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Pascoli and prizes at the chocolate festa

There was a small ceremony towards the end of the second day of Barga Cioccolata 2012  which almost dropped under the radar for many of the people flocking to the chocolate festival but which was no less important due to its brevity.

There was a competition for all of the chocolate makers attending the event  entitled “Romagna omaggio alla sua terra natia”  and which obviously referred to Pascoli.

In what was  probably one of the last Pascoli events this year, three  chocolate makers produced objects in chocolate and put them out on display to be judged for the prize.

To help jog the memory of the small crowd in Piazza Salvi, there  was Graziella Cosimini on hand  who read out Pascoli’s famous poem, Romagna  a Severino  (which can be heard in full below)

Then it was time to choose  just who it was who would win this year’s prize –  the gold medal.

According to the judges thelevel of participation was so high that it was impossible to distinguish an outright winner and so three medals were awarded to the three chocolate makers – Pasticceria Fratelli Lucchesi, Barga – Cioccogelateria Theobromata, Fornaci di Barga and Pasticceria Oasi Dolce, Empoli

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La Romagna di Giovanni Pascoli

ROMAGNA
a Severino

Sempre un villaggio, sempre una campagna
mi ride al cuore (o piange), Severino:
il paese ove, andando, ci accompagna
l’azzurra vision di San Marino:

sempre mi torna al cuore il mio paese
cui regnarono Guidi e Malatesta,
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta.

Là nelle stoppie dove singhiozzando
va la tacchina con l’altrui covata,
presso gli stagni lustreggianti, quando
lenta vi guazza l’anatra iridata,

oh! fossi io teco; e perderci nel verde,
e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie,
gettarci l’urlo che lungi si perde
dentro il meridiano ozio dell’aie;

mentre il villano pone dalle spalle
gobbe la ronca e afferra la scodella,
e ‘1 bue rumina nelle opache stalle
la sua laborïosa lupinella.

Da’ borghi sparsi le campane in tanto
si rincorron coi lor gridi argentini:
chiamano al rezzo, alla quiete, al santo
desco fiorito d’occhi di bambini.

Già m’accoglieva in quelle ore bruciate
sotto ombrello di trine una mimosa,
che fioria la mia casa ai dì d’estate
co’ suoi pennacchi di color di rosa;

e s’abbracciava per lo sgretolato
muro un folto rosaio a un gelsomino;
guardava il tutto un pioppo alto e slanciato,
chiassoso a giorni come un biricchino.

Era il mio nido: dove immobilmente,
io galoppava con Guidon Selvaggio
e con Astolfo; o mi vedea presente
l’imperatore nell’eremitaggio.

E mentre aereo mi poneva in via
con l’ippogrifo pel sognato alone,
o risonava nella stanza mia
muta il dettare di Napoleone;

udia tra i fieni allor allor falciati
da’ grilli il verso che perpetuo trema,
udiva dalle rane dei fossati
un lungo interminabile poema.

E lunghi, e interminati, erano quelli
ch’io meditai, mirabili a sognare:
stormir di frondi, cinguettio d’uccelli,
risa di donne, strepito di mare.

Ma da quel nido, rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno nero;
io, la mia patria or è dove si vive:
gli altri son poco lungi; in cimitero.

Così più non verrò per la calura
tra que’ tuoi polverosi biancospini,
ch’io non ritrovi nella mia verzura
del cuculo ozïoso i piccolini,

Romagna solatia, dolce paese,
cui regnarono Guidi e Malatesta;
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta.

Giovanni Pascoli – Myricae – Ricordi di Romagna

 

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