Dove sono i liberi giornalisti di questa provincia? Dove sono i “coraggiosi” intellettuali valligiani? E gli illuminati professori che insegnano ai nostri figli cosa sia la libertà?
Non se ne vede (e non se ne sente) nessuno. A Coreglia, nella seduta del consiglio comunale del 12 giugno è stata decisa la chiusura de “Il Giornale di Coreglia Antelminelli”, al centro di una lunga diatriba di cui vi avevamo dato conto qualche settimana fa. Ma nessuno ha fatto sentire il suo dissenso. La cosa è grave perché non si chiude un giornale se questo va bene, tanto più se è una voce per i cittadini e non ha problemi economici (visti i vari sponsor su cui si reggeva).
Ma ancora più grave è il silenzio di tutti quei signori che, invece, ci tengono molto a farsi sentire solitamente, quelli che pensano di lavarsi la coscienza con magliette e panchine colorate. Solo una persona ha parlato. Senza tanti giri di parole, con voce ferma. Si chiama Nando Ottaviani ed è parroco a Coreglia Antelminelli. Don Nando ha scritto una lettera pubblica criticando la decisione di chiudere il giornale: “perché non più in linea con gli attuali mezzi di comunicazione”. La motivazione a lui, come a noi, appare miope. Infatti, come ricorda il parroco, il giornale era uno strumento importante proprio per quegli anziani che “del computer non ne capiscono un bel niente”.
A queste parole (lo ripetiamo: le uniche che si sono levate pubblicamente) non c’è stata risposta da parte dell’amministrazione comunale. In un bar della zona, però, un assiduo frequentatore ha sostenuto, seccato, che “i preti dovrebbero occuparsi di altre cose”.
E, allora, don Nando gli ha risposto per le rime: “il parroco, essendo anche un cittadino a cui sta a cuore la comunità, si permette di intervenire quando serve, facendosi voce del proprio fedele. Se altri non lo fanno per motivi propri, qualcuno lo deve pur fare”.
Parole chiare e semplici. Parole coraggiose. Parole di un parroco che sta coi suoi parrocchiani. Probabilmente sarebbe piaciuto a Giovannino Guareschi, il padre di Don Camillo. E, in effetti, con le dovute proporzioni, il gesto di questo parroco sembra venuto fuori da un racconto di Guareschi. Certo, il buon don Camillo non avrebbe scritto una lettera. Sarebbe andato direttamente da Peppone. Avrebbe chiuso la porta dell’ufficio del primo cittadino e se la sarebbe vista a modo suo.
Ma questi, ci dicono, sono tempi civili, e certe cose sono sorpassate. Una volta anche a Coreglia non andavano tanto per il sottile. Un foglio uscito “clandestinamente” in questi giorni, che riporta in alto il logo del vecchio giornale “La voce di Coreglia”, ricorda che, oltre cento anni fa, i coreglini, per sollecitare la costruzione dell’acquedotto e della strada carrozzabile, presero “a pomodorate gli amministratori”. Mentre un consigliere, negli anni Cinquanta, per una tenuta non coerente, una mattina si svegliò sentendo un forte odore di letame: con il quale, nella notte, gli avevano imbrattato la porta di casa.
Per fortuna i nostri tempi sono civili. E civilmente si chiudono i giornali. Tanto nessuno fiata. Però non tutti gli abitanti del comune sembrano in preda a quel sonno pesante in cui giacciono i valligiani. In questi giorni è stata fatta una raccolta di 281 firme per chiedere la riapertura della testata. Presentata nel consiglio comunale di lunedì, il documento però non è stato preso in esame perché non protocollato. Ora che la pratica burocratica è stata fatta, vedremo cosa avverrà.
Intanto ci piace immaginare cosa sarebbe successo nel Mondo Piccolo di guareschiana memoria se i rappresentati dell’amministrazione comunale fossero stati tra le fila di Peppone. Il baffuto sindaco gli avrebbe ricordato, probabilmente facendogli una bella strigliata, che prima viene la propria gente e, dopo, forse, le beghe personali e le questioni di partito. Ma qui non siamo nel Mondo Piccolo, purtroppo. Siamo nel Mondo Grande, fatto di uomini piccoli.