“Dormire con una Raffaello in casa”, lo sanno bene i signori De Paolis di Civitavecchia, il cui appartamento nasconde un ritrovamento di immensa portata per la storia dell’arte: quello che fu probabilmente lo studio per la realizzazione dei magnificenti affreschi ch decorano le stanze vaticane oggi conosciute da tutti come le stanze di Raffaello.
Questo il tema dell’ultimo incontro del Festival del Libro “tra le righe di Barga”, che ha visto la presenza di Alvaro Ranzoni, corrispondente di guerra e collaboratore di BBC Londra e grande appassionato di arte, tanto da essersi impegnato personalmente per anni per far emergere questa incredibile scoperta.
La storia inizia quaranta anni fa quando, durante i lavori di ristrutturazione in un appartamento nel centro di Civitavecchia costruito su un’antica torre, affiora una parte di affresco che riporta incredibili analogie con i soggetti rappresentati nella “Stanza di Eliodoro”, una delle quattro sale che Giulio II fece affrescare dal maestro urbinate.
Ci sono voluti anni perché l’importanza di quel frammento venisse capita, ma tassello dopo tassello i restauri hanno cominciato a liberare dalle vecchie tinteggiature affreschi vecchi di 500 anni, senza ombra di dubbio contemporanei agli originali.
È emersa così tutta la scena della Messa di Bolsena e parte di quella dell’incontro di Leone Magno con Attila e la cacciata di Eliodoro, seppur con alcune differenze nei tratti dei volti e nel colore degli indumenti confronto agli originali. Non si tratta quindi di una copia postuma, anche perché le pareti dove si trovano i dipinti sono quelle che furono di una torre di servizio e non un luogo nobiliare, dove cioè nessuno avrebbe avuto interesse a commissionare un così importante lavoro.
Le pareti della torre erano però sgombre da aperture e potevano fungere da lunga tela bianca per uno studio preparatorio, anche in virtù del fatto che il luogo dista di poche centinaia di metri dalla rocca dei papi, una delle residenze estive dei pontefici a Civitavecchia.
Queste e numerosi altri dati emersi dalle ricerche condotte dai massimi studiosi di Raffaello sembrano avvalorare quindi la tesi che i dipinti di Civitavecchia siano il modello, il progetto definitivo da far visionare a Giulio II prima dell’approvazione per le stanze vaticane, anche se con molta probabilità la mano che li dipinse non fu quella di Raffaello in persona ma di uno dei suoi allievi, Ugo da Carpi.
Difficile dire quando e come gli affreschi saranno completamente restaurati e resi visibili a causa dei sempre minori fondi a disposizione della cultura, fatto che fa procedere a rilento i lavori. Ma Ranzoni non ha dubbi: diffondere la notizia di questo incredibile ritrovamento può stimolare l’avanzamento del restauro, ed ha scelto proprio Barga per lanciare la notizia di questa importante scoperta.