Spedizione in Alto Dolpo di Danilo Musetti e del Cai Garfagnana “Roberto Nobili”.
Eravamo rimasti al 18 ottobre con l’arrivo dei nostri a Rapka. Siamo stati fermi per un po’ a causa dei problemi di comunicazione e collegamento con quelle remote regioni. Ma ora ripartiamo per raccontarvi tutta l’ultima parte della spedizione prima di intervistare Danilo.
La mattina del 19 i nostri sono partiti per una marcia di 7 ore per un totale di 19 km, in un freddo pungente, lasciandosi alle spalle il villaggio di Tinjegaon mentre riceve i primi raggi di sole, i tetti delle case fumano di sterco bruciato per cuocere l’orzo e preparare la “tzampa”.
Lungo tutto il percorso che saliva ameno, lungo il fiume, un solo incontro: una tenda di pastori nomadi ed una carovana di yak. Accampati a 4500 metri di quota, in una bella radura, nei pressi di un fiume ricco di acqua, durante la notte la temperatura è scesa molto fino ad arrivare a 11° sotto zero.
“La mattina ci siamo svegliati con uno strato di ghiaccio che ricopriva l’interno. Il freddo intenso ha inoltre reso complesso il guado del fiume che è stato effettuato a piedi nudi”.
Dopo due ore di buon passo sono arrivati Chharka dove hanno potuto ammirare, aggirandosi tra le case in pietra, gli abitanti autoctoni intenti a fare le loro faccende autunnali.
All’imbrunire hanno preparato il campo tendato appena fuori dal gruppo di case, in un campo terrazzato dove viene coltivato l’orzo che era stato tagliato e battuto pochi giorni prima.
Il giorno dopo il gruppo si è diviso ulteriormente: 4 compagni d’avventura: Paolo, Donatella, Milena e Achille, hanno preso la via per Jomson passando per Sangda-La. Rifletteva quel giorno Danilo: “Davanti a noi invece ancora 13 giorni di cammino attraverso splendide ed impervie montagne. Risalito per un breve tratto il Tulsi Khola e poi seguendo la valle che piega a sinistra hanno cominciato a seguire il Nakkem Khola. Fin da subito è stato chiaro che quasi nessuno utilizzava questo itinerario, nemmeno i locali: “non c’erano tracce evidenti da seguire e nessuna orma di animale o uomo sembrava esservi passato da tempo”.
“Siamo di fatto entrati sulla “Via degli Spiriti”. I locali non permettono a nessun forestiero di percorrere questo itinerario in direzione del Ghami-La fino a quando il raccolto non sia al sicuro. Anche la nostra guida, originaria di Shimengaon, a soli 3 giorni di cammino, non conosce la valle che iniziamo così ad esplorare con attenzione”.
Il 22 ottobre una notte a meno 15 che ha fatto ghiacciare l’affluente che i nostri dovevano guadare.
“Si tratta di un affluente del Nakkem Khola che è quasi coperto dal ghiaccio, sufficiente per scivolare o tagliarsi, troppo sottile per reggere il nostro peso. Troviamo un punto che sembra meno impossibile e non appena passati realizziamo che sarà improbabile che i portatori possano fare altrettanto.
Continuiamo lungo il corso del fiume principale anch’esso semi gelato cercando di capire quale possa essere la valle di destra che dovremo risalire. Abbiamo una carta che ovviamente non è sufficientemente dettagliata per aiutarci, tutte sembrano possibili ma solo una ha una via di uscita attraverso un passo le altre si perdono tra montagne di 6/7000 metri!
I portatori come previsto non arrivano e allora decidiamo di accamparci lungo la valle principale e di procedere scarichi all’esplorazione per identificare quale valle conduce al passo verso il Mustang. La nostra guida Karma parte di gran lena e prima di sera rientra convinto che l’indomani entreremo in Mustang. Un vento teso e ghiacciato risale la valle mentre le cime verso Nord vengono illuminate dalla luce radente della sera. A 3 ore di cammino c’è il Tibet”.
Il giorno seguente dopo una mezz’ora di salita ripida ecco aprirsi la valle che conduce al passo, una vasta distesa di sassi e pochi tratti di pascolo, davanti a Musetti 2 cime di oltre 6000 metri e nel mezzo, tra enormi massi, il passo che permette di arrivare in Mustang.
“Nessun mulo o yak credo possa attraversare questo valico, da qui forse deriva la scelta degli abitanti dei villaggi vicini di dedicarlo agli “Spiriti” in cambio della loro protezione sul raccolto. Forse è questa la ragione che rende intransitabile molti mesi l’anno un passo poco appetibile alle carovane commerciali”.
Dopo aver camminato per ore lungo una vera e propria valle glaciale, dopo 10 km ecco le pareti a strapiombo e forre che segnano l’inizio della valle fluviale. “In riva al fiume abbiamo piazzato le tende all’imbrunire, siamo ancora a 4900 metri di quota”.
Il 24 ottobre Danilo annotava nel suo diario:“Il clima sembra stia cambiando, per la prima volta la nebbia impedisce di vedere il cielo azzurro sopra di noi, il passo è alle spalle ma la parte più impegnativa della discesa verso il Mustang è ancora da affrontare”.
Il mattino seguente lasciando il tranquillo villaggio di Ghemi il gruppo ha superato un piccolo passo dal quale al vista spazia su un ampia valle contornata da rocce rosse e gialle. In breve hanno raggiunto l’antico Gompa di Lo-Ghyekar, la cui visita al suo interno lascia a bocca aperta per le pitture e le sculture che arricchiscono le due stanze.
Il 26 ottobre hanno proseguito in direzione Nord-Est risalendo una valle piuttosto anonima fino a quota 4260 mt con belle vedute sul gruppo degli Annapurna. Lo-Manthang appare da lontano sovrastato da montagne multicolori ed un cielo blu intenso.
Le dimensioni della capitale del Regno del Mustang sono piuttosto contenute, all’interno delle mura cittadine bei vicoli tra abitazioni, monasteri e la piazza su cui si affaccia il palazzo reale.
Un imponente portone e due grandi rulli di preghiera portano al di fuori dell’antica cinta muraria, dove transita una strada che collega Lo-Manthang con la bassa valle del Kali Gandaki da un lato e arrivando fino al Tibet dall’altro. Non si vedono però jeep o altri mezzi a motore fatta eccezione per alcune motociclette.
Il 27 i nostri hanno seguito la strada verso il Tibet per circa 30 minuti per poi superare un ponte sospeso metallico che conduce ad un piccolo agglomerato di case bianche, da lì procediamo lungo la sponda sinistra del fiume incontrando alcune abitazioni tradizionali lungo il sentiero.
28 ottobre: “Iniziamo il cammino verso Sud lungo un itinerario che in 6 giorni ci riporterà a Jomsom”.
Dopo circa mezz’ora lungo la strada carrozzabile hanno raggiunto il Lo-La, un groviglio di bandierine colorate che spandono preghiere al vento, sullo sfondo le case bianche ed il gompa rosso di Lo-Manthang incastonato nel paesaggio.
Poco dopo il passo hanno preso un sentiero sulla sinistra dove è iniziato uno spettacolare percorso tra rocce multicolori e profonde valli scavate da chissà quali antichi fiumi oggi quasi scomparsi.
“In lontananza dominavano l’orizzonte il Daulagiri da una parte e l’Annapurna dall’altra. Dal passo si gode di una splendida vista su un intreccio di canyon colorati, poi una ripida discesa conduce al villaggio di Dhigaon che dall’alto regale disegni geometrici di tetti bianchi e appezzamenti coltivati, la verde chioma di un albero contrasta con il bruno della terra dopo il raccolto.
Uomini e donne rientrano dai campi, le capre ai loro ovili, una luna piena sorge dietro ad un chorten schiarendo il buio profondo della notte himalayana. Cala il silenzio che verrà interrotto solo dal latrato dei cani”.
Il 29 hanno risalito la valle e la quota guadagnata gli ha regalato splendide vedute sul Daulagiri. In un paio di ore hanno raggiunto da prima un piccolo villaggio, poi alcune rovine.
“Il pomeriggio seguente una lunga salita di oltre 650 metri di dislivello. Servono quasi 2 ore per raggiungere il passo da cui per sentieri aerei e vasti altopiani si arriva allo splendido villaggio di Tangge.
Dall’alto il bruno dei campi coltivati ed il grigio dell’ampio greto del fiume sono ravvivati dal bianco delle case e dal rosso degli stupa che svettano numerosi nel villaggio, è questa la meta di una splendida giornata himalayana”.
Sono gli ultimi giorni della spedizione, piano piano, lentamente, il paesaggio cambia, si fa meno aspro, meno solitario, ma anche meno sacro anche se rimane intatta la spettacolare bellezza però, ha ormai poco senso voler percorrere a piedi questa parte dell’itinerario ove è invece possibile noleggiare una jeep e raggiungere agevolmente in poco più di un’ora Jomsom.
“La soddisfazione di raggiungere a piedi Kagbeni, la porta dell’Alto Mustang, partendo da Juphal 29 giorni prima, è stata grande. Abbiamo effettuato una splendida traversata, attraverso un’Himalaya meno nota ma straordinariamente carica di fascino, tradizioni e cultura tibetana”.