Un reggimento di Cavalleggeri che portò alto il nome della città di “Lucca” a cavallo tra il XIX e il XX secolo sui fronti più caldi e difficili. Un reggimento d’élite che ebbe per tanti anni come sede la ex Caserma Lorenzini in Piazza San Romano a Lucca ora Museo Italiano del Fumetto. Un reggimento dimenticato, quasi rimosso. È solo merito di Bruno Giannoni (che sale spesso a Barga come presidente dell’Historica Lucense) che ha scritto un’interessante e attento volume dal titolo “Il Reggimento Cavalleggeri “Lucca” (16°)” e di Andrea Giannasi (nostro apprezzato collaboratore e animatore della vita culturale locale e non) che ha avuto il coraggio di pubblicarlo. Un coraggio che è stato ripagato con una prima presentazione che ha avuto il “tutto esaurito”: oltre cento persone, una sala piena di pubblico, quasi tutti i volumi della (piccola) tiratura andati esauriti. Questi i risultati della presentazione tenutasi sabato 20 ottobre nella sala conferenza del MUF. Un’ ottimo risultato per un libro doveroso (che sarebbe giusto e interessante presentare anche qui, a Barga) che Giannasi ha fatto bene a pubblicare anche se in alcune parti risente di una scarsa cura editoriale soprattutto dovuta alla mancanza di finanziamenti.
Ma questo difetto diventa, probabilmente, un valore aggiunto: Giannasi ha finanziato il volume di tasca propria, una scelta coraggiosa di questi tempi senza finanziamenti da parte di enti e/o fondazioni. Certo sarebbe stato bello un volume di grande formato cartonato, con immagini in quadricromia stampate su carta patinata ma, per colpa della “vile pecunia”, così non è stato; ma va bene lo stesso, perché come mi spiegava qualche sera fa Giannoni: “per me è importante che costituisca un documento della memoria, quindi conta il “cosa è”; il “come è” è un fatto secondario”. Affermazione sacrosanta.
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“Ringrazio – ci tiene a precisare Giannoni – l’editore Andrea Giannasi di Garfagnana Editrice che ha creduto nella validità del libro e si è assunto tutti gli oneri della pubblicazione, e ringrazio l’Assessorato alla Cultura del Comune di Lucca e il Direttore del Museo Nazionale del Fumetto Nencetti che hanno messo a disposizione la Sala Convegno del Museo-ex Palazzina Comando della Caserma Lorenzini permettendo così che la presentazione del libro potesse svolgersi nel luogo in cui il Reggimento ebbe la sua naturale sede in Lucca.”
“Mi auguro – ha confessato Giannoni – che la “carrellata” che mi sono permesso di fare lungo l’excursus della vita di Lucca possa servire a qualcosa; senz’altro aggiunge niente o poco a ciò che altri, tecnicamente più preparati di me, hanno scritto sull’argomento, ma se questo è utile per riportare, o portare, anche in modo a volte sdrammatizzante, all’attenzione anche dei lucchesi il fatto che la loro città dette il nome ad un reggimento del nostro esercito che fu tra i protagonisti della Storia della nazione e tra le forze che portarono prima alla unità della Nazione e poi al riscatto alla fine della Seconda guerra mondiale, il mio scopo è raggiunto”.
Un’opera che, per volontà dell’autore “non vuole assolutamente essere un’esposizione di taglio storico-militare; i destinatari, nelle mie intenzioni, dovrebbero essere anche coloro che normalmente hanno tra i propri interessi quello di sapere qualcosa di più della propria città e di ciò che vi è avvenuto, senza essere né studiosi né tecnici della materia come non lo sono io”.
Giannoni proprio per questa sua volontà di chiarezza spieghiamo ai lettori: chi erano i Cavalleggeri? “Erano soldati montati a cavallo e inquadrati in Reparti organici a livello di Plotone, Squadrone, Gruppo Squadroni e Reggimento; il compito tattico di questi reparti era – ed è – costituito principalmente dalla effettuazione di operazioni di protezione delle Forze amiche, esplorazione del territorio e disturbo della attività avversaria. Si tratta quindi di una specialità d’Arma dell’Arma di Cavalleria”.
Quando, come e perché nacque il “Lucca”? “Nel 1859, con il Governo Provvisorio della Toscana, si formò a Pisa la Divisione Cavalleggeri Toscana formata da Volontari; il perché il Reparto si fosse formato a Pisa è da ricercarsi nel fatto che c’era il timore di un ritorno del Granduca con Truppe Austriache che potevano cercare di rioccupare le città più importanti (Pisa e Firenze), e la città della torre pendente era facilmente raggiungibile via mare con uno sbarco. Lucca restava più decentrata rispetto ad un disegno tattico che poteva prevedere la rioccupazione del Territorio Toscano; nell’imminenza dell’adesione della Toscana al Regno d’Italia il Governo Provvisorio decise di formare ben 2 Reggimenti di Cavalleria: uno intitolato a Firenze –la Capitale Toscana – e nominato Reggimento Lancieri Di Firenze, e l’altro intitolato a Lucca, già capitale della Antica Repubblica, proprio a onorare questo suo ruolo storico e quindi nominato Reggimento Cavalleggeri di Lucca. All’atto dell’inglobamento nella Armata del Regno, poi Regio Esercito italiano, i due Reggimenti toscani assunsero la numerazione di Reggimento Lancieri di Firenze(9°) e Reggimento “Cavalleggeri di Lucca”(16°)”.
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Quali furono le principali attività del Lucca? “È stato operativo in tutte le Campagne di Guerra che l’Italia ha ritenuto dover affrontare; ha inviato Reparti oltre mare in Cina, in Libia, in Albania e Macedonia. Ha partecipato alla Campagna contro il Brigantaggio nel meridione d’ Italia. Dal 1866 al 1870 il Reggimento effettua attività di pattugliamento lungo i confini “caldi” del nuovo Stato: ai confini con l’Austria – o meglio, ai confini dei territori Italiani ancora occupati dall’Austria – ed infine ai confini nord del Lazio in previsione della unione al Regno dei residui territori laziali dello Stato della Chiesa e della conquista di Roma; è impegnato, dunque, in tutte le operazioni che porteranno ad una continuità territoriale dalle Alpi alla Sicilia dello Stato Italiano”.
Il reggimento fui protagonista di una delle più lontani missioni fatte dal REI? “Sì, in questi primi anni del secolo il Reggimento, esattamente nel 1903, partecipa a quella che è la missione nella parte del mondo più distante dall’Italia per un Reparto del nostro Esercito: nel 1901 la Cina è scossa dai sussulti di una rivolta anti-straniera conosciuta come “Rivolta dei Boxers”; obiettivo della Rivolta è l’affrancamento del Celeste Impero Cinese dall’influenza colonizzatrice dei “Diavoli Stranieri” (giapponesi, italiani, britannici, francesi, tedeschi, statunitensi e via discorrendo); l’Italia ha ottenuto una Concessione (una zona su cui ha piena sovranità) nella Città di Tien-Tsin ed invia un Contingente a garanzia dei propri privilegi territoriali; del Contingente inviato fa, inizialmente, parte un Plotone di Cavalleggeri Roma e dopo due anni di missione sarà sostituito da un Plotone di Cavalleggeri Lucca”.
Quali furono i rapporti del reggimento con la Città? “I rapporti tra il Reggimento e la Città furono improntati subito al reciproco riconoscimento di una certa importante complementarietà, tant’è che le donne lucchesi- con il patrocinio e poi intervento diretto del Sindaco Del Bianco- promossero una sottoscrizione perché la Città potesse donare al Reggimento il primo Stendardo Tricolore di combattimento. Il carteggio completo reperito in Archivio Storico Comunale ci narra tutta la vicenda fino al punto in cui il Ministero della Guerra non autorizza-ed è cosa logica-la utilizzazione di quello Stendardo alla testa del Reggimento, perché ciò è devoluto a quello concesso direttamente dal Re, ma ne autorizza la conservazione a fianco dello Stendardo Reale d’Ordinanza. Secondo il sistema della rotazione dei Reparti sulle varie guarnigioni in atto fino alla fine del XX° secolo, “Lucca” fu di guarnigione in città dal 1870 al 1875 e dal 1903 al 1909, pur conservando sempre numero e nome; in verità non è che fosse fermo negli altri luoghi di guarnigione perché fu perennemente operativo dapprima nel meridione, poi lungo i confini nord orientali, poi nei vari corpi di spedizione oltremare; nelle sue permanenze a Lucca i rapporti ebbero alcune incrinature ,magari per motivi futili, quali la utilizzazione degli spalti per i cavalli o i cavalli malati tenuti al sole alla scesa delle Mura al Pallone, o eterni problemi igienici agli impianti della Caserma, ma tutto sommato nei momenti in cui ci fu bisogno la città riconobbe come “suo” il Reggimento(vedi la raccolta degli aiuti per il terremoto di Messina e Reggio Calabria)”.
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Ci può raccontare cosa successe al reggimento dopo l’addio a Lucca? “Nel 1910 è a Saluzzo dislocando uno squadrone a Cuneo e uno a Fossano a proteggere la Polveriera; 1911, 1912 è impegnato nelle operazioni in Libia (alcuni reparti restarono operativi in Libia fino al 1915); poi la Grande Guerra e lo scioglimento nel 1919. Si ricostituì a Bologna nell’Aprile del 1943 e venne definitivamente disciolto il 14 Settembre del 1943 dopo che aveva bloccato i tedeschi dal mattino del 9 Settembre a Nord di Roma nella zona di Monterosi/Tivoli. Due Cavalleggeri-Muci e Gargantini- si immolarono al Ponte di Valdiano assieme a un Ufficiale e 4 Genieri per far saltare il ponte e bloccare i Tedeschi. Dei due Cavalleggeri non furono trovati i resti per cui non fu assegnata loro la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria come ai Genieri. Il Colonnello Ferulli, allora comandante del Reggimento, fu poi catturato dai tedeschi, torturato e finì assassinato alle Fosse Ardeatine”.
Aneddoti, curiosità… “Occorrerebbe riscartabellare tutte le lettere e cartoline e i fogli e foglietti. Qualcosa a mente e non in ordine temporale. Un Subalterno appassionato collezionista di cartoline scrive all’amico Sottotenente in un altro Reggimento inviandogli una cartolina Reggimentale del “Lucca”-il modello con il cavallo nero di profilo- spiegando in modo dettagliato come sia riuscito a “fregarle” al Maresciallo della Maggiorità che ne teneva chiusa una serie –prima completa – numerata; oppure il Colonnello Comandante che dalla Zona di Guerra nel 1916 scrive una accorata richiesta alla nobile figlia implorando “Perché non scrivi?”; una foto in centro a Lucca in cui alcuni ufficiali subalterni sono vestiti di tutto punto con tanto di sciabola e…bicicletta alla mano, una commovente lettera/cartolina di una ragazza ammalata che è in via di guarigione e scrive al proprio “amico” cavalleggero descrivendogli amorevolmente il proprio stato e il desiderio di rivederlo ma dandogli rigorosamente del “lei”. Più che aneddoti e curiosità credo che la lettura delle cartoline, dei documenti, delle lettere ci mostri uno spaccato della società antica che ruotava attorno a questo nostro Reggimento”.
Perché ha deciso di scrivere questo libro? “Inizialmente non stavo cercando di fare niente del genere; visto che mio padre era stato Sergente presso la Scuola AUC di Artiglieria di Lucca dal 1939 al 1942 cercavo le tracce di questa Scuola per mettere in ordine dei ricordi familiari. Di quello non ho trovato nulla ma ho iniziato a trovare tracce sparse di questo Reggimento e mi sono incuriosito; un ulteriore incentivo a proseguire la ricerca è stata la considerazione che Lucca ha fermato la propria storia al periodo di Elisa Baciocchi e si è defilata, almeno nella coscienza degli abitanti, da tutta la fase storica del Risorgimento e della Grande Guerra. Lucca ha messo in sordina anniversari importanti e personaggi quali Tito Strocchi, o i volontari delle 5 Giornate di Milano preferendo concentrare la propria memoria comune su un passato remoto, importante quanto si vuole, ma che non può essere posto al di fuori di una linea di continuità che giunge fino all’oggi. E il Reggimento “Cavalleggeri di Lucca”(16°), la sua storia e il suo ricordo fanno parte di questa “linea di continuità” che io credo sia da ripristinare nel comune sentire della gente”.
Anche perché il 16° è un reggimento dimenticato… “Sì, il nostro 16° Lucca rischia di restare un Reggimento eternamente dimenticato: Lucca lo ha dimenticato da quel 1909 in cui festeggiò i suoi 50 anni di vita al Servizio dell’Italia. Passò in silenzio , anche, il Centenario nel 1959.” Com’è andata, invece, la ricorrenza del centocinquantesimo nel 2009? “Con la collaborazione della Provincia di Lucca e dell’UNUCI Lucca, con la partecipazione della Professoressa Sodini, del Tenente Colonnello Biondi della Folgore, io e il Tenente Ghizzardi di UNUCI Lucca siamo riusciti a mettere in piedi un convegno presso il Palazzo Ducale che è stato l’unico atto di memoria del 150° anniversario del Reggimento che sia mai stato fatto: un paio di brevi articoletti sui giornali locali, un depliant stampato a cura della Provincia, il Rappresentante della Provincia e del Prefetto al tavolo che fecero il loro intervento istituzionale, l’amministrazione Provinciale offrì un rinfresco agli intervenuti e così si chiuse il tormentone di questo rompicoglioni di Reggimento che per forza voleva uscire dallo stato di fantasma in cui era stato cacciato a forza”.
Sono state apposte targhe in ricordo, gli sono state dedicate vie o piazze? “No: non una targa o una scritta ricordano “Lucca”: solo due cippi dei due eroi sacrificatisi nel 1943 contro le truppe tedesche ricordano nel Sacrario di Monterosi il Reggimento a cui Lucca ha dato il nome ma da cui Lucca ha ricevuto una storia scritta al servizio dell’Italia. Per inciso: il Reggimento fu sciolto nel 1919 e ricostituito nel 1943 in tempo per compiere uno dei primi atti della Guerra di Liberazione. Il Reggimento non esisteva non esisteva nel famoso “ventennio” e non venne contaminato dal fascismo. Può dirvi niente questo?”
Come si è organizzato per realizzare il libro? “Non ho seguito alcuno schema logico; ho scelto dei posti in cui andare e che fossero anche di facile accesso e contatti da cui avere notizie sicure; ho avuto la fortuna di imbattermi per caso in persone quali il Generale di Cavalleria a Riposo Rodolfo Puletti di Firenze, Ex Direttore dell’Ufficio Storico di Stato Maggiore Esercito, che mi ha aperto il suo archivio. Poi Internet – su cui ho acquistato materiale e scaricato foto e documenti sparsi per ogni dove – , la Rivista di Cavalleria dell’ANAC(Associazione Nazionale Arma di Cavalleria), libri, vecchi quotidiani, un collezionista come il signor Dell’Osso. Li ho citati tutti in fondo al libro per ringraziarli. Ma la attività più produttiva è stata la consultazione dei documenti presso l’Archivio Storico del Comune dai quali è emerso l’episodio all’origine della storia “lucchese” del Reggimento “Lucca”: il dono dello Stendardo di Combattimento da parte delle Donne Lucchesi: un atto che , al di là delle facili dicerie che tutti i giorni svolazzano in aria, assume un valore simbolico importantissimo per il legame della città e dei suoi cittadini con il Risorgimento e la Storia nazionale fino ad oggi. Il libro è nato da 5 faldoni di documenti disorganizzati messi in fila e trasformati in parole sensate sulla carta solo per un fatto istintivo”.
Dopo quella di Lucca ci saranno altre presentazioni? “Penso proprio di sì, per un paio di buoni motivi: parlare del libro è parlare di una pagina di Storia dimenticata collegata alla città di Lucca inserita nello scenari più grande della Storia Nazionale; parlare del libro è un incentivo a far sì che l’Editore possa anche recuperare quanto investito nella pubblicazione. Non dobbiamo essere ipocriti e credere che tutto sia dovuto e che tutti i salmi debbano finire in gloria, credo! Se possibile mi piacerebbe riproporlo a Lucca in altro ambiente, so che l’Editore voleva proporlo a Barga e Castelnuovo, la Presidentessa della Associazione Nazionale Volontari e Reduci Garibaldini di Firenze mi ha chiesto se possiamo presentarlo presso di loro; io sono in pensione, la cosa mi pare seriamente piacevole, per cui…”
Ha dei progetti futuri? “Non vorrei atteggiarmi a “scrittore” ma ho già pronto un libro che condensa in un “viaggio” in Istria, Fiume e Dalmazia: una serie di “incursioni” fatte anni fa sull’altra sponda dell’Adriatico. Mia moglie proviene da Fiume e ho provato a buttar giù una esperienza condivisa, una interpretazione mia dei suoi ricordi, un’avventura storico-turistica che ha dei punti purtroppo tragici ma anche delle scenette leggere, come si addice a una avventura di due maturi “gigioni” che se ne vanno a zonzo lungo la costa alla ricerca di impressioni nuove e ricordi vecchi. Poi se mi piglia la voglia chissà! Ho riempito pagine di roba da quando andavo a scuola, ho pubblicato qualcosa di tecnico sulle balestre e artiglierie in una rivista tedesca del settore, ma scrivere non è mai stato un fine per pubblicare, ma solo un mezzo per non scordarmi cose, idee e esperienze. Per fare le cose occorre il tempo giusto e che il caso voglia fartele fare. Le forzature non portano lontano. Inoltre non si intraprendono carriere da vecchi: al massimo si fissano dei ricordi per condividerli, se si vuole”.