo suggerisce la specificità del racconto, precisamente dove l’Anonimo del codice 140 si sofferma a rilevare alcuni fatti accaduti a fra Michele riguardo alla sua verginità, accuse rivoltegli da particolari persone del suo tempo, poi sistemate con l’intervento della giustizia. Infamie prontamente raddrizzate nel vero dei fatti che solo chi visse a contatto con lui avrebbe potuto raccontare nei particolari, mentre l’Anonimo dimostra nel suo scritto di non aver conosciuto direttamente fra Michele perché senz’altro l’avrebbe fatto notare, anche perché nel testo dichiara che andò personalmente a raccogliere delle testimonianze da alcune persone che conobbero e sperimentarono le virtù miracolose e profetiche dello stesso frate.
Dal codice in oggetto, il 140 della Biblioteca Landau-Finaly, possiamo trarre diverse notizie che iniziamo a far conoscere per entrare a capire lo spessore del religioso, che così inizia:
Non di manco perfectione et scientia fu frate Michele da Barga, che el suo padre et maestro fue frate Hercolano, come è manifesto alli devoti lectori.
Imperocché veramente è stato lume di grandi virtù et stato simile anchora al candelabro aureo pella sua grandissima carità.
E’ stato come lume relucente per exemplo della sua austerità di vita inverso di se medesimo, benché alli altri fussi compassionevole.
A’ dato grande lume di spregiare ogni cosa pell’amore grande che ha portato alla santa povertà: perché solo era contento dello semplice uso delle cose necessarie.
E’ stato anchora lume chiaro, none punto obscuro per la sua virginità, poiché fu vergine insino alla morte, ma quanto lume habbi dato alli pigri e negligenti per la sua oratione, et alli mondani per la fervente predicatione, lo narrano quelli che non solo hanno conosciuto questo homo, ma anchora quelli che sono conversati di famiglia con quello et hanno lo avuto per subdito et sono stati suoi confessori.
Ma quanto lo habbi facto simile a loro la sua fervente carità, nella quale frate Michele maximamente era fundato, le infrascripte cose più chiaramente lo dimostreranno.
Sapeva frate Michele che nessuna virtù piace tanto Addio quanto la carità, sanza la quale tutte l’altre vanno per terra, però acceso del zelo di quella, el dì et nocte, tutto el tempo della vita sua insino alla morte, pose el suo studio a fare proficto in quella.
Continua l’anonimo autore di questo codice dicendo che fra Michele aveva una particolare predilezione per la salute delle anime, tantoché nel suo peregrinare per le contrade, se vedeva un pastore o un contadino intento al suo lavoro, si soffermava con lui e tanto sapeva intrattenerlo che lo stesso non poteva negargli la confessione dei peccati.
Anchora quando veniva qualche festa solepne andava frate Michele a trovare il Guardiano dicendo come et tale o tale castello, villa o populo, oggi non debba havere il prete che celebri la messa, perché nel tale loco si celebra la festa dove, forse, el prete sarà andato. Et proferendosi al Guardiano si diceva: io andrò se volete a celebrare la messa, acciocché questo populo non stia senza udire la messa. Et havuto la licentia andava et faceva sonare a messa, et perché i populi sapevano la usa consuetudine di frate Michele, udendo sonare et sapendo che el prete loro era ito alla festa, andavano alla chiesa et portavano seco di molte buone cose da mangiare: et dopo che havevano udito la messa et anchora la predica, davano ogni cosa a frate Michele, in tal modo che qualche volta tornò al loco con dua o tre asini charichi di roba.
Qui bisogna fare un inciso, per rilevare una cosa importante che ci viene incontro da quest’ultima lettura dell’Anonimo, la specificità di frate che dice Messa. Un dato importante che ci prefigura un religioso di trentacinque anni che all’ingresso nel primo Ritiro di Mologno o Nebbiana, voluto da frate Ercolano nel 1434, fosse già prete e in possesso di una buona cultura teologica, anche perché con la morte dello stesso Ercolano, avvenuta nel 1451, sarà proprio fra Michele da Barga a prendere su di sé la sua eredità, assurgendo a guida spirituale per le famiglie francescane della Valle del Serchio.
Inoltre occorre cercare di capire quale fosse il campo d’azione di fra Michele e degli altri del suo Ritiro di Mologno o Nebbiana. Per fare questo bisogna dire che il Beato Ercolano iniziò a costruire dei conventi tra Lucca e la Valle del Serchio con il permesso di Eugenio IV: S. Cerbone, Borgo a Mozzano, Barga e Pieve Fosciana. Luoghi scelti non a caso ma rispondenti a dei precisi requisiti, la loro centralità rispetto a un territorio, un campo d’azione rispondente a due precisi requisiti interagenti tra loro: buon numero di soggetti umani da evangelizzare che consentisse la sopravvivenza ai frati che avrebbero dovuto vivere di questua. Per la Valle del Serchio vediamo il convento di Borgo a Mozzano collocato in mezzo a castelli e borghi, così Pieve Fosciana, parimenti il convento di Barga, situato a due miglia dall’omonimo Castello, come altrettanto distante era quello di Gallicano e tutte le altre realtà abitative che ancora oggi possiamo ravvisarvi. Buona posizione che coniugava le due necessità cui si è fatto cenno poc’anzi: l’evangelizzazione e l’indispensabile sopravvivenza, tenendo conto ancora che i frati, spostandosi a piedi, avrebbero dovuto trovare la maggior parte del popolo nelle vicinanze del convento da cui ogni giorno muovevano.
Continua l’Anonimo:
Andava ancora frate Michele spesso di qua e di là circuendo per le ville et castella, predicando et ammaestrando e popoli nella via di Dio: et era tanto el fructo che faceva che era uno stupore a udire. Imperocché faceva deporre la vanità alle femine vane, rimoveva li homini dalli giochi, facevali essere obbedienti a precpti ecclesiastici et ducevali allo spirito et a pigliare l’habito della santa religione. Unde molti per le sue predicazioni, abbandonando el mondo, pigliavano l’abito della religione, de quali molti vissero laudabile et sancta mente insino alla morte.
Così anchora molte fanciulle, disprezzando el congiungersi a matrimonio pigliavano l’abito del Tertio Ordine: per la qual cosa fu necessario edificare dua monasteri in decta Carfagnana, uno a Barga e l’altro a Castel Novo.
Ma quelli che non potevano vivere in congregatione per esser ligati al matrimonio, nelle case loro ferono laudabili et degni fructi di penitentia sotto l’abito della tertia regola di Sancto Francesco, li quali furono vestiti di decto abito da frate Michele.
L’opera evangelizzante di fra Michele, questa importante figura di francescano osservante, fu veramente importante e scaturì dalla sua letizia d’animo per l’amore che nutriva per la santa povertà e l’estremo sacrificio corporale. La migliore via per entrare in contatto spirituale e materiale con le persone del suo tempo, affinché potessero conoscere la luce della fede.
(continua)