Quest’anno la chiesa di Ponte all’Ania si appresta a festeggiare 50 anni dalla sua consacrazione, voluta da don Giuseppe Stagni il 1° maggio del 1961, rendendo ponte all’Ania una parrocchia autonoma da quella Loppia, dalla quale dipendeva.
Per questa importante ricorrenza l’Unità Pastorale sta dunque preparando un calendario di iniziative, che culmineranno, appunto nell’anniversario del 1° maggio prossimo; intanto, a cura di Sara Moscardini pubblichiamo un sunto della storia del paese di Ponte all’Ania.
“La Parrocchia di Loppia è molto estesa per territorio. Tutti son distanti dalla Chiesa Parrocchiale. Nel 1923 fu distaccata la frazione di Fornaci. Ora occorre una nuova Parrocchia a Ponte all’Ania…”; così scriveva don Valfredo Bernardoni, pievano di Loppia, nella relazione sulla Visita Pastorale del 1949. All’epoca il sacerdote si trovava a vivere una situazione inedita: la circoscrizione di Ponte all’Ania, la cui gestione era resa più difficile dai problemi di salute che affliggevano don Bernardoni negli ultimi anni di vita, aveva conosciuto nel secolo e mezzo precedente una crescita insediativa senza precedenti. Se difatti nella stessa visita pastorale Bernardoni dichiara di avere sotto la propria cura 1800 persone in tutta la parrocchia, la consistenza numerica negli anni precedenti si rivela di tutt’altra natura. La prima volta in cui il toponimo Ponte all’Ania compare negli Stati delle Anime della Pievania di Loppia risale al 1791, quando in tale luogo è attestata la presenza di un nucleo familiare dei Grigò e uno dei Carrara. Sino a quel momento le consorterie presenti nell’area oggi identificabile come parrocchia di Ponte all’Ania, erano stabilite principalmente nella località Lorenzi (approssimativamente riconducibile alla zona di Mencagli – La Quercia) e “alle Molina”. I conduttori e abitanti dei mulini sul torrente Ania sono citati per la prima volta nel 1691 e, per un secolo, sono identificabili con una cerchia circoscritta di nuclei familiari, talvolta accomunati tra loro attraverso legami di natura matrimoniale: i Turetti, i Tognarelli, i Menchella, i Castelvecchi, gli Equi, i Chiappa, i Pellegrini, i Grigò, gli Equi, i Rondina, i Pierotti. Fatto sta che nel corso del XVIII secolo il numero di abitanti rimase costante, attestandosi ogni volta sulla presenza di una decina di nuclei familiari; altresì lo Stato delle Anime del 1793 mostra che questi soggetti nella gran parte dei casi non abitavano case proprie ma erano affittuarie di abitazioni e mulini di proprietà altrui. Agli albori del XIX secolo lo stato della popolazione inizia ad incontrare una crescita esponenziale, che possiamo così ricapitolare in breve:
– nel 1814 i nuclei familiari che ruotano intorno ai Lorenzi e alle Molina sono rimasti sostanzialmente invariati; la zona designata come Ponte all’Ania ha invece conosciuto un incremento notevole, con l’afflusso di ben dodici famiglie;
– nel 1827 il paese, compreso da questo momento nel cosiddetto “Quarto” o “Quartiere” di Pedona, conta la presenza di una ventina di nuclei familiari (di cui cinque proprietari di “botteghe”) per un totale di 110 abitanti;
– nel 1851, a metà secolo, si hanno 28 famiglie composte da circa 200 persone.
È il Canonico Pietro Magri a fornirci nel suo “Il Territorio di Barga” l’affresco più esauriente sulla posizione economico – geografica favorevole in cui si era trovata Ponte all´Ania, luogo di passaggio obbligato tra Granducato di Toscana e Repubblica di Lucca, in quanto dotata di un ponte che congiungeva i due Stati: “Prima del 1848 era questo un luogo importante per il commercio a cagione dell´esenzione delle gabelle che godevano i Barghigiani; le merci vi si vendevano di contrabbando a minor prezzo che altrove; e però gli abitanti dei paesi circonvicini, Bolognana, Gallicano, Cardoso, Vallico, Le Fabbriche, ecc., ci accorrevano con grande guadagno dei Pontallaniesi.”
Le conseguenze dell’ubicazione sull’industria e sulla manifattura sono ben illustrate da Antonio Nardini all’interno del libro dedicato alla Pieve di Loppia (2008): P. all’Ania arrivò ad ospitare in breve tempo filande, polverifici, ferriere, fornaci e cartiere.
È tuttavia con il momento a cavallo tra XIX e XX secolo che Ponte all’Ania conosce il vero e proprio boom demografico, provocato non solo dalle potenzialità economiche endogene ma anche dalla forte influenza apportata dalla formazione e dal consolidamento dello stabilimento S.M.I. che la famiglia Orlando sta impiantando a Fornaci di Barga: una consistente parte di manodopera destinata ad essere impiegata presso la filiale proviene da Ponte all’Ania, dove si stabiliscono anche le maestranze giunte per lavorare alla costruzione e al completamento della rete ferroviaria Lucca – Aulla. Gli abitanti di Ponte all’Ania, negli anni ’30 del ‘900 arrivano ad essere ben 604, disseminati in 131 nuclei familiari di cui due residenti alle Camerelle, otto ai Mencagli, trentuno alla Quercia, otto alle Pedone, due ai Mulini, uno “alla Cartiera”, dieci ai Lagaccioli, uno alla Savola, sessantotto in paese.
Accanto alla latente crescita, Ponte all’Ania condivise col nostro territorio anche i momenti più bui: durante gli anni della seconda guerra mondiale le conseguenze del conflitto la toccarono assieme a tutto il territorio del Barghigiano. Il paese fu uno dei luoghi d’insediamento delle batterie americane della 92^ Divisione Buffalo. Bruno Sereni ricorda con parole suggestive la presenza dei soldati mori in occasione del Natale del 1944:
“Il comando delle batterie americane di Ponte all’Ania, alla vigilia, nella sala del cinema, dette un ricevimento ai bimbi del paese, con distribuzione di cioccolata calda, biscotti e “candys”. Nonostante i bis e i tris dei ragazzi, che uscivano dalla porta per rientrare dalla finestra, ce ne fu per tutti. (…) Il giorno di Natale, nel cinema di Ponte all’Ania, vi fu la celebrazione religiosa per le truppe di colore con la partecipazione di un numeroso pubblico, curioso di assistere ad una cerimonia protestante. La prima parte niente affatto liturgica consisteva in suoni indemoniati di jazz – band, grida selvagge, divincolamenti di corpi in danze esotiche, da parte di soldati neri, i quali con le loro grida, spaventavano i bimbi ed impressionavano le loro mamme. Il tenente cappellano assisteva allo spettacolo, guardava e sorrideva. Non appena la numerosa orchestra lasciò libero il palcoscenico per andare ad esibirsi in un’altra località, vi fu allestito un altarino. Il cappellano indossò la stola e cominciarono i canti liturgici: “Christmas Carrols”.
L’ambiente si era trasformato. I soldati neri, seduti con compostezza, leggevano il libro delle preghiere mentre, accanto al pastore, quattro di essi cantavano gl’inni del Natale, con una voce così primitiva e vergine che trasportava i bianchi presenti lontano lontano in un mondo sconosciuto, inaccessibile, inimmaginabile e li commuoveva e li conturbava.”
Appena due giorni dopo, di ben altro tono sono i ricordi di Sereni, all’indomani della Battaglia di Natale:
“Per i campi, per le scorciatoie, gettandosi a terra, riparando con il proprio corpo quello dei bambini e dei vecchi, ad ogni sibilo di granata in arrivo la gente scendeva, scendeva a valle. (…)
A Ponte all’Ania è arrivato Balduini con la famiglia, Balduini porta con sé alcuni bassorilievi in legno e i ferri del mestiere. È assorto, forse vorrebbe tracciare qualche schizzo, forse la fuga lo tiene in uno stato di febbricitante ispirazione artistica.
All’alba cominciano a partire i barrocci carichi di fagotti e d’infermi. Miracolo della fuga: tutti camminano e nessuno sente la stanchezza, i bambini di tre anni non chiedono d’essere portati in braccio, i vecchi incidono il passo e non rimangono indietro, i ragazzi sono carichi e non si lamentano. Corteo lungo, interminabile, che avanza sotto il pungolo del terrore di rivedere le facce dei rastrellatori.”
Pochi minuti dopo Balduini arrivava a fissare quel drammatico momento attraverso la celeberrima xilografia della Fuga da Barga, agghiacciante immagine dell’allontanamento in massa della popolazione barghigiana dalla linea del fronte.
Anche l’abitato di Ponte all’Ania ha sofferto distruzioni a causa della vicinanza al fronte. Dalla documentazione presente nell’Archivio Storico del Comune di Barga si evincono danni al plesso scolastico (sconvolgimento del materiale di copertura, distruzione degli affissi e dei vetri, lesionamento di mura e impianti) e alle condutture d’acqua che allacciavano il paese a Fornaci, congiuntamente alla distruzione del ponte sull’Ania e del ponte ferroviario. Quaranta persone risultano senza tetto (su un complesso di 3365 su tutto il territorio di Barga).
La posizione favorevole, unita all´operosità della popolazione furono quindi determinanti per lo sviluppo e la floridezza economica del paese. È al 7 marzo 1951 che risale l’inizio di una vera e propria esistenza ecclesiastica indipendente: in questo giorno Mons. Ugo Camozzo, Arcivescovo di Pisa, firmò il decreto della istituzione della parrocchia di Ponte all´Ania. Le sollecitazione dei paesani, unitamente alle difficoltà di salute crescenti per don Bernardoni, avevano già condotto l’Arcivescovo ad assicurare al paese un parroco, nella persona di Don Giuseppe Stagni, profugo istriano che lo stesso Camozzo aveva ordinato sacerdote a Fiume nel 1944: il 10 febbraio 1950 Stagni giunse a Ponte all´Ania, accolto calorosamente dalla popolazione; appena nove giorni dopo, su richiesta del Comitato pro erigenda chiesa che si era formato in paese, il consiglio comunale di Barga approvava la consegna di un prefabbricato di legno rimasto in località Giardino dal tempo di guerra. La “baracca” che sarebbe divenuta la primitiva chiesa, fu impiantata su un terreno donato da Assunta Stanghellini nella zona oggi indicata come ex cartiera Lunardi, e benedetta il 19 Marzo 1950, festa di S. Giuseppe, titolare della parrocchia. Da quel momento l´impegno di Don Stagni si profuse nel reperire fondi per costruire un vero e proprio tempio per Ponte all’Ania: in breve tempo fu possibile acquistare il terreno per la costruzione, progettata dall´architetto Norberto Carlini di Arezzo e dall´ingegnere Amedeo Gervaso di Firenze; i lavori furono dati in appalto alla ditta fiorentina Bencini – Piazzesi – Riccardi. Nel 1959 si ebbe la posa della prima pietra, e il 1° Maggio 1961 la nuova chiesa fu inaugurata con la benedizione di Mons.Camozzo.
Mons. Giuseppe Stagni è rimasto parroco di Ponte all´Ania fino al 31 Dicembre 2005, quando venne sostituito da Don Alessandro Pierotti, a cui dal 1° Luglio 2007, con la riunione delle parrocchie di Fornaci, Loppia e Ponte all´Ania nella medesima Unità Pastorale, è succeduto Don Antonio Pieraccini, attuale parroco.