Sono stati molti gli artisti che sono rimasti affascinati dalle nostre terre dai tempi del Grand Tour ottocentesco sino all’epoca contemporanea. Una visita che ha sempre giovato allo spirito dell’artista e soprattutto al suo lavoro che ne ha sempre guadagnato in termini di lirismo e emozione lo ricordava nell’estate 2010 John Bellany: “Circa 10 anni fa, incontrai il vostro Sindaco, Umberto Sereni che mi disse: Vieni in Toscana John, purifica la tua anima a Barga. Lo feci, e questo ha cambiato la mia vita”.
Tra coloro che sono rimasti rapiti c’è stato – e non possiamo non ricordarlo nel centenario della sua morte – il poeta, il nostro poeta Giovanni Pascoli che qui trovò “Bello e Buono” e qui sul colle della villa di Caprona venne a vivere insieme alla sorella Mariù e il cagnolino Gulì.
“Maria, mia dolce sorella: c’è stato un tempo che noi non eravamo qui? che io non vedevo, al levarmi, la Pania e il Monte Forato? che tu non udivi, la notte, il fruscio incessante del Rio Orso?” con queste parole apriva la nota di prefazione ai Canti di Castelvecchio, raccolti in volume nel 1903. “Sono finalmente nel porto della pace. Che fresco! Che agilità di pensiero! E’ una natura che incanta. Sono pieno di voglia e di buon umore” scriveva agli amici nel 1895 non nascondendo il suo entusiasmo per il suo Eden terreno.
“Qui – scriveva invece il 6 settembre 1828, Heinrich Heine, il celebre poeta tedesco, parlando della sua villeggiatura nella cittadina termale di Bagni di Lucca– ho trascorso il mio tempo più divino. Una valle più incantevole non l’ho mai trovata, specie a guardar sul villaggio dalla terrazza dei bagni alti, cui fanno da sentinella cipressi di un verde cupo. Si vede da qui, un ponte gettato su un fiumicello che si chiama Lima e che, tagliando in due un paese, precipita all’estremità in dolci cascatelle e mormora tra le rocce come se volesse dire le cose più gentili e l’eco tutt0’intorno gli impedisse di prendere parola.”
Un Grand Tour che non si è mai fermato e, anzi, in questi ultimi anni è notevolmente aumentato con molti artisti che hanno deciso di rimanere qui: è il caso di Swietlan Kraczyna che a Barga ha aperto il suo studio di incisioni o Martin Galloway di Chiarart, senza dimenticare, ovviamente, il nostro Keane arrivato alla fine degli anni ottanta a bordo di un sidecar sovietico e mai più andatosene.
Nella solitudine dei piccoli borghi sono, quindi, molti gli artisti che hanno trovato casa. Uno degli ultimi è stato Peppper Pepper un noto e affermato artista americano che dopo aver esposto nelle principali gallerie a stelle e strisce e aver lavorato come graphic designer per blasonate multinazionali, ha deciso ormai da più di due anni, di venire a vivere in Valle del Serchio, nel borgo di Ghivizzano, davanti alla trecentesca torre di Castruccio Castracani. Qui ha aperto un bed&breakfast che sta andando molto bene.
Ma cosa spinge un artista che viveva tra Chicago e New York a venire a vivere in uno sperduto borgo della Media valle del Serchio?
La risposta è nella mostra (di cui qua vi proponiamo le splendide immagini) inaugurata domenica 7 ottobre presso la Sede distaccata del Comune di Coreglia Antelminelli a Ghivizzano in occasione delle Festa di Santa Maria del Rosario, giorno di fiera in paese.
Una piccola (ma intensa) esposizione di 14 scatti raffiguranti quella che lui chiama la “Valle della Luce”. 14 opere, 14 emozioni realizzate con una tecnica eccellente, evocativa, emozionante che arriva diretta al cuore per poi, solo in un secondo tempo, giungere alla mente. Cieco sino all’età di sette anni, Pepper, dopo numerose operazioni, riuscì a trovare la vista. Forse è anche grazie a questo suo periodo di cecità che ora lui vede più degli altri, vede meglio, vede quello che gli altri non vedono, di cui non si accorgono, che sottovalutano.
Arrivato in questa Valle, si è innamorato dei suoi colori, dei suoi paesi, delle sue montagne, dei suoi rumori, delle sue emozioni. E così non ha potuto far a meno di cercare di rendere eterni questi luoghi, queste emozioni, queste ombre, ma soprattutto questa luce che lui definisce così particolare e che ricerca per una migliore riuscita delle sue opere realizzando, sullo stesso soggetto, anche decine di scatti per trovare la giusta illuminazione.
Un lavoro lungo e certosino che va avanti da ormai due anni. Da saggio uomo di cultura ha voluto aspettare il tempo propizio per fare quest’esposizione. Niente fretta. Le cose sarebbero venute da sé. E così alcuni dei lavori sono stati raccolti nella mostra, che rimarrà aperta sino a fine novembre (osservando gli orari dell’ufficio comunale salvo aperture “eccezionali” su richiesta), ha riscosso un notevole successo (anche in tema di vendite). Pepper è stato avvertito dal sindaco Valerio Amadei che alcune foto saranno usate per realizzare il calendario 2013 del “Giornale di Coreglia Antelminelli” rimanendone visibilmente onorato.
Nel giorno di inaugurazione della mostra, inoltre, una notizia importante: una delle foto della mostra è stata scelta per la selezione finale delle opere che andranno a comporre il concorso internazionale New York Photo Show & Festival a Chelsea, New York. Una conferma (anche se non ce n’era bisogno) del grande livello dei suoi lavori, in cui non è caduto nel gioco del già visto, delle patinate immagini buone per le riviste di viaggi o, peggio ancora, nelle tanto alla moda “immagini-cartolina” ma che invece si sofferma su alcuni particolari del Borgo a volte decontestualizzandoli, facendoli divenire altro, con sorprendenti esiti a volte descrittivi a volte minimali, sempre evocativi e particolari.
I cittadini di Ghivizzano più attenti e esperti, magari, sapranno sicuramente contestualizzare alcuni particolari a specifici luoghi fisici. Ecco allora che questa mostra può divenire un (intelligente) gioco. Una caccia al tesoro alla ricerca di quegli angoli magistralmente descritti da Pepper che nella scelta dei soggetti dimostra tutta la sua (grande) sensibilità. Un atto di amore per questo antico borgo.
Pepper è uomo che non rincorre il facile successo, è un umile (come lo sono tutti i veri grandi) a cui non piacciono le luci della ribalta, l’essere al centro della scena ma preferisce la penombra, stare sotto il palco, tra la gente, per poter “impressionare” ogni momento. Proprio per questa sua prosaica pazienza il suo sguardo si è posato su particolari che magari ignoriamo e che, grazie a questa mostra, riscopriamo. Questo è il grande merito dell’esposizione dell’artista americano: farci capire quanto siamo distratti. Quanto a volte disprezziamo o sottovalutiamo le nostre terre. Ci fa respirare donandoci un po’ di pace. Merce rara di questi tempi. Ci fa essere più attenti ci fa guardare con occhi nuovi il borgo (vecchio e nuovo).
Una mostra, quindi, con una funzione catartica da cui si esce inorgogliti, consapevoli della magnificenza del posto in cui viviamo. Pepper ci ha fatto riscoprire la magia che ci circonda, la bellezze dei particolari più insignificanti. Ecco, allora, la risposta all’iniziale domanda sul perché ha scelto di venire a vivere qui! Ci ricorda che il più grande spettacolo è il mondo che ci circonda e ci invita a essere attenti, a osservare, ad amare: ci fa, quindi, apprezzare la vita. Non ci sembra poco per una mostra.