| L'ora di Barga Al mio cantuccio, donde non sento
 se non le reste brusir del grano,
 il suon dell'ore viene col vento
 dal non veduto borgo montano:
 suono che uguale, che blando cade,
 come una voce che persuade.
 Tu dici, E` l'ora; tu dici, E` tardi,
 voce che cadi blanda dal cielo.
 Ma un poco ancora lascia che guardi
 l'albero, il ragno, l'ape, lo stelo,
 cose ch'han molti secoli o un anno
 o un'ora, e quelle nubi che vanno.
 Lasciami immoto qui rimanere
 fra tanto moto d'ale e di fronde;
 e udire il gallo che da un podere
 chiama, e da un altro l'altro risponde,
 e, quando altrove l'anima è fissa,
 gli strilli d'una cincia che rissa.
 E suona ancora l'ora, e mi manda
 prima un suo grido di meraviglia
 tinnulo, e quindi con la sua blanda
 voce di prima parla e consiglia,
 e grave grave grave m'incuora:
 mi dice, E` tardi; mi dice, E` l'ora.
 Tu vuoi che pensi dunque al ritorno,
 voce che cadi blanda dal cielo!
 Ma bello è questo poco di giorno
 che mi traluce come da un velo!
 Lo so ch'è l'ora, lo so ch'è tardi;
 ma un poco ancora lascia che guardi.
 Lascia che guardi dentro il mio cuore,
 lascia ch'io viva del mio passato;
 se c'è sul bronco sempre quel fiore,
 s'io trovi un bacio che non ho dato!
 Nel mio cantuccio d'ombra romita
 lascia ch'io pianga su la mia vita!
 E suona ancora l'ora, e mi squilla
 due volte un grido quasi di cruccio,
 e poi, tornata blanda e tranquilla,
 mi persuade nel mio cantuccio:
 è tardi! è l'ora! Sì, ritorniamo
 dove son quelli ch'amano ed amo.
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