Si è aperto giovedì, 23 ottobre, a Torino, presso la zona Lingotto Fiere, il Salone internazionale del Gusto. Alla manifestazione prenderà parte anche il nostro Emilio Bertonicini che, lunedì 27, alle ore 15, presso la Sala Azzurra, modererà un incontro sull’agricoltura urbana a cui parteciperanno Marcos José de Abreu (del Consiglio Nazionale di Sicurezza Alimentare e Nutrizionale del Brasile), Kathryn Underwood (co-fondatore di Slow Food Detroit Central City), Claudio Arbib (dell’Università della Sapienza) e Anna Hochreutener (di Wabe3, Svizzera).
Partiamo dall’incontro di lunedì, di cosa si parlerà?
“Si discuterà della possibilità di fornire alle città una parte del fabbisogno alimentare utilizzando cibo locale, e al contempo consentire anche alle popolazioni urbane di prendere parte al processo produttivo del proprio cibo, è possibile se l’agricoltura urbana smette di essere considerata un passatempo economicamente insignificante e inizia ad essere incentivata come un’attività di tipo economico, ambientale e sociale”.
Ora, tu non sei stato chiamato a caso per moderare l’incontro sull’agricoltura urbana, infatti, a questo tema hai dedicato un bel libro uscito nel giugno scorso (su cui ti avevamo intervistato). Bene, cosa è successo in questi mesi?
“Se mi guardo indietro mi sembra impossibile che sia passato così poco tempo. Il libro ha un buon riscontro di vendita e l’impatto più forte è stato quello sulla mia notorietà e, di conseguenza, sulla diffusione delle idee che ho fissato nel libro.
Cosa intendi dire?
“Intendo dire che il libro mi ha portato a viaggiare un po’ per l’Italia a fare presentazioni e mi ha dato molta visibilità, ha creato molti contatti e mi ha portato a scoprire anche realtà che non conoscevo. Oltre alle presentazioni negli immediati dintorni di Lucca, sono stato agli “Orti diPinti” a Firenze, ho presentato il libro in occasione del secondo compleanno di “Coltivando”, l’orto conviviale del Politecnico di Milano, e durante il “Caffeina Festival 2014” a Viterbo. Sono stato ospite del villaggio di Slow Food e ho avuto modo di intervenire durante un dibattito sull’agricoltura civica e sociale. E li è nata questa importante opportunità…”.
Parlacene meglio…
“E’ una grossa occasione, soprattutto perché avrò modo di confrontarmi con persone che portano avanti importanti progetti in Brasile, negli Stati Uniti e in Svizzera. Inoltre, l’invito è una conferma importante per le tesi sostenute nel libro: in quell’incontro si presenteranno esempi importanti e si discuterà di come l’agricoltura urbana stia passando dallo status di passatempo a quello di attività rilevante sul piano ambientale, sociale ed economico.
Quindi possiamo dire che il tempo che hai dedicato al libro ha prodotto buoni frutti…
“Direi proprio di si. Le mie idee, che poi sono il frutto di lavoro e ricerca di questi ultimi anni, destano interesse sia a livello di mezzi di informazione che in ambito accademico. Nei prossimi due mesi farò dei seminari per le Università di Sassari, Udine e Padova. La cosa interessante è che mi troverò a parlare di orti urbani grazie all’invito di chi negli atenei insegna discipline giuridiche. C’è un grande interesse al fenomeno dell’orticoltura urbana e molti già si interrogano sulla possibilità di regolamentarla”.
Bene, seguiremo i tuoi sviluppi. Intanto, ti va di lasciarci con l’esperienza più interessante tra le presentazioni che hai fatto in giro per l’Italia?
“In attesa di lunedì, quando sarò a Torino per Terramadre, il momento più bello è stato sicuramente quello della presentazione presso gli orti urbani di Via Goito a Livorno. Si tratta di un centinaio di orti nati in una vasta area abbandonata che si teme possa essere soggetta a speculazione edilizia. Sono il classico esempio di quelli che io definisco “gli orti che si riprendono la città”, ma forse rappresentano ancora di più: gli orti sono utilizzati per riappropriarsi del diritto di cittadinanza nel senso pieno del termine. Ho visto centinaia di persone in giro per gli orti, giovani e anziani intenti a coltivare e a mostrare fieri il frutto del loro lavoro. In un certo senso ho visto un modo nuovo di essere cittadini, cittadini capaci di protestare costruendo, dimostrando che un’altra via è possibile. Parlare in quegli orti è stato davvero emozionante”.