Sessant’anni di carriera sono, veramente, un bel traguardo. Sopratutto in un campo, complicato e volubile, come quello dell’arte. Lo scultore Franco Pegonzi festeggia questi suoi primi sei decenni con una mostra a Coreglia Antelminelli che sarà inaugurata stamani e sarà visibile, sino al 30 luglio, per le vie del borgo antico.
Ultima esposizione di una lunghissima serie iniziata a Barga, come ci ricorda in un’intervista telefonica, proprio, Pegonzi, nato e cresciuto nella frazione di San Pietro in Campo: “la mia prima mostra la feci alla Pro Loco, erano delle sculture in pietra e in gesso, oltre a dei disegni. Le opere colpirono molto il professor Guglielmo Lera che mi propose di fare un’esposizione a Coreglia, ne rimasi molto lusingato perché, all’epoca, Coreglia, era un centro culturale di prim’ordine: vi si teneva un concorso di pittura molto ambito e un premio letterario raffinato; inoltre, molti nomi importanti del mondo culturale in vacanza in Versilia, passavano qualche giorno al fresco dei platani. Avevo diciannove anni, alcuni anni dopo, sempre a Coreglia, mi fu commissionato il monumento agli alpini che realizzai in pietra di matraia”.
A Barga, nel corso degli anni, Pegonzi ha esposto varie volte, una sua opera figura nella piazzetta davanti al teatro dei Differenti. “Dalla Valle, però, me ne andai presto-continua-, nel 1958, infatti, vinsi il concorso come insegnante di materie plastiche ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria, dove mi trasferii. Per poi, dopo due anni, tornare a Lucca, dove ho stabilito la mia sede”. E da Lucca, Pegonzi ha girato mezzo mondo grazie alle sue opere che (oltre alle città italiane di Bari, Matera, Savona e Siracusa) si trovano, tra l’altro, in Brasile, Corea del Sud, Francia, Germania, e Grecia.
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“Io- ci ricorda Mario Rocchi, critico d’arte e decano dei giornalisti lucchesi- lo conobbi quando, baldanzoso e fiero, proveniente dal Piemonte, cominciò a insegnare all’Istituto Passaglia. Subito mi resi conto della sua necessità interiore di crescere, di lasciare indietro, ma farne comunque sempre pregio, il cosiddetto “classico” per sviluppare un proprio stile che si rifaceva soprattutto a forme aeree o comunque a quelle forme che trovavano la loro forza di esistere in una affascinante collocazione spaziale. La scultura di Pegonzi, fatta come si deve e cioè con il martello e la sega da marmo, e non con il computer come sono solito fare scultori anche di fama mondiale, è veramente una scultura che porta in sé tutto il fascino di quest’arte di cui Pegonzi è un vivido rappresentante. Sessanta anni dunque che hanno significato duro lavoro, ma comunque hanno voluto dire crescere anno per anno nel non agevole cammino della creazione artistica”.
Article by Nazareno Giusti