Negozi chiusi, centinaia di lavoratori in corteo e poi in piazza per dire no agli esuberi annunciati da KME e soprattutto alla chiusura del forno Asarco di Fornaci, uno degli storici forni di produzione dello stabilimento metallurgico di Fornaci, in grado di produrre 700 tonnellate di rame al giorno. Una chiusura considerata come l’anticamera della dismissione dell’intera fabbrica di Fornaci, come è stato più volte affermato durante il comizio finale, dopo il corteo che per un paio d’ore ha interrotto il traffico lungo via della Repubblica.
Così in sintesi la manifestazione di protesta indetta per stamani a Fornaci dai sindacati.
Tutto si è svolto senza problemi e con ordine, ma il nervosismo tra i lavoratori comincia a sentirsi in modo abbastanza tangibile ormai e non sono mancati tanti duri slogan durante il corteo.
Alla manifestazione di protesta, hanno preso parte circa 6-800 persone che hanno prima sfilato lungo il paese e poi si sono ritrovate in piazza IV Novembre dove tante parole dure sono state rivolte alla dirigenza del gruppo KME per una operazione che i sindacati hanno ribadito, essere inaccettabile. C’erano tanti lavoratori di KME in sciopero, ma anche le rappresentanze sindacali di tanti stabilimenti della Valle. Con loro anche i politici locali, a cominciare dal presidente della provincia, Baccelli, dal sindaco di Barga Marco Bonini insieme a tanti esponenti dei comuni della Valle, dall’on. Raffaella Mariani, dai consiglieri regionali Remaschi e Pellegrinotti ed i presidenti delle due Unioni dei Comuni. C’erano anche i commercianti di Fornaci che in segno di solidarietà stamani hanno lasciato le serrande chiuse ed hanno partecipato alla manifestazione. Il tutto in una Fornaci plumbea, sferzata da un vento gelido e sotto un cielo cupo, ma dove soprattutto l’atmosfera era resa particolarmente grigia e foriera di tempesta dalla preoccupazione di tutti.
[dw-post-more level=”1″] Emblematiche le parole pronunciate in piazza, nel comizio finale da Giacomo Saisi in rappresentanza della UIL, che riferendosi alla trattativa in corso con KME (per il prossimo 28 gennaio è previsto il nuovo incontro con i sindacati a Firenze ndr) ha detto: “come coordinamento di FIOM – FIM e UILM se l’azienda confermerà la volontà di chiudere il forno di Fornaci annunciamo che non ci sarà spazio per nessuna trattativa. Se noi non ci opporremo con tutte le forze alla dismissione di questo impianto vuol dire che dovremo poi affrontare la sistematica ma sicura chiusura dell’intera fabbrica in futuro”.
“Sarà una vertenza lunga – ha aggiunto anche Massimo Braccini della FIOM di cui sotto potete ascoltare anche un’intervista – continueremo gli incontri con l’azienda ma nel frattempo porteremo avanti anche altre iniziative: mobilitazioni, scioperi straordinari e altre manifestazione saranno sicuramente programmate. L’intento è in tutti i modo difendere le nostre produzioni ed impedire il loro trasferimento all’estero.
Del piano industriale di KME non se ne vede l’economicità, per questo è molto contestato; non è neppure credibile sul piano tecnico: si afferma di disinvestire in Italia per dare stabilità futura; questo per noi è incomprensibile, come è inaccettabile che ci si venga a dire che il forno anche se verrà chiuso potrebbe poi essere riaperto. Ci stanno prendendo in giro. Non possiamo permettere che il lavoro venga sviluppato in Germania”.
Per Cinquini della UILM “della vicenda se ne deve fare carico anche il Governo nazionale perché qui è a rischio tutta la produzione italiana del gruppo oltre che il più grande stabilimento di KME che è a Fornaci”.
httpv://youtu.be/vnpPWKF7Efo
Attacchi poi alle scelte del gruppo che guida KME, ad una vicenda troppo pilotata da interessi finanziari e dalle banche, è stato detto, ma anche ai dirigenti: “qui gli unici veri esuberi sono rimasti all’interno della direzione” è stato affermato da Claudio Capitani della FIOM. Ma forse le parole più pesanti sono state quelle espresse da Emilio Cecchini.
Per tutti i sindacati comunque, il piano industriale è una faccenda assurda per i costi del lavoro, e perché se si smantella il forno più grande vuol dire che si metterà in ginocchio i reparti di laminazione in un anno, ma in generale tutta la produzuione italiana . L’emergenza non è solo per 142 persone, ma c’è anche l’indotto e quindi un gran numero di persone coinvolte. I sindacati parlano in realtà di 1500 esuberi e c’è il rischio che dopo la chiusura del Forno, lo stabilimento di Fornaci si svuoti in soli 36 mesi”.
Durante il comizio finale le istituzioni non hanno preso la parola al comizio (e questo è stato motivo anche di una piccola contestazione), ma anche per i rappresentanti istituzionali a questo punto è necessario l’intervento del Governo.
“Non possiamo che lamentare un senso di impotenza come enti locali – ci ha detto il presidente della Provincia Baccelli – Qui è partita una guerra che riguarda gli stabilimenti in tutta Europa per cui è difficile pensare di avere autorevolezza come interlocutori locali. Se ne deve occupare il Governo nazionale. Se il ragionamento è anche la chiusura delle produzioni in Francia e l’ipotesi del trasferimento del lavoro con centinaia di TIR dalla Germania a Fornaci mi pare evidente non una logica industriale razionale; che rende legittime le preoccupazioni su una volontà di dismissione. E’ ovvio quindi che abbiamo bisogno di intervento del Governo per cercare di recuperare un buon senso ed un consolidamento della realtà produttiva a Fornaci. Tutti noi ci stiamo muovendo proprio su questa strada”.
Si è detto molto preoccupato anche il sindaco di Barga, Marco Bonini. “Questa è una crisi importante che riguarda tutta la Valle.
Il piano industriale prevede un consistente numero di esuberi, ma soprattutto la dismissione di questo importante forno con il trasferimento della produzione dalla Germania.
L’operazione colpisce a cuore lo stabilimento di Fornaci di Barga e non solo quello. Credo che la posizione di KME possa e debba essere rivista e noi dobbiamo fare il possibile per arrivare ad una soluzione che sia almeno più leggera rispetto alle prospettive che sono state presentate”.
Anche di Bonini potete ascoltare l’intervista rilasciataci subito dopo la manifestazione.
Dopo la protesta ora la parola torna alla trattativa tra sindacati e KME per il prossimo 28 gennaio, con la speranza vera e di tutti che anche il Governo si inserisca in una vicenda davvero preoccupante e possa portare elementi utili a sbloccare una trattativa che per il momento vede su posizioni molto distanti sindacati ed azienda.
Intanto sulla vicenda KME ha inviato alla stampa una notga anche l’on. raffaella Mariani, presente stamani a Fornaci: “Individuare con urgenza ogni strumento negoziale a livello nazionale per garantire la permanenza delle produzioni del rame in Italia, assumere iniziative per una gestione efficiente della crisi occupazionale e attivare il confronto con la dirigenza del gruppo Kme”.
Sono queste le richieste che l’onorevole ha rivolto ai ministri dello sviluppo economico e del lavoro nell’interrogazione parlamentare sulla situazione degli stabilimenti Kme. Mariani sottolinea che, “se la difficile congiuntura economica ha senz’altro influito negativamente su settori di riferimento della produzione di Kme, alcune delle indicazioni del piano di ridimensionamento occupazionale appaiono contraddittorie e disegnano prospettive preoccupanti per la continuità produttiva degli impianti italiani”. In particolare, continua la parlamentare Pd “l’annunciata chiusura del forno comprometterebbe irreversibilmente tutto il processo produttivo degli stabilimenti del gruppo nel nostro Paese, trattandosi del più grande forno in rame presente in Italia”. Per questo, conclude Mariani “è indispensabile l’impegno di tutti, dal governo alle istituzioni locali, che coinvolga azienda e sindacati per evitare con ogni mezzo un ulteriore, grave colpo all’occupazione nella Valle del Serchio con la perdita di produzioni di qualità storicamente legate al nostro territorio e di una realtà produttiva importante nell’intero panorama nazionale”.
(interviste e contribnuti audio di Maria Elena Caproni)
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