Epistenologia
– ha proposto un modo diverso di avvicinarsi al vino, prescindendo dalla eventuale competenza o expertise;
– non è un metodo di degustazione, anzi è anarchica e quindi chiede cura attenzione e responsabilità;
– suggerisce di non lasciarsi dominare dalla testa, aprendosi a bisogni desideri e emozioni;
– perora l’esplorazione, l’esposizione e lo stupore per ogni passo, e rifugge l’estetica del giudizio e della valutazione;
– vede il vino come un essere vivente da incontrare e non come un oggetto da valutare;
– va ben al di là del vino come tale, facendo un piccolo discorso forse ambizioso ma più complessivo sulla conoscenza, sulla saggezza e – addirittura – sulla vita;
– ambisce a mettere in moto l’immaginazione e la consapevolezza delle nostre possibilità creative quando gustiamo: la percezione è un processo creativo.
– disincrosta e libera.
Il 4 agosto faremo l’ultimo incontro prima della pausa estiva, a Barga, alla Locanda di mezzo, dove nel corso dell’evento Giorgia Madiai Fuchs disegnerà nel flusso di quel che accade.
Quel che accade di solito è potente e bello.
Quello che chiamo “Epistenologia” è un mezzo, probabilmente come un altro, di esplorare se stessi in rapporto alle possibilità percettive che fare qualcosa – nel caso, bere vino – ci offre e ci consente. Un modo di socializzare queste possibilità e, al contempo, di rendersi conto dei poteri dell’immaginazione e del linguaggio.
Ogni volta che comincio un workshop, ho qualche idea e suggestione su cosa farò; poi però la situazione, le persone presenti, la qualità emotiva, la partecipazione e il grado di empatia con loro mi fanno nascere altre suggestioni e proposte. Così, quando mi chiedono di “mandare il programma” della serata sono sempre molto riluttante perché non so come sarà il programma.
Questo tipo di lavoro è esito di un percorso per me non chiuso ma in pieno svolgimento. Non so dove porterà e mi porterà; so però, grazie a chi lo ha fatto, che funziona e che è pieno di senso. La sua natura sperimentale impedisce una codificazione; al tempo stesso rende la “comunicabilità” strettamente connessa al suo artefice, me, ma non perché io ne sappia di più. Il fatto è che Epistenologia è come fosse la concrezione di un vissuto che dice molto, e io non ne ero affatto certo, anche agli altri.
In questi due mesi ho fatto tante presentazioni del libro. Mi sono state utili. Ne ho ancora qualcuna, ma da dopo l’estate non ne farò più: farò solo workshop e laboratori, perché le presentazioni e il testo (per colpa mia, per come l’ho scritto) non rendono mica bene il senso di quel che poi succede quando si lavora insieme. Io sono il regista, non l’autore. – Nicola Perullo
All images by Stefano Tommasi