Fortunatamente le piante regolano il proprio ciclo biologico basandosi sulla durata del giorno, cioè delle ore di luce, perché quest’anno il clima sarebbe una bussola ben poco affidabile. Aggiungerei che, per fortuna, il tempo è molto variabile e ci regale (si fa per dire) scrosci d’acqua e momenti ventosi ed asciutti, giornate di sole e altre di pioggia con temperature che negli ultimi giorni si sono fatte nemmeno troppo miti. Questo limita, almeno dalle parti di Lucca e lungo la valle del Serchio, gli attacchi dei funghi agenti di mal bianco e altre malattie.
Questo è quanto mi dicono le mie rose, tanto quelle di più antica messa a dimora, quanto quelle che ho piantato a fine inverno sperando in una folgorante primavera. C’è stato qualche accenno di mal bianco, poi tutto è cessato. Qualora ce ne fosse stato bisogno, si tratta di un’ulteriore conferma di una primavera quantomeno “fresca”. Non sarà così ovunque e le rose funzionano da “pianta” spia, tant’è che è entrata in uso la tradizione di posizionare una rosa all’inizio dei filari dei vigneti. Il mal bianco della rosa (di fatto è un fungo che produce un’efflorescenza biancastra sulle foglie e talora sui fiori) si manifesta, infatti, con un po’ di anticipo su quello della vite. Così il verificarsi dei primi sintomi di mal bianco sulla rosa indica la necessità di fare trattamenti sulla vite. E’ il momento del classico zolfo distribuito sulle foglie.
In giardino i tulipani piuttosto maltrattati dalle frequenti piogge sono sfioriti da giorni mentre alcuni garofanini allietano alcuni angoli. I fiori degli agli triquetri sono un lontano ricordo, così come la fioritura della rosa banksia lutea, mentre l’aglio gigante e l’agapanto hanno il boccio ormai gonfio e pronto a regalare una grande infiorescenza. Gli fa compagnia l’ortensia quercifolia che prova a sognare i giorni in cui, nell’ombra degli alberi e del lato nord della casa, distenderà le proprie pannocchie di fiori. Seguirà, ma distanziata di un po’ di tempo, la fioritura della buddleja. Dovrebbe essere un vero festival delle farfalle ma ci vuole davvero che arrivi il sole.
Il caldo e il sole serviranno alle molte aromatiche, dall’elicriso alla lavanda, dalla salvia al rosmarino, poi la ruta e la santolina per esprimere al massimo i propri aromi. E’ nel caldo estivo, infatti, che queste piante producono gli oli essenziali necessari per difendersi dagli stress tipici dell’estate mediterranea. Per ora sembrano più invogliate a regalarci nuovi germogli e foglie.
Tra le fioritura del momento, quando un raggio di sole riesce ad illuminarli, ci sono quelle dei papaveri, sia quelli spontanei che crescono “senza permesso di soggiorno”, sia i bei papaver nudicaule che anche quest’anno sono tornati in vaso. Infine, ma dimentico di sicuro qualcosa, ci sono i gerani tanto cari a mia madre. Per lei sono i fiori della tradizione, ma si tratta di pelargoni arrivati da noi dall’Africa australe.
Mentre vago nell’erba troppo cresciuta e bagnata, mi rendo conto, ancora una volta, che mancano all’appello le calle, fiori tanto cari a mia nonna. Prima o poi devo metterle. Intanto tra un improperio e l’altro dovuto alla presenza di qualche infestante di troppo, alcune nel vialetto, altre nel giardino, ringrazio questa primavera ostile ai tagli di erba perché ha lasciato spazio ad alcune piante spontanee, come molte viole, che avranno di diritto uno spazio nel giardino del futuro: non mi sembra proprio il caso di togliere per quanto sono belle.
Infine, ma non ditelo in giro, mi godo i frutti di un piccolo furto. La Cymbalaria muralis si trovava su una sorta di rudere, fieramente rampante, e io ne ho sottratto una piantina. L’ho messa in un vaso con poca terra molto sassosa e ora lei si è scatenata. Io, intanto, l’ho spostata in bella vista in attesa che diventi una vera e propria infestante. Difficilmente troverò un’infestante più gradita: colonizza i muri di pietra voluti da mio padre e li ammorbidisce con i suoi fusticini flessuosi e i bei fiori.
Stavo per dimenticare i fiori della fotinia che campeggia nella siepe e tra alcuni cespugli messi al confine del giardino. Ma lei può anche essere dimenticata: sono le sue foglie di un rosso fiammeggiante che a fine estate (un po’ di meno) e in primavera (molto di più) non passano inosservate ricordandone la presenza.
Guardo le edere messe a tappezzare gli spazi più ombreggiati, l’acqua della pioggia scorre ancora lungo le loro foglie proprio quando un raggio di sole fa capolino. Chiederò a David Sesto, il nostro bravo meteorologo, se questa coda d’inverno lascerà finalmente spazio all’estate… ad essere rimasto indietro c’è il mio orto impossibile. L’orto, si sa, vuole il sole, oltre all’uomo morto…