Una serata veramente particolare quella vissuta ieri sera al Festival Letterario “Tra le righe di Barga” con una grande firma del giornalismo italiano di denuncia, quella di Antonello Caporale, da pocghissimo passato da Repubblica a Il fatto Quotidiano e con la presentazione del suo ultimo libro “Controvento. Il Tesoro che il Sud non sa avere” edito da Mondadori.
A Barga il giornalista, scrittore è stato onnipresente: per quelli rimasti a casa davanti al teleschermo, che lo hanno visto partecipare quale ospite alla trasmissione In Onda su La7 dedicata alla casta dei politici e per quelli che erano in giro per il castello, che lo hannoi visto invece in carne ed ossa quasi in contemporanea, a presentare invece il suo libro.
E’ stato Il giornale di Barga ad ospitare la diretta di Caporale su La7, mettendo a disposizione la sua redazione per il collegamento via satellite con la trasmissione. Poi caporale è salito in Comune, nell’atrio di Palazzo Pancrazi, dove ci ha spiegato lo sfruttamento ad opera di pochi, privati, spesso collusi con la criminalità, di un bene che invece dovrebbe essere di tutti: il vento, inteso come energia pulita che rende milioni e milioni di euro che vanno nelle tasche di pochi privati; ai comuni solo le briciole ed alla comunità, niente.
Ce lo spiega meglio lo stesso Caporale in questa intervista.
Il libro non è un semplice saggio di un’altra preoccupante piaga di questa nostra povera Italia, dato che Caporale ci presenta la sua denuncia in chiave di narrativa con la vita di Antonio Colucci nella quale entrano un giorno, ospiti scomode e inattese, le pale eoliche.
Nel suo mondo arcaico quelle pale si muovono senza un perché. Del resto è una ricchezza improvvisa e sconosciuta apparsa nel Sud dell’Italia, dove le pianure non danno da vivere. Ai sindaci il vento piace perché rappresenta una piccola pensione sociale collettiva. Pochi soldi, ma cash, ora che le casse sono vuote. E grazie a quegli industriali che fittano terreni (e coscienze) c’è una fatica in meno da fare: pensare, organizzarsi, cercare il partner, produrre in proprio. È troppo complicato, troppo impegnativo sviluppare un’economia locale fondata sull’energia sostenibile e rinnovabile. Meglio appaltare tutto in cambio di un obolo. Lo Stato ha semplicemente abdicato al suo dovere. Senza mai indicare, valutare, ammettere o respingere, proporre e magari mitigare l’impatto ambientale, dire no qualche volta alle pale. No, qui no. Lì invece sì. Senza cura per il bene di tutti, senza amore per il territorio. Lo Stato ha semplicemente chiuso gli occhi davanti al più grande scandalo di questo inizio secolo. Antonello Caporale, attraverso alcune storie esemplari, in cui si alternano duri toni di denuncia e accenti lirici, ci propone una ricostruzione lontana da ogni forzatura ideologica, dove le vicende dell’eolico finiscono per rivelare la malattia endemica dell’Italia e più ancora il destino a cui è condannato il Sud: bruciare la propria ricchezza senza nemmeno averla riconosciuta (source).
Intervistato da Andrea Giannasi, salutato dal sindaco Marco Bonini e dall’assessore alla cultura, Giovanna Stefani, la sua disamina è andata ben oltre il problema dello sfruttamento dell’energia rinnovabile in Italia. Caporale si è soffermato anche sulla difficile situazione che sta vivendo il nostro paese a livello economico e politico, ma anche sull’incapacità, tutta nostra, di assistere con profonda ignavia a quello che sta succedendo. Di essere principalmente il male di noi stessi, accettando senza discutere il marcio di una politica corrotta, incoerente e spesso collusa che soprattutto nel profondo sud sta continuano a fare grandi danni, ma che anche nelle nostre piccole isole felici, in cui ancora (per poco) ci sentiamo al sicuro, può danneggiare seriamente il nostro vivere civile.