Una fabbrica, una Valle. Potrebbe essere riassunta in questa dicotomia la storia della Manifattura tessile Valserchio di Castelnuovo di Garfagnana. Una fabbrica, anzi, “la Fabbrica” che ha dato lavoro a tanti, segnando, positivamente, lo sviluppo della città garfagnina e non solo. Quella della Valserchio è la storia di una fabbrica e di una comunità, quindi. Una storia molto lunga: oltre cento anni: dalla fine dell’Ottocento al penultimo decennio del “secolo breve”.
Una storia che ora rivive in un poderoso libro piene di notizie, dati, documenti, ma anche testimonianze: “La manifattura tessile Valserchio di Castelnuovo di Garfagnana – storia di una fabbrica e di una comunità”. Realizzato e curato, in maniera certosina, da Guido Rossi ed edito nella valida collana Banca dell’Identità e della Memoria voluta e sostenuta dall’Unione dei Comuni della Garfagnana e dalla, lucchese, Maria Pacini Fazzi.
Il volume è stato presentato sabato, presso il Teatro Alfieri di Castelnuovo, nel corso di un evento condotto dalla giornalista Barbara Pavarotti (giornalista del TG5) a cui hanno preso parte (oltre all’Autore, al Sindaco Gaddo Gaddi e al Presidente dell’Unione Comuni Garfagnana Mario Puppa), il noto gastronomo Beppe Bigazzi (ex dirigente GEPI), il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca Arturo Lattanzi, il Presidente dell’Associazione industriali di Lucca Cristina Galeotti, il Consigliere incaricato di Confindustria Toscana per Made in Italy Riccardo Marini e molti protagonisti del mondo del lavoro e della produzione.
“In un’epoca in cui precarietà e difficoltà occupazionale sono all’ordine del giorno, ricostruire le vicende che hanno interessato la principale azienda di Castelnuovo ci è sembrato importante anche come chiave di lettura del presente” hanno affermato la curatrice della Collana, Patrizia Pieroni, e il Direttore Francesco Pinagli.
[wunderslider_nggallery id=”2527″]
“Dall’analisi delle vicende che hanno coinvolto la Valserchio – hanno continuato – emerge come la nostra zona sia stata all’avanguardia, come dimostrato in primis dall’utilizzo dell’energia elettrica in notevole anticipo rispetto ad altre realtà. Un primato che dimostra come la Garfagnana possa competere a vari livelli superando anche grazie alla tecnologia i suoi storici problemi di occupazione”.
Un’analisi accurata e minuziosa quella di Guido Rossi che, come sottolinea Mario Puppa nella sua premessa al volume, “con passione e pazienza ha raccolto una mole di notizie e documenti veramente considerevole” anche integrandole con “le testimonianze di tanti ex dipendenti che hanno contribuito alla realizzazione di un volume che della coralità fa il suo punto di forza”.
Esono proprio queste le sensazione che il lettore ha nell’approcciarsi al volume di Rossi che, nelle oltre quattrocento pagine (fitte di notizie e documenti), racconta la parabola dell’azienda tessile che fu àncora di salvezza per centinaia e centinaia di garfagnini e garfagnine che nella fabbrica trovarono stabilità e crescita professionale che gli permise di rimanere nelle loro terre senza emigrare in terre lontane.
Un’opera che, però, nonostante le conoscenze e i documenti dell’autore, non è stata facile da realizzare, infatti, come spiega Rossi: “purtroppo la documentazione sui prima anni della fabbrica fu brutalmente bruciata dalla soldataglia tedesca”. Un lavoro, quindi, diventato faticoso e difficile per un libro che Rossi (dipendente per molti anni della fabbrica) aveva nel cassetto da molto tempo. Spiega, infatti: “In questi anni mi sono ripromesso più volte di scrivere la storia dello stabilimento ma vuoi per pigrizia vuoi per la complessità dell’evento ho sempre rimandato. Quando, però, ho saputo che l’Amministrazione comunale aveva deliberato di abbattere l’antico complesso industriale per riqualificare l’area con altre strutture pubbliche e private ho preso il coraggio a quattro mani e mi sono finalmente deciso a completare le ricerche d’archivio: non volevo svanisse per sempre la memoria di una manifattura che nel corso della sua lunga attività produttiva ha garantito il ‘pane quotidiano’ a migliaia di persone, me compreso”.
Così, grazie ai suoi ricordi ed esperienze e a un lungo lavoro di ricerca, Rossi è riuscito a realizzare un’opera che parte dalla nascita dell’opificio per “la lungimiranza e la capacità imprenditoriale” del conte Luigi Carli (nel 1883) per, poi, raccontare il passaggio all’affittuario Francesco Boggio, a Nardini e Barsotti, a Diego Sala, a Marino Capedelli, Bertagni fino al “periodo Guido e Arturo Robino” quando la Valserchio andava “a tutto vapore, ma con tanti problemi e contestazioni”.
Rossi prende, inoltre, in esame i vari periodi storici della fabbrica (senza, veramente tralasciare niente): dal fascismo alla guerra (durante la quale la fabbrica riportò gravissimi danni a seguito dei bombardamenti), dal boom economico al fallimento (e la conseguente grave perdita di bel 300 posti di lavoro) avvenuto nel 1981 che portò all’intervento della GEPI che presentò la propria offerta per rilevare lo stabilimento per insediare la costituenda società “Nuova Manifattura tessile Valserchio”.
Una vicenda tormentata, quella degli ultimi anni della Fabbrica, che, negli ultimi anni, ebbe numerosi passaggi di proprietà prima della chiusura e della demolizione dell’antico complesso industriale.
Ma Rossi ripercorrendo la storia della fabbrica (volontariamente o no), ripercorre la storia del suo territorio.
Ad esempio, infatti, accanto alla scrupolosa descrizione del sistema organizzativo interno alla fabbrica, all’impianto e alle nuove linee produttive, un capitolo è dedicato alla Comunità di Castelnuovo nel 1885, fotografata attraverso l’analisi di un “Questionario per l’inchiesta sulle condizioni igienico-sanitarie dei Comuni del regno”: una comunità che vediamo interamente dedita alla pastorizia e all’agricoltura, formata da 2218 maschi e 2530 femmine.
Col modificarsi e il crescere della Fabbrica, così, seguiamo l’evolversi della città garfagnina. “La storia dello stabilimento, infatti, è strettamente legata a quella della città” come ha voluto ricordare il sindaco Gaddi
La fabbrica tessile ha influenzato particolarmente la vita dei castelnovesi. Per cento anni i miglioramenti socio economici sono andati di pari passo con quelli della fabbrica.
“Sulla storie della Valserchio- ci tiene a precisare Rossi- pesò, però, un isolamento geografico dovuto all’estrema lontananza dai grandi centri cotonieri e dalle grandi vie di comunicazione che condizionò costantemente l’economia dell’azienda”.
Ma ripercorrere la storia di un industria non significa soffermarsi solo sugli aspetti produttivi e tecnologici, ma, vuol dire far emergere situazioni sociali e sindacali, oltre che di rivendicazione di diritto e sicurezza sul lavoro e profondi mutamenti socio-economico-industriali.
Rossi, racconta la situazione socio economica e gli infortuni e malattie professionali, come la composizione macchinari e il cameratismo, la solidarietà, il profondo attaccamento alla fabbrica di Maestranze che facevano bene e con onore il proprio lavoro per una fabbrica che aveva si una ferrea disciplina, ma lasciava però un certo margine di libertà.
Parallelamente alla fabbrica si concretizzò, anche, la conduzione dell’Officina elettrica che pur essendo parte integrante della fabbrica mantenne una propria autonomia produttiva e gestionale: tutta l’energia eccedente al consumo interno della fabbrica veniva utilizzata per illuminare, attraverso apposite linee privilegiate, tutte le vie le pubbliche vie e le civili abitazioni del centro di Castelnuovo e poi le abitazioni delle frazioni. Un servizio efficiente e pionieristico per i tempi che solo pochissime comunità della penisola potevano vantare. Riprova della modernità portata dalla Fabbrica che ancora a Castelnuovo ricordano con affetto come ha dimostrato il successo della presentazione.