Nel precedente articolo, ricorrendo a due fonti molto importanti per la conoscenza della guerra a Barga, si è parlato del rastrellamento che eseguirono i tedeschi l’11 settembre 1944, razziando centinaia di uomini barghigiani. Una tragica evenienza che immediatamente fece capire a tutti di quale pasta fossero fatti gli invasori, o gli alleati nell’Asse.
Prima di andare avanti è bene chiarire una cosa importante, consistente nel rilevare che ciò che stiamo scrivendo degli eventi che costituiscono il martirio di Barga, nell’accezione di Comune, dal settembre 1944 sino al 1945 non ha nei suoi intendimenti l’idea di rivederli dal punto di vista critico o di interpretarli. Stiamo solo rievocandoli, per ogni punto trattato ricorrendo a lavori già pubblicati e affidabili culturalmente, che più di altri ci possono aiutare nel cammino, aggiungendo: ma cosa potremmo dire di più noi, nati nel dopoguerra, di quei giorni, se non cose legate a interpretazioni degli atti del tempo, sia pure molto interessanti sotto il profilo storico? Chiaro allora che per un simile viaggio occorra il soccorso di quei testi pubblicati da persone che vissero gli avvenimenti.
Detto ciò e in quest’ottica, quanto stiamo producendo è per offrire ai lettori un’occasione di riflessione e risveglio di una memoria, reale o storica, che è bene non perdere mai, specialmente in momenti come questi che stiamo vivendo, in cui ci accorgiamo quanta sia la trascuratezza che grava sulle più tristi glorie barghigiane. Tanto da vederle tralasciate dalla stessa Repubblica Italiana, che nata sull’immane sacrificio del suo popolo, nei luoghi come il nostro visse giorni drammatici prima della sua alba.
Un “affronto” che la nostra coscienza non può lasciare passare sotto silenzio e che quindi rispolveriamo nei momenti salienti, nel caso: ricordare, l’atto e il modo con cui la mente ritiene o rievoca non in generale, ma per singole e determinate immagini, appunto, le più tristemente gloriose pagine di una storia volutamente sminuita.
Giunti che saremo alla fine della guerra, classicamente per noi alla data 18 aprile 1945, vedremo ancora altro, come i feriti, i danni e come si cercò la ripresa di un Comune, moralmente e materialmente ridotto a un cumulo di macerie.
Riprendendo il racconto, vediamo che dopo il rastrellamento dell’11 settembre 1944 per opera dei tedeschi (vedi articolo precedente), il 19 dello stesso mese arriva a Barga la Brigata Nera di Idreno Utimperghe, che con Lucca in mano agli alleati, avendo preso sotto di sé il controllo degli uffici provinciali, prima aveva spostato la sede della Provincia a Bagni di Lucca, poi a Castelnuovo; abbandonando quest’ultima piazza, poco sicura, per stabilirla a Barga. Quest’avvenimento così è ricordato da mons. Lino Lombardi nel suo libro Barga sulla Linea Gotica:
“Barga portava il vanto di essere elevata a capoluogo della Provincia o meglio di quel che restava. Gli alloggi erano prevalentemente disposti in Barga Castello, perché in Barga nuova ci stavano, e da gran signori, i tedeschi.”
Continua mons. Lombardi raccontando un fatto avvenuto a Castelnuovo, dove dei militi della Brigata Nera furono assaliti e uccisi dai Partigiani al Convento dei Cappuccini la sera del 22 settembre. La stessa notte a Barga scattò l’allarme alla Brigata Nera ivi stanziata per il soccorso e per vedere di punire i colpevoli, cosa che avvenne con una rappresaglia e incendi, il cui fumo si vedeva ancora da Barga il giorno ventitré.
Di là da quanto detto, interessa per il nostro discorso quanto segue di quel racconto del Lombardi, perché ci introduce alla presente rievocazione, ossia la citazione che i tedeschi stavano minando i ponti del giardino, preludio alla loro ritirata da Barga, ma di poche centinaia di metri, perché si attestarono, con forze in loco dell’Asse, sul colle che dal Serchio, Castelvecchio, Lama, va al crinale appennino:
Dal libro Barga sulla Linea Gotica di Mons. Lino Lombardi: la cronaca della distruzione dei ponti di Barga.
“Lunedì 25 settembre, alle 15, quando i tedeschi minavano i ponti del Giardino, la Brigata Nera partiva attestandosi a Castiglione Garfagnana… Il rombo del cannone era nella fase di avvicinamento, ma la Brigata era già a distanza.”
Così continua mons. Lombardi:
“Situazione aggravata:
Nel pomeriggio della stessa domenica 24 ero appena partito da Pedona che cannonate alleate caddero in Filecchio e verso Pian di Coreglia.
Nel tardo pomeriggio facendo una ‘ricognizione’ al Giardino apprendo che i tedeschi stanno sgombrando l’Ospedale; e che, notizia più significativa e dolorosa, sono arrivati i ‘guastatori’ per far saltare i ponti e che nei pressi sono stati scaricati i materiali per l’escavo dei fornelli per le mine.
La notizia è appresa con profondo dolore. Quasi tutti hanno l’aria di dire: ma come, i tedeschi ci fanno questo? A noi che siamo stati così ospitali e non abbiam recato alcun disturbo? Ma è inutile Coltivare simili pensieri e lamentele: o tedeschi o chiunque altro non ci sono riguardi che tengano. E’ la guerra ed ora Barga ne sente il primo morso serio!
Col cuore stretto mi sono avvicinato a contemplare il sinistro materiale. Ci siamo, dissi ad un graduato della Brigata Nera lì fermo. Eh sì, sospirò, da ieri la situazione si è aggravata; e si allontanò pensoso.
“Si minano i ponti del Giardino:
Nella notte fra il 24 e il 25 intenso è stato il rombo delle cannonate ‘in fase di avvicinamento’. La mattina del 25, lunedì, alle 7, 15 una pattuglia tedesca s’installa sul campanile e ne fa un osservatorio per seguire i movimenti degli alleati che si riteneva avessero occupato i Bagni di Lucca.
Alle 8 i guastatori iniziano i trivellamenti per scavare i fornelli delle mine. Spesso piccole esplosioni indicano lo scavo di piccoli fornelli per preparare quello maggiore.
I barghigiani hanno l’aspetto di chi abbia una persona cara morente. Lo struscio monotono delle trivelle sembra un lamento di una creatura viva: ogni tanto posa per dar luogo al sussulto delle piccole esplosioni. L’agonia dei ponti tutti la soffrono minuto per minuto.
Cala la notte in una tristezza infinita; il lamento e sussulti dei ponti che si stanno squarciando sono ancor più sinistri e paurosi.
Il lavoro dura fino alle 23.
Frattanto, alle 15, come si è detto, è partita la Brigata Nera; alle 17 dal campanile viene tolto l’osservatorio.
La distruzione dei ponti:
La mattina del 26, martedì, i guastatori riprendono il loro detestabile lavoro.
Alle 10, 30 il Comandante tedesco mi manda un incaricato pregandomi di far suonare la campana, quando ne darà l’ordine, per avvertire dello scoppio delle mine la popolazione. Fra il suono e lo scoppio potrà decorrere un intervallo dai 30 ai 40 minuti.
La notizia si sparge in breve e tutti prendono quei provvedimenti che si ritengono adatti per la propria incolumità e per ridurre, quanto è possibile, i danni alle cose e alla robe.
L’ordine del suono viene dato alle ore 13. La voce della campana è funerea, quasi paurosa. Le case vicine ai ponti sono state sgomberate ed i guastatori non mancano di visitare, a loro modo, alcuni negozi. Alcune persone fra cui D. Andreotti assistono dal campanile agli ultimi preparativi dei tedeschi.
Alle 13,55 un formidabile boato, un sussultare del terreno e una grandine di sassi e materiale annunziano a tutti che i ponti furono e che ormai Barga ha la sua prima gravissima ferita di guerra. Barga è divisa in due monconi. Grosse pietre sono volate al di sopra del campanile, un grosso masso viene a cadere presso la porta laterale del Duomo, altre pietre cadono oltre i Cappuccini, verso il Sasso ed anche presso Bugliano.
L’aspetto di Barga è desolante. Tutta la città è coperta di detriti; ma da piazza Angelio fino al Giardino lo è in modo impressionante.
Le strade sono coperte di pietre, di tegole e ingombre di legname sfasciato, di fili elettrici spezzati etc. Vicino agli ex ponti saracinesche contorte, case e botteghe devastate. Anche la chiesa di S. Rocco ha subito gravi danni.
Uno dei posti più pittoreschi di Barga coll’irregolarità di posizione dei due ponti così diversi e così caratteristici, la valletta del rio dal nome poetico di Fontanamaggio, così verde e fiorita da sembrare un parco inserito fra Barga Castello e Barga Nuova non era che un informe ammasso di rottami. I residui dei piloni si erigevano in mezzo alla rovina come tagliati a zeppa e smussati da un abile intagliatore.
Non c’è che dire; la tecnica tedesca è insuperabile e c’è da ritenere che i guastatori tedeschi, invece di una bottiglia come di solito, ne abbiano bevute due tanto il lavoro era riuscito bene!
Molta folla si era riunita sul luogo della distruzione ed è inutile riportare commenti e compianti.
Alle 15 un’altra esplosione ha annunziato la distruzione del ponte di Catagnana, con un altro grosso guaio per noi: l’interruzione dell’acquedotto.
Il collegamento tra le due Barga fu assicurato solo dal vecchio ponte di Macchiaia, che i tedeschi decisero di risparmiare perché non accessibile ai mezzi pesanti. Infatti, si poteva raggiungerlo solo passando all’interno del Castello, per le sue vie strette e tortuose che non consentivano, appunto, un simile traffico.
I giorni seguenti a questo 26 settembre i tedeschi faranno saltare altri ponti del Comune di Barga.
Dal diario personale del rettore di Castelvecchio Pascoli, canonico don Leonello Chiappa, pubblicato nel libro La Guerra a Barga di Bruno Sereni nel 1968, possiamo leggere che il giorno 28 fu fatto saltare il ponte di ferro della ferrovia che è sulla Corsonna. Mentre il 1 ottobre si preparano gli alloggiamenti per le mine al ponte stradale sulla Corsonna tra Campia e S. Piero in Campo e a quello della stessa Campia.
“La notte del 3 ottobre, a mezzanotte circa, si ode un grande scoppio: è stato il ponte sulla Corsonna all’Arsenale. Di lì a poco uno scoppio più potente che mi frantuma parecchi vetri della canonica. Il grande muraglione che sorregge la strada di Mologno in località Robbiano viene distrutto completamente. In tutti è speranza: che si faccia saltare il ponte di Campia, cosa che sarebbe l’inizio della totale ritirata. Ma per ora nulla.
Il movimento dei soldati è molto scarso. La sera del 4 ottobre il Ponte di Campia viene fatto saltare. Speriamo ora di non vedere più tedeschi; ma al mattino del 5 veniamo a sapere che in località Bechelli e Pianaccia si scavano buche e trincee.”
Altro ponte fatto saltare dai tedeschi quello di Ponte All’Ania. La speranza che il crollo del ponte di Campia fosse la fine del fronte resse poco, perché dovettero aspettare ancora sei mesi prima che sul Comune di Barga si abbattesse l’ultima cannonata dell’Asse. (continua)