Niente si sa dell’immagine della Madonna del Molino prima della sua citazione – anno 1512 – nel memoriale di Jacopo Manni da Soraggio Pievano di Barga. Ciò che è abbastanza sicuro, il possibile secolo in cui fu realizzata, classicamente ritenuto il XIV, ma potrebbe essere anche del precedente XIII; poi lo stile, classicamente ritenuto Bizantino o riferentesi alla scuola iconografica bizantina. Altro dato certo dell’immagine riguarda la tipologia, detta Eleusa, cioè, tra la Madonna e il Bambino c’è un rapporto tenero e affettuoso, ben diverso da altre immagini con minore sentimento e più statiche. Il resto dei dati della tavola per ora sono destinati a rimanere sconosciuti: autore, motivazioni dell’opera e la provenienza dell’immagine prima della sua sistemazione al Molino di San Cristofano. Comunque è molto interessante sapere, così come narra il Manni, che già allora – mezzo millennio fa – l’immagine si presentasse antica.
Premesso che nel vuoto di notizie più remote siamo autorizzati a pensare qualsiasi cosa e non sapendo neanche da quanto tempo fosse in quell’opificio di proprietà dell’Opera di San Cristofano, l’ente interessato al Duomo di Barga, eccoci al 5 settembre 1512, giorno e anno in cui l’immagine prese a sudare, un evento ritenuto miracoloso da tutti quelli che si recarono a visitarla e, probabilmente, lì richiamati dal mugnaio.
Con le parole che seguono, ecco come il pievano Manni registrò nel suo Memoriale il fatto e il successivo trasferimento in Duomo della sacra immagine: “Domenica proxima cioè a dì 5 settembre 1512 una certa ymagine antiqua dipinta in tavola che era qui a Bargha al Molino di San Christofano si vidde sudare più volte da qualunque vi andò et sequito così dù o tre giorni per modo che mossi da questo miracolo poi il dì della Natività della Donna ci andamo con tutto il clero et il popolo et arechamola dentro in Bargha alla pieve processionalmente; a Lei piaccia et al suo Figliolo che non ci dimostri qualche flagello”.
Quanto narra il Manni, è tutto quello che sappiamo di sicuro ossiaa che l’antica immagine era esposta al Molino di San Cristofano; una collocazione che ha l’indiscutibile sapore di un soccorso celeste di Maria sull’edificio, sul lavoro che ivi si svolgeva per i tanti a favore delle casse dell’Opera di San Cristoforo che sovrintendeva e provvedeva al Duomo di Barga; una particolare padronanza che offre i suoi spunti di riflessione.
Con il presente articolo, proprio partendo da questo dato, assolutamente da non trascurarsi, affrontiamo dei possibili iter dell’immagine ma, non del suo trasporto in Duomo, bensì prima del suo arrivo al Molino di San Cristofano, iniziando a dire che è probabile fosse uscita, in un tempo indeterminabile, dal Duomo di Barga. Perché? Magari per toglierla da un pensabile abbandono, oppure volutamente diretta dall’Opera a un suo luogo molto meno pubblico, quasi a sottrarla dal frequentato luogo di fede in un tempo in cui si fecero più gravi e tesi i rapporti tra Opera e Pievano. Ovviamente è una delle mille ipotesi che si possono fare, però ci sono dei piccoli indizi nel testo del Manni che ci conducono a credere sia stato possibile e allora tiriamo quel pensato filo storico.
Intanto va detto che nella nota del Manni, circa il prelievo dell’immagine dal molino per condurla in Duomo, non c’è un minimo cenno a un eventuale permesso richiesto al mugnaio, quindi la Madonna non era sua, tacitamente rafforzando l’idea, oggi come allora molto chiara, che la proprietà della tavola fosse dell’Opera di San Cristofano. Non diciamo niente di nuovo, perché, dopo la traslazione del 1512, l’Opera ne rivendicherà la padronanza, però non senza qualche indugio da parte del pievano Manni.
A fronte del miracolo del sudore è quindi l’Opera di San Cristofano, sorretta da tutta la Chiesa locale, che vuole portare o riportare in Duomo la Madonna, traslazione avvenuta l’8 settembre 1512, giorno della festa liturgica che ricorda la nascita di Maria. Un passaggio doveroso da compiersi per le tante persone che fideisticamente credevano nell’accaduto miracolo.
Inoltre, la storia ci racconta che giunti in Duomo, il pievano Manni pose e volle lasciare l’immagine “… sopra l’altare del Santo Corpo di Cristo”, cioè il principale e l’unico direttamente sottoposto alla Pieve di Barga, mentre gli altri altari erano di patronato o del Comune di Barga o, eventualmente, di privati cittadini.
Tale atto, cioè porre l’immagine all’altare maggiore, se inizialmente era un doveroso, rispettoso e devoto omaggio all’immagine, in seguito, perché il Manni continuava a volerla su quell’altare, troverà contraria l’Opera di San Cristofano che inizia a rivendicarne la proprietà e la sorte del quadro nella Pieve di Barga. Tantoché, siamo nel 1523, quando su committenza del Comune di Barga fu iniziata la costruzione dell’altare a S. Giuseppe, il Consiglio della Terra –cui era sottoposta l’Opera- decise che lì doveva essere esposta la Madonna del Molino.
In pratica s’instaurò una querelle che vide il Manni da una parte, cioè la Chiesa locale sottoposta alla Diocesi di Lucca, e l’Opera di San Crtistofano e Comune di Barga dall’altra. Al termine la vinse il Comune di Barga e la Madonna fu posta all’altare di S. Giuseppe, ponendola alla praticata finestrella che ancora oggi possiamo vedere nella tavola che raffigura S. Giuseppe, S. Rocco e S. Arsenio (non S. Antonio come molti ancora oggi credono per il tipico saio e il bastone che contraddistingue la sua iconografia), i tre protettori –ora cinque- della Barga cinquecentesca raffigurata sullo sfondo.
La querelle cui si è accennato aveva però i suoi storici strascichi, infatti, tra Comune – con l’Opera di sua emanazione – e Chiesa locale, c’era già un forte e secolare attrito che affondava le radici, almeno, sin da quando ci fu l’ufficiale erezione della chiesa castellana di S. Cristoforo a pieve – anno 1390 – di fatto prelevando il titolo dall’antica e vicina Pieve di Loppia, ormai diroccata, cui era stata sottoposta sin dal sec. VIII.
Gli attriti nascevano dalla storia stessa di Barga nei secoli primi del Mille, quando inizia a distaccarsi da certi intendimenti della Diocesi lucchese. Una storia legata alla sua emancipazione, cui concorse un’idealità di natura Templare – non tollerata dai vescovi lucchesi – che diresse Barga a un’autonomia, quantomeno molto comportamentale.
Con la Bolla di traslazione della Pieve di Loppia a Barga, con sede nel suo Duomo, ciò che noi abbiamo detto sopra inizia a rivelarsi nella sua interezza; infatti, il vescovo lucchese dichiara che da ora l’elezione del futuro pievano di Barga sarà compito della Diocesi e non come prima del Comune di Barga, seppur con il ricercato nulla osta vescovile. Questo chiarisce il tipo d’attrito storico, che si manterrà ancora sino al 1470, quando vediamo che alla morte del pievano di Barga, il Comune, avvisato il vescovo, convoca il Parlamento per l’elezione del successore, di fatto lasciando intendere in quell’anno che il dettato della Bolla vescovile del 1390 non era ancora stato osservato.
Di là da quanto detto, riportato per far capire a quale livello fosse l’attrito tra Comune e Diocesi, a noi interessa che la Pieve di Loppia intitolata a Maria Assunta aveva una sua Opera che soprintendeva alla chiesa, detta di Santa Maria. Tale istituzione nel 1390, con ogni altro bene della chiesa di Loppia, passa alla nuova Pieve di Barga. L’Opera di santa Maria avrà una vita indipendente dall’Opera di San Cristofano, però pur sempre sottoposta al Comune di Barga.
Sapere che Loppia era intitolata a Santa Maria Assunta è un dato molto intrigante circa la possibile provenienza della Madonna, poi detta del Molino. Infatti, si potrebbe pensare che tra i beni arrivati al Duomo di Barga e governati dal Comune di Barga, ci fosse anche qualche opera d’arte legata all’Opera di Santa Maria (tra queste la futura Madonna del Molino?).
Si pensi ancora che al momento della Bolla del 1390, la Pieve di Loppia, già da molti decenni fosse diroccata, uno stato cui avevano inferto il colpo mortale, i lucchesi mossi dal loro vescovo nel corso del sec. XIII. Una circostanza che, sin da allora, senz’altro dette motivo di un’attenta sottrazione dalla chiesa dei beni più importanti e sensibili al furto, così portandoli nel Duomo di Barga, chiesa protetta dalle possenti mura della rocca e del Castello.
Un simile modo di agire a protezione delle opere d’arte con particolari valori devozionali esistenti nel territorio si avrà tra il sec. XV e XVI per il Crocefisso del Maestro di Barga, oggi esposto nel Duomo ma proveniente dall’allora diroccata chiesa di S. Pietro in Campo, prelevata tra i secoli detti dall’Opera di San Cristofano che aveva sul luogo il patronato.
Un dato trascurato da molti è che tra le chiese di Barga e di Loppia c’era una forte sintonia, se non addirittura, una solita genesi nel seppur diverso ruolo; un dato evidente dalla stessa posizione della Pieve di Loppia, a poco più di due chilometri da Barga.
Che nella Pieve di Loppia fosse esistita la futura Madonna del Molino non è un’idea da scartarsi a priori, sia per l’intitolazione della chiesa, come per la natura della consorteria Rolandinga, cui era stata allogata la stessa Pieve dal vescovo Teudegrimo nel 983. Infatti, questi signori, detti Rolandinghi, lasceranno tracce di sé anche a Lucca, specialmente in Corteorlandini, dove esiste l’antica chiesa di S. Maria, tanto cara ai Templari.
I beni dell’Opera di Santa Maria di Loppia, nei secoli successivi al loro trasferimento alla Pieve di Barga, pian piano si confondono con quelli di una Cappella, un altare eretto nel Duomo di Barga sotto il solito titolo di Santa Maria. Qui mi pare di vedere una rivalsa ecclesiastica sui beni diretti alla nuova Pieve di Barga per Bolla vescovile del ricordato 1390.
La questione degli antichi beni dell’Opera di S. Maria scoppia nel 1584 in seno al Consiglio di Barga, quando muore il rettore dell’omonima Cappella di Santa Maria, Maestro Pardo o Parduccio (dei Carlini di Barga), e prete Jacopo Luchini supplica il Granduca per subentrarvi.
Da Firenze vogliono sapere a chi tocca la nomina del rettore, se al Granduca oppure al Vescovo di Lucca. Il Comune di Barga non ha dubbi: spetta alla parte laica, perché l’altare e nostro, ma la questione è delle più spinose. Allora si nominano delle persone per recuperare documenti che avvalorino tale certezza. Nelle relazioni inviate a Firenze per il recupero del patronato del Comune sull’altare, appare la storia più antica della Cappella e dell’Opera di S. Maria, i cui beni, con l’erezione dell’omonimo altare, iniziarono a confondersi. Uno stato delle cose che il defunto rettore Pardo o Parduccio, aveva sistemato a favore del Comune, forse unificando tutti i beni, però con delle scritture chiarificatrici le differenze, documenti oggetto di ricerca in quel 1584, ecc.
Se la Madonna del Molino era tra i beni dell’Opera di S. Maria arrivati in Duomo, nell’interessata confusione generatasi con l’altra Cappella dal solito nome, eretta tra i secoli XIV e XV, potrebbe essere che l’immagine, ritenuta memoria da proteggersi, fosse stata dirottata al Molino dell’Opera di San Cristofano.
Nell’Estimo del Comune dell’anno 1647 possiamo vedere che è assente l’Opera di S. Maria già censita nell’Estimo del 1506. Invece si trova la Cappella di S. Maria, i cui beni nel sec. XVIII, esattamente il 14 agosto 1788, saranno uniti alla chiesa di S. Pietro in Campo, dove il lunedì di Pasqua si recheranno in processione i Cappellani del Capitolo dell’Opera di San Cristofano, per essere chiesa giurisdizionalmente spettante alla stessa Opera.
Abbiamo supposto la possibilità che l’immagine della Madonna del Molino fosse appartenuta ai beni dell’Opera di S. Maria di Loppia, però c’è anche un’altra direttrice da seguire, quella dell’Opera di San Cristofano. Infatti, così come riportato nel libro “I mulini ad acqua del Territorio di Barga” di Emilio e Raffaello Lammari, poi nel testo del libro “Il Duomo di Barga, storia, arte e spiritualità nei primi secoli dopo il Mille”, sino almeno al 1483, per costruire un mulino sul fiume di Barga, la Corsonna, occorreva il permesso dell’Opera di San Cristofano, discrezionalità concessagli e riconfermata in quell’anno dal Consiglio della Terra di Barga, perché il libro su cui era scritta la legge comunale, detta antica, fu stracciato.
Allora quella Madonna posta nel Mulino di San Cristofano potrebbe essere stata commissionata dalla stessa Opera, come già detto, tolta dal Duomo per occultarla a occhi bramosi e confusi, o realizzata proprio per essere messa a protezione del grande mulino che aveva costruito sulla Corsonna.
Di là dal vero è molto probabile che o dall’una o dall’altra delle due opere sia partita la committenza di quella Madonna eleusa, della cui genesi ci sarebbe tutta un’idealità religiosa da indagare, riguardante sia la Pieve di Loppia, come il Duomo di Barga, ma questo ci porterebbe troppo lontano dall’obiettivo del presente articolo. Comunque non è detto si possa fare in una prossima occasione.
Caro Giuliano, il Mulino si San Cristofano, devi scusare
la mia ignoranza, è individuabile attualmente con qualche
resto lungo la Corsonna?
Io, per sentito dire, nella mia immaginazione, avevo indi-
viduato il mulino da cui proviene la Madonna, nel mulino
del Candino, sotto la loc. Lato.
Fabbricato che sta andando in una molora immeritata.
Eppure mi risulta che sia di proprietà di benestanti,
che potrebbero rendere il fabbricato ancora fruibile,
in tutti i sensi. (Come monumento alle cose antiche,
come tipo bed & breakfast, magari solo per il periodo
estivo, e poi altre soluzioni, che per quanto ne so io,
i prorietari ne sanno sicuramente più di me).
Mi ero immaginato il percorso “dalla Corsonna al Duomo”
proprio partendo da questa località, risalendo la strada
che porta nel Lato e quindi su fino ad arrivare al Duomo.
E devo confessare, che vista la grande ricorrenza della
Rievocazione della (ri)venuta della effige della Madonna
a Barga, il COMUNE avesse la grande intuizione, di
regalare a tutti i Barghigiani ed agli escursioninisti
che utilizzano quella zona per attraversare la Corsonna,
di ripristinare in modo sicuro e duraturo il sentiero
a spirale che conduce, appunto, dal molino del Candino
alla localita Lato. Evidentemente io sono troppo lungi-
mirante e il Comune può darsi che non abbia soldi,
almeno per queste cose. (e pensare che in tutta Europa
ci si da un gran daffare per attrezzare al meglio una
cosa come la Via Francigena).
Noi lasciamo franare 80 metri di SENTIERO STORICO. Mah!
(e la Mulattiera per andare a Sommocolonia? Altro: mah!
Comunque grazie pee la risposta che darai per soddisfare
la mia ignoranza.
Giuseppe Luti
Caro Giuseppe,
sì, il Mulino dell’Opera di San Cristofano è ravvisabile con qualche resto sulla Corsonna dalla parte di S. Maria.
Io non saprei dirti di preciso dove si possono vedere. Quanto ti riferisco, l’esistenza di tracce, sono informazioni che mi ha dato Emilio Lammari. Tra l’altro posso dirti che il Mulino fu diroccato da una piena della Corsonna nel corso del sec. XVIII, qualche anno dopo il 1740, e non ricostruito. Simile fine fece l’altro mulino di pratonato Cappella di S. Maria.
Il percorso della Madonna ovviamente fu da quel Molino: oltrepassata la Corsonna, vennero sulla costa di Barga, lungo la via che portava al Capriolo e da lì, salendo, avviatisi verso il ponte di Macchiaia e poi l’omonima Porta, entrando in Barga.