Ormai lo sappiamo tutti, il 17 marzo 2011 l’Italia ha festeggiato il 150° anniversario della propria Unità. In questi mesi indubbiamente, tartassati dai mass media, nella parvenza di un rigurgito patriottico, ci siamo riempiti la bocca e le orecchie della parola “Italia”. Presunta divulgazione tramite programmi televisivi, rispolvero dei manuali di storia risorgimentale, sconfortanti polemiche parlamentari, inno di Mameli a go go. Ma, si domanda il giornalista Aldo Cazzullo, nella realtà in cui viviamo cosa significano queste semplici parole: “Viva l’Italia”? Non rischiano di questi tempi di ridursi a un mero slogan da stadio, proclamato solo in occasione della gara calcistica di turno? Eppure, in un’epoca neppure troppo lontana, queste parole erano una vera e propria bandiera, un credo irrinunciabile, un proclama orgoglioso della propria identità. In appena un secolo e mezzo di vita quanti giovani, tra le file dei patrioti risorgimentali, nelle trincee, uniti ai partigiani sulle montagne, si sono sacrificati per la nazione con quel grido sulle labbra?
Oggi una scelta del genere non si spiega. Non si spiega perché un manipolo di persone, l’esercito francese assediante alle porte, consapevolmente difese alla morte la Repubblica Romana e la sua Costituzione,testo di un’attualità sconvolgente vale la pena di leggerla). Non si spiega perché i soldati della Prima Guerra Mondiale accettassero di sacrificarsi ai folli ordini di un personaggio sin troppo sopravvalutato come D’Annunzio. Chi sa oggi chi erano Silvio Corbari e Iris Versari; e perché doverono perire a vent’anni?
Cazzullo offre allora un viaggio di taglio fortemente cronachistico in tre momenti fondamentali della storia del nostro paese: il Risorgimento, la Grande Guerra, la Resistenza. Ci guida per mano, senza lesinare sulla propria arguzia, per far comprendere come mai dovremmo essere orgogliosi della nostra nazione. Perché gli italiani sono sì affetti da tutti quei mali di cui li si accusa, dalla cialtroneria alla codardia, ma possono dare nel momento della prova grandi esempi, come mostra il Vittorio Bardone montanelliano. Nella speranza che in ognuno di noi ci sia un piccolo Generale della Rovere nascosto.