Avvio alla grande per la stagione di prosa 2011/12 del teatro dei Differenti. Con un teatro completamente gremito di pubblico, con l’incoraggiante dato del + 50 abbonamenti rispetto allo scorso anno per la stagione, un vero e proprio record, e soprattutto con un grande del teatro e del cinema italiano quale Silvio Orlando che non ha certo deluso le aspettative, tenendo in piedi con grande personalità uno spettacolo, “Il nipote di Rameau”, non certo facile; in cui riesce a dare non poca consistenza al diaologo etico e filosofico che sta alla base di questa opera di Diderot che risale alla metà del Settecento.
Vista la “prima” della stagione, non è mancato alla fine anche il saluto del sindaco Bonini e della consigliera delegata alla cultura Stefani accolti sul palco da Orlando con tanta simpatia.
Dunque, prima serata con il segno+ sotto tutti i punti di visita. Di buon auspicio per una stagione che nonostante le ristrettezze economiche con cui fa soprattutto i conti il mondol della cultura, ci regalerà grandi nomi del teatro italiano e grandi spettacoli.
Il nipote di Rameau
di DENIS DIDEROT
adattamento Edoardo Erba e Silvio Orlando
con Amerigo Fontani, Maria Laura Rondanini
clavicembalista Simone Gullìburattino Jean Philippe del maestro Roberto Abbiati
scene Giancarlo Basili
costumi Giovanna Buzzi
regia SILVIO ORLANDOproduzione Cardellino srl
Il nipote di Rameau di Denis Diderot,capolavoro satirico della seconda metà del Settecento è la parabola grottesca di un musico fallito, cortigiano convinto, amorale per vocazione avvolto in un lucido cupio dissolvi. Nella sua imbarazzante assenza di prospettive edificanti, nella riduzione della vita a pura funzione fisiologica riesce in maniera paradossale a ribaltare la visione del bene e del male, del genio e della mediocrità, della natura umana e delle possibilità di redimerla.
Rameau si è offerto attraverso i secoli come un nitido archetipo di libero servo, innocua foglia di fico per padroni a tolleranza variabile. Scorgiamo dietro la sua perversità le paure del filosofo del perdere se stesso e i propri riferimenti etici nell’affrontare un primo embrione di libero mercato delle idee che intuiva stesse nascendo in quel turbolento e fervido scorcio di secolo. Rameau manca dai nostri teatri dagli inizi degli anni Novanta, un ventennio di profonde mutazioni nel corpo della nostra società civile, le sue contorsioni intellettuali quindi assumono nuovo e violento impatto e nuovi motivi di aspro divertimento.