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Remembering Sergio Fini by Gian Gabriele Benedetti

La poesia di Sergio Fini

La poesia di Sergio Fini si rivela autentico messaggio umano e letterario, dove il senso dell’uomo così forte si lega perfettamente ad un’assoluta purezza percettiva.

Il poeta, pur attraverso il peso di certe amare consapevolezze, dall’alto dell’avventura del suo essere schietto, osserva se stesso e gli altri, analizza la realtà, il mondo, nelle sue significazioni positive e nelle sue grandi contraddizioni, e tutto ciò che gli appartiene o lo circonda con sapiente, intensa lucidità d’indagine. La sua ricca perspicacia e la sua grande sensibilità di artista a tutto tondo divengono pennellate di luce netta e vitale, si fanno riflessione oggettiva e contemporaneamente dialogo poetico, volto a dire e a dirsi, a raccontare agli altri ed a parlare a se medesimo. Ne consegue una liricità che si palesa come narrazione composita, ampia, articolata, che possiamo paragonare ad un esteso terreno fertile e benefico. Terreno capace di porgerci i contenuti di un impegno serio e responsabile ad essere noi stessi, a non perdere la vocazione di uomini, a saper apprezzare sino in fondo ogni più piccolo segno, che possa illuminare ed anche dominare l’intero paesaggio umano ed esistenziale.

In questo senso sgorga una sorgente salutare e ricca di parole significanti, di immagini d’autentico sigillo qualitativo, di emozioni vive, di sensazioni istintive e speculative, da cui affiorano pensieri profondi quanto l’uomo, interrogazioni accorate, stupori incantati, riflessioni alquanto elaborate, cadute e rinascite, entusiasmi, affetti, altruismo, fede e, non di rado, sottile ed intelligente ironia. Il canto poetico si fa allora canto dell’esistenza ed è fortemente e delicatamente, ad un tempo, presentato e meditato con analogia coinvolgente e con sostanziale trepidazione interiore.

Negli anfratti della vita, che sostanzia con diverse chiarie e qualche ombra pesante la sua poesia, si scopre il fiore di un’ansia positiva, che abbellisce la culla dell’animo con frammenti e palpiti rivestiti di luminosità e ci indica discretamente il sentiero verso la salvezza. Sentiero che il poeta è spesso capace di percorrere con passo assennato e mente nuda e serena, nonostante tutto.

Sergio è in grado di stimolare a se stesso ed a chi legge, di volta in volta, l’atto, la parola, il sentimento, il rigore, la meditazione, la suggestione, la fantasia, l’incanto… Si scoprono in modo inequivocabile nei versi il recupero di valori, che fanno l’uomo vero uomo, e la rivalutazione sapiente di quella dimensione profonda dell’Essere. E qui appare vera protagonista l’anima, che diviene specchio in cui si riflette il paese sincero ed autentico della persona.

È poesia, dunque, di ampio respiro, quella che offre l’autore; è poesia convinta, lucida, accorta, che, attraverso i segmenti di un valido tracciato letterario e artistico, di esperienze e di immaginazione, di aneliti propri di una coscienza incorrotta ed incorruttibile, nel nitido repertorio lirico-narrativo, si prospetta materia di invenzione per rinnovate stagioni di assennatezze e per una logica avveduta di vita.

E non mancano validi appigli per valicare il confine che limita e affossa i gesti dell’uomo probo e per non vanificare aspirazioni e risvegli auspicati. Così il poeta si rifà alla memoria cara, al richiamo, cioè, di antiche radici, che non di rado possono ammorbidire la visione talvolta disorientata e sono in grado di trasformare certi naturali cedimenti in un accorato respiro e in una tensione confortante. Si richiama, con lo sguardo d’artista puro, alla natura, che ci appare come dipinta nella suggestività ammaliante di stagioni ed angoli, tali da divenire sostanza di una forma non soltanto verbale. E poi l’amore, nelle sue varie sfaccettature, che si fa fioritura purissima, sospiro, desiderio, elevazione, appagante visione, pienezza d’affetti struggenti, come realtà e fonte d’ogni bene. Infine la fede, che è voce accorata, non solo capace di risalire al trascendente, ma di affiorare sempre e dovunque nel quotidiano, nel mondo e soprattutto nell’azione umana. Fede vera, che può illuminare di schietti, puri, incisivi accenti d’amore, di comprensione, di carità la spinta dell’animo nobile.

E la parola, in questo contesto che caratterizza la squisita sensibilità e la cultura di Fini, riesce mirabilmente a suscitare i segreti dell’armonia e frequentemente si riveste, attraverso originali metafore ed analogie, di leggerezza, aderendo, nel suo tracciato, all’immagine creata ed al pensiero elaborato. Soprattutto risulta essenziale, senza inutili dispersioni.

Si può concludere, anche se molto altro sarebbe da dire sull’opera di questo poeta, con l’affidare il senso integrale dei suoi messaggi poetici all’incontro con i lettori, che troveranno una poesia da leggere d’un fiato per la levità del tracciato, ma soprattutto da assaporare e meditare profondamente, per avare con Sergio voli d’anima e per camminare con lui in un “paesaggio squisito”, per dirla con Verlaine.

Gian Gabriele Benedetti

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Prefazione ad una silloge di Sergio Fini

Dalla poesia, che si traduceva in un mirabile effetto di pochi tratti di pennello, tipica del primo libro di Sergio Fini, alla poesia delle due successive raccolte, che si dispiegava come “canto” di più ampia efficacia espressiva e che, ancora più a fondo, ci offriva l’istanza esistenziale, la rievocazione, l’amore, la fede, in una rivisitazione emozionale sottesa da una delicatezza lirica e da un autentico volo d’animo, pur in un linguaggio corposo, non indulgente ed affatto dispersivo, si è giunti a quest’ultima fatica letteraria, dove ci si palesa un Sergio che non ti aspetti, un Sergio tutto permeato da una decisa vibrazione di grande intensità passionale.

Questa sua nuova poesia si fa voce urgente, quasi grido tenace e compatto alla ricerca sistematica di un amore intenso, che non definirei solo carnale. È un amore, quello significato attraverso le varie composizioni, che fa vibrare le corde più profonde dell’io, avvolge prepotentemente l’anima, e nutre, vivificandolo, il corpo.

L’amore è vissuto con la robustezza della vita, con lo slancio che va oltre anche ad un razionale contenimento ed è sprigionato, per essere donato, ma soprattutto per riceverne valenze rigenerative e trarne vitalità, portando sempre più alla luce tutte le sue qualità elevate, palesi e nascoste. È amore viscerale, ma anche pregno di infinito affetto e di stimoli per sempre nuovo amore. È un arrivo, un continuo arrivo alla fonte, senza distacco, per un piacere che corrobora, appaga, fa realizzare appieno la persona. E così questo forte sentimento, sostenuto da un impulso complice, diviene, al di là dell’atto sessuale, tenerezza e gioco ad un tempo, dal sapore pregiato e prezioso. Non si esclude del tutto nell’atto (anzi!) una certa razionalità, giacché non si ama veramente per caso. Allora possiamo parlare di eros e di pathos. Eros (si veda Freud), inteso come atto intelligente e come movente principale dell’attività umana. Pathos, come atto espresso in modo altamente lirico, ma che può portare anche ad una qualche sofferenza. A questo proposito Ungaretti sosteneva che il vero amore è una quiete accesa, mentre Kaplan diceva che l’amore vero è una spirale aperta.

In tal modo, sulla strada di questa consapevolezza, l’omogeneità dell’insieme dei versi si identifica con l’assunto della più alta e nobile espressione umana e letteraria.

In questo nuovo quadro poetico si inserisce felicemente e continua ad offrirci emozioni, facendoci sentire tutta la verità e la credibilità di quanto il poeta ci porge, una serie di poesie, che vedono oggetto di attenzione la città di Milano. E qui si respira veramente l’aria della metropoli del Nord, attraverso varie e significative immagini e forti sensazioni, che mettono liricamente in risalto una realtà non più a misura d’uomo. Ma, al senso negativo che appare, ad un’angoscia che sa di solitudine e quasi di perdizione, si contrappone una vibrazione d’animo, che squarcia negatività evidenti, sottendendo una reazione contraria al rifiuto totale, quasi come il poeta si sentisse avvolto da una malia puttana, da una sottile, misteriosa attrazione nei confronti di questo mondo controverso. Ed il rifiuto sembra imbeversi di maledetta bellezza, che scaturisce da tale contesto evocativo, tanto da non poterne fare a meno. Così il verso instaura rapporti contrastati di seduzione-repulsione e, nel turbamento, divengono accattivanti la parola ed il suo senso.

Non va, infine, dimenticato che in tutte le liriche della presente raccolta si evidenzia ancora una volta la ricchezza di invenzioni verbali ed ambientali, che tingono di intenso colore il dettato poetico stesso. Regna spesso tra i versi un simbolismo acceso, che si traduce in vitalità e delizia comunicative, a sottolineare, ancora, la sensibilità creativa e progettuale di Sergio Fini.

Gian Gabriele Benedetti

Cinque anni fa, il 25 agosto 2011, se ne andava Sergio Fini – (article here)

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