Quanto può essere triste un Natale lontano dalla propria casa, in una terra straniera, di cui mal si conoscono lingua e usanze, lo sa solo chi lo ha vissuto sulla propria pelle. E dalle nostre parti sono molti coloro che hanno dovuto passare troppe notti di Natale lontano dagli affetti più cari, perché tanti sono stati gli emigrati. Tra queste migliaia figura anche Bruno Sereni che nel suo “Ricordi di New York”, ricorda, appunto, un Natale lontano, il primo passato negli Stati Uniti. Siamo nel 1927. Il giovane Bruno, emigrato illegale, aveva trovato lavoro in un ristorante di facciata frequentato dall’alta finanza, in realtà un locale di mescita e spaccio di bibite alcoliche in cui ben presto era passato da lavapiatti a barman, arrivando a creare, addirittura, un Bruno’s Cocktail.
Certo, sono gli anni del proibizionismo ma, come annota il futuro direttore de “Il giornale di Barga”, “i liquori a New York si vendevano ovunque”. Bruno impara a “truccheggiare” i liquori e a fare il “portatore di bottigliame a domicilio”. Durante una di queste particolari consegne gli apre la porta quello che poi, in un secondo momento, scoprirà essere il fratello di Al Capone.
Mancano pochi giorni alla Vigilia e anche lui è contagiato dallo spirito di bontà natalizia tipicamente americano. Scriverà in “Ricordi di New York”: “Le persone che incontravo per la strada avevano sguardi dolci, facce distese, dal sorriso facile. Camminavano meno in fretta. Il Christmas più che una ricorrenza religioso-sentimentale rappresenta, per gli americani, quindici giorni di bontà, di altruismo, una pausa nella loro normale attività quotidiana, un periodo di raccoglimento finito il quale ci si sente più in forma per riprendere la lotta per l’esistenza”.
Anche il Cavaliere, the Boss (il proprietario del locale), era come mutato. Addolcito dall’atmosfera natalizia, non portava più la sua pistola, con il colpo sempre in canna, che posava sul tavolino su cui giocava a poker con i suoi “friends”. Il pomeriggio della Vigilia, prima di andarsene, il Boss gli diede, anticipati da una forte pacca sulla spalla e da un largo sorriso con quei suoi denti d’oro, due dollari: una mancia niente male. Poi altri sorrisi, altri auguri di avventori e colleghi.
Ma quando il locale chiuse anticipatamente, da poco scoccate le undici, il giovane Bruno si sentì solo. Ognuno corse dai propri affetti, lui rimase con se stesso.
Solo, scriverà, come “se mi fossi trovato di notte al Lago Santo”. Un ricordo, una sensazione, un’immagine della sua terra lontana.
Mentre si intabarrava e usciva fuori nelle vie newyorkesi che, piano piano, si facevano deserte, tornò con la mente ai suoi natali barghigiani davanti al ciocco schioppettante. Gli sembrò di risentire il suono delle ciaramelle che scendeva dai monti. Il sapore dei necci, dei salumi e del formaggio. I volti allegri e avvinazzati. Gli tornò nella mente e nel cuore, alla stregua di un sogno, anche, lo splendore della luna davanti al Duomo, la messa di Natale, i canti, l’incenso, la luce tremula delle candele che illuminavano il volto dolce e ieratico della Madonna del Molino, il suono dolce e antico delle campane che suonavano in tutta la Valle annunciando la nascita del Salvatore.
Con questi pensieri gironzolò nei vialetti di Washington Square. Iniziò a nevicare. Passato sotto l’enorme arco di trionfo, si ritrovò davanti lo spettacolo di un abete altissimo, come mai ne aveva visti, pieno di luci sfavillanti e cangianti.
“In tutto quel luccicante chiarore- si legge nel libro-, altre ombre solitarie, come la mia, si attardavano lungo i vialetti, come avessero voluto riscaldarsi a quel finto calore”.
Un’immagine toccante che da sola rende ottimamente la capacità di raccontare di Sereni.
Ma quello del Natale è solo un capitolo di un libro affascinante, pubblicato nel 1978, con la copertina di Swietlan Kraczyna e dedicato al fratello Sereno (ufficiale macchinista della marina mercantile degli Stati Uniti, morto a Mexico City l’8 gennaio 1977).
Un libro appassionante, ad oggi, però, purtroppo, irreperibile. Perché, se è vero che tutta la bibliografia di Sereni è fuori commercio da anni, tra i libri più introvabili c’è proprio “Ricordi di New York”. A me è capitato di trovarlo, un pugno di giorni prima di Natale, tra i libri ingialliti, in una bancarella di Lucca. Ottimamente conservato e con, nella prima pagina, la firma graffiante di Sereni. Leggerlo è stato un tuffarsi in un mondo, in un’epoca che fa da sfondo a decine di film e libri, con le sue strade sporche, affollate e fumose, illuminate alla luce delle insegne e dei neon. Su quelle strade incontra il pugile Primo Carnera (“la montagna che cammina”) e intravede Giuseppe Prezzolini, l’intellettuale de “L’italiano inutile” che andrà a insegnare alla Columbia University.
Il testo è un’istantanea sorprendentemente precisa su quegli anni, piena di acute e graffianti osservazioni sul mondo a stelle e strisce. Ecco una delle tante: “Negli Stati Uniti non passa un mese in cui non ci sia una ricorrenza celebrativa d’importanza nazionale. La celebrazione del Ringraziamento del Signore risale ai tempi dei primi colonizzatori, i quali trovandosi a corto di viveri si sfamarono cacciando grossi gallinacei, da essi chiamati turkeys e che, esportati in Europa, divennero tacchini. Mangiare il tacchino durante la settimana in cui cade il Thanksgiving day è un rito che nessun americano, anche di recente affiliazione, può sottrarsi. Il ringraziamento al Signore consiste in un ecatombe di tacchini, appositamente allevati, tenendo conto delle tre dimensioni delle teglie maggiormente in uso in tutte le famiglie”.
Ma “Ricordi di New York” è anche un romanzo di formazione, quello di un ragazzo che vive la sua particolarissima “educazione sentimentale” e impara le infinite sfumature dell’umanità. Un’umanità frenetica e depressa, variegata e variopinta: i businessman sempre con il loro sorriso smagliante e il passo svelto, i policeman imprevedibili e corrotti, gli sgherri della Mafia coi volti grifagni sotto al borsalino nero e poi le donne, quelle donne così diverse da quelle del Vecchio Mondo, dedite all’alcol e ai piaceri della carne, disinibite e sfuggenti.
In mezzo a tutto questo mondo, che sembra correre senza sosta, c’è lui, il ragazzo italiano che dorme in una piccola stanza in un palazzo sgangherato del Bronx, che nelle pause del lavoro va al Metropolitan e alla Library della Quinta Strada.
È qui, leggendo gli autori anglosassoni e latini, che nasce la passione per la scrittura di Bruno. Passione che va di pari passo con quella politica, del socialismo militante. Inizia a scrivere a “La stampa libera” e comincia a far parte dei circoli socialisti entrando in contatto con Vittorio Vidali (antifascista triestino che sarà uno dei promotori del leggendario Quinto Reggimento durante la guerra civile spagnola) e Carlo Tresca (sindacalista e giornalista anarchico socialista, leader del movimento operaio, che verrà ucciso dalla Mafia nel 1943).
Un giorno si ritrova ad ascoltare il primo discorso, in terra statunitense, di Gaetano Salvemini. Quell’orazione gli rimase dentro per sempre, tanto che, ad anni di distanza, lo ricordava con precisione. Ricordava anche i volti dei vecchi socialisti, i baffi argentei, il toscano che penzolava dalle labbra e gli occhi lucidi. Seguivano tutti in silenzio, come rapiti.
“Noi siamo i generali di un esercito sconfitto, rimasto senza truppa” disse Salvemini, la voce squillante. “Prima che Mussolini volesse fare un bivacco per i suoi manipoli, il parlamento era già una stalla”. E poi continuava: “perché è nato il movimento “Giustizia e Libertà”? Perché in quanto uomini liberi ci rifiutiamo di accettare un inerme silenzio”.
Il giovane Bruno, dopo averlo ascoltato, aveva come un nodo in gola, e con quella sensazione, ritornato nella sua stanzetta, prese carta e penna e si decise a scrivere a Salvemini; così, senza pretese di una risposta, solo perché sentiva il dovere di farlo, allegando una piccola somma per “la Causa”.
Pochi giorni e Salvemini rispose: lo invitava ad andarlo a trovare nella sua abitazione a Long Island. E così Bruno, impacciato ed emozionato, si trovò davanti il leader socialista, futuro professore ad Harvard. Piccolo, la testa calva, gli occhiali tondi e il pizzetto canescente, volle sapere da dove veniva e chi erano gli antifascisti del suo paese e cosa ci faceva negli Stati Uniti. Allora, Bruno parlò dei “rossi” di Barga e di quella “pernacchia” fatta durante una parata di “camicie nere”. Salvemini rise, poi si fece serio chiedendogli perché fosse antifascista. Bruno ebbe un attimo di vacillamento poi, con un misto di imbarazzo e di orgoglio, rispose: “mio padre lo è, mio nonno era garibaldino, da piccolo mia madre mi addormentava sulle ginocchia cantandomi la canzone di Sante Caserio”.
Giusto due anni dopo, siamo nell’autunno del 1933, Bruno viene scelto da Carlo Tresca per l’atto di boicottaggio in occasione della serata di gala, al Metropolitan, in onore del ministro degli Esteri Dino Grandi, in visita ufficiale negli Stati Uniti. “Con quella faccia sei insospettabile”, gli disse, secco, Tresca. Ben vestito, con sotto al cappotto i manifestini, spessi occhiali (“i poliziotti non menano quelli con gli occhiali” era stata un’altra massima di Tresca) si presentò alla serata a cui partecipavano i nomi più blasonati della metropoli.
Riuscì facilmente a entrare, assieme agli altri compagni, e, al momento stabilito, non senza timore, lanciò i foglietti sovversivi. “I manifestini- si legge nel libro-, svolazzando nel vuoto e sui palchi, ci misero un po’ a scendere nella platea. I poliziotti e il pubblico, erroneamente, pensavano inneggiassero a ministro. Solo quando incominciarono ad essere letti, il panico si diffuse tra gli spettatori. Presero in fretta a uscire dal teatro, diffondendo, nei paraggi di Times Square, il falso allarme di un attentato”.
Insomma, “Ricordi di New York” non è un qualsiasi libro memorialistico di un emigrante. Ma bensì l’affascinante racconto della formazione di un giovane socialista, un fuoriuscito atipico, con ricordi importanti e la conoscenza di personaggi di primo piano.
Sarebbe quindi doveroso, come avevamo fatto notare nell’articolo per il trentennale della morte di Sereni, la ristampa di tutti i suoi testi. Anche perché nel 2017 ricorreranno i cento anni dall’arrivo dei Sereni a Barga. Potrebbe essere una bella occasione. Chissà se qualcuno saprà coglierla. Sarebbe un modo per onorare un debito di gratitudine.
Article by Nazareno Giusti
BRUNO SERENI
“Rivoluzione o Lavoro” –Conversazione. Lucca: Direz. Prov. Partito Liberale. Tip. Gasperetti Barga, 1945.
“Carcere” –Pisa: Lischi, 1946
“Paese come tanti” –Pescia: Benedetti, 1947.
“Omaggio di Barga a Giovanni e Maria Pascoli”, con Corrado Carradini –Barga: Tip. Gasperetti, 1962.
“La guerra a Barga” –Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1968.
“Prima Mostra dell’Emigrazione Barghigiana –La stampa periodica in Barga”, con Corrado Carradini. Comune di Barga e E.P.T. Lucca, Tip. Gasperetti, 1969.
“Appunti di storia sull’emigrazione barghigiana”. Barga: Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1970.
“Itinerario francescano”. Barga: Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1971.
“Discorso ufficiale tenuto da Bruno Sereni, direttore del Giornale di Barga. Primo Convegno Incontrarsi per Conoscersi. Il Ciocco, 21 agosto 1971” ––Il Giornale di Barga e Ass. Proloco, Tip. Gasperetti, 1971.
“Ricordi della guerra di Spagna”. Barga: Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1972.
“Caratteri dell’Emigrazione Barghigiana” in: Gli Italiani negli Stati Uniti, AA.VV.. Istituto di Studi Americani Università degli Studi di Firenze. Firenze, 1972.
“Barga nella lunga estate del 1943”. Barga: Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1974.
“They took the low road: a brief history of the Barghigiani to Scotland”. Barga: Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1974.
“Ricordi di New York”. Barga: Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1978.
“Storia dei Barghigiani tra Ottocento e Novecento”. Barga: Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1979.
“Guida di Barga”. Barga: Amministrazione Comunale Barga, La Fotometalgrafica Emiliana, 1980.
“Carlo Da Prato”. Barga: Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, s.d.
“Pagine di storia fornacina”. Barga: Edizioni Il Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1982
Seconda Edizione: “Paese come tanti”. Lucca: Maria Pacini Fazzi Editore, 1987.
“I fratelli Pieroni da Barga a Boston”. Barga: Edizioni Giornale di Barga, Tip. Gasperetti, 1993.
Seconda Edizione: “Guida di Barga”. Barga: Amministrazione Comunale di Barga, Tip. Gasperetti, Barga, 1994.
Seconda Edizione: “They took the low road: a brief history of the Barghigiani to Scotland”. Barga:Amministrazione Comunale di Barga, Tip. Gasperetti, Fornaci di Barga, 2004.
Seconda Edizione: “I fratelli Pieroni da Barga a Boston”. Barga: Amministrazione Comunale di Barga nel centenario della nascita di Bruno Sereni. Tip. Gasperetti, Fornaci di Barga, 2005.