Shelly Tonsoni, a Barghigiana born and raised in the U.S. state of Indiana, sent us this remarkable 1903 photo of employees at Da Prato Statuary (site here) , a very successful Chicago firm
It’s unlikely that there is another example, anywhere, of an immigrant-founded company with so many workers from one small Italian town. We find here, under various spellings, an astonishing number of the same family names that still dominate Barga’s electoral rolls and telephone directory: Rigali, Cosimini, Cecchini, Gonello (sic), Da Prato, Comparini, Morganti, Maddaleni, Vergamini, Stefani, Mazzolini, Luchesi (sic), Pierotti, Caproni, Santarini, Notini, Rinaldi, Biagi, Marchetti, Nardini, Moscardini, Adami, Biagioni and Bonacorsi.
It’s as though virtually every Barghigiano household at the turn of the last century sent someone to work in a single Chicago factory, producing thousands of Catholic saints and Virgins for U.S. churches.
No fewer than six of those pictured are from Shelly’s own family, including co-owner John Rigali, a cousin of her great-grandmother Carolina Da Prato. The heavily-represented Tonsoni clan, on her paternal side, hails from Camporgiano.
Shelly Tonsoni, una signora di origini barghigiane nata e cresciuta nello stato americano dell’Indiana, ci ha inviato questa straordinaria fotografia del 1903 che ritrae un gruppo di dipendenti della Da Prato Statuary Co., grande stabilimento di statuaria sacra a Chicago; una delle aziende barghigiane che nei secoli scorsi ebbe maggiore successo nell capitale dell’Illinois (il sito lo trovi qui).
La foto è straordinaria per il suo contenuto. E’ infatti improbabile che ci sia un altro esempio, ovunque, di un immigrato all’estero che ha fondato un’azienda con così tanti lavoratori provenienti da una sola cittadina italiana. Troviamo qui, con nomi diversi, un numero sorprendente di rappresentanti di famiglie che ancora esistono e vivono a Barga riempiendo liste elettorali ed elenchi telefonici: Rigali, Cosimini, Cecchini, Gonello (sic), Da Prato, Comparini, Morganti, Maddaleni, Vergamini, Stefani, Mazzolini, Luchesi (sic), Pierotti, Caproni, Santarini, Notini, Rinaldi, Biagi, Marchetti, Nardini, Moscardini, Adami, Biagioni e Bonaccorsi. E ‘come se virtualmente ogni famiglia barghigiana al volgere del secolo scorso avesse mandato qualche sue componente a lavorare nella solita fabbrica di Chicago, dove si producevano migliaia di statue, vergini e santi cattolici per le chiese degli Stati Uniti. In queste foto sei persone provengono dalla stessa famiglia di Shelly, compreso il co-proprietario John Rigali, un cugino di sua bisnonna Carolina Da Prato. I Tonsoni, molti presenti in queste foto, provenivano per ramo paterno da Camporgiano.
I figurinai barghigiani (da Il Giornale di Barga del marzo 1992)
Quando Giovanni Pascoli nel 1895 prese casa ai Caproni di Castelvecchio la prima ondata migratoria verso l’America era finita da un pezzo. Si era già alla seconda generazione. Chi era riuscito a fare fortuna nelle Americhe aveva fatto ritorno e con i soldi messi da parte si comprava un podere, si faceva costruire la casa. Toccava ai figli ed ai loro nipoti seguire le loro orme e prendere la via de l’emigrazione. Giovanni Pascoli ebbe modo di conoscere e di frequentare gli «ex emigranti» e da questi si fece raccontare l’avventurosa storia della «loro America».
Nella celebre poesia Italy, dedicata ad una giovane figlia di emigranti, Isabella Caproni «Molly», riportata alla casa dei vecchi nonni con la speranza di farla guarire da una terribile malattia, Pascoli rievocò le prime esperienze dei barghigiani negli Stati Uniti. Quando, intorno alla metà del secolo scorso, giunsero in America per vendere le «figure», le statue di gesso:«Will you bay… per Chicago, Baltimora
buy images… per Troy, Memphis, Atlanta, con una voce che te stesso accora:
cheap! nella notte, solo in mezzo a tanta gente;
cheap! cheap! tra un urlerìo che opprime; cheap!…
Finalmente un altro odi, che canta…»Iniziò così la nostra America. Con un viaggio su un veliero che partiva da Genova alla volta di New York. I «figurinai» avevano già battuto tutta l’Europa, erano arrivati a Mosca, avevano passato gli Urali. partivano a «compagnie», formate da 5 o 7 persone; rimanevano fuori per una «campagna» che poteva durare fino a 5 anni. Della compagnia facevano parte almeno due ragazzi che avevano il compito di andare a vendere le statuine, offrendole nei mercati, alle porte delle chiese, per le strade.
In America dovettero cambiare anche il sistema di vendita: non più esposizione sulla tavola di legno, che serviva da piccolo banco. Adesso le «figure» si portavano dentro il paniere, un «baschetto», che era l’aggiustamento italiano della parola inglese «basket», canestro.
Non è possibile sapere chi sia stato il primo della nostra Valle ad attraversare l’Oceano e ad inaugurare l’attività di figurinaio negli Stati Uniti. Di certo uno dei primi fu Domenico Casci di Barga, che sappiamo essere stato a Chicago intorno al 1850. Quando quella città non contava ancora 100.000 abitanti. Nel 1860 egli fece ritorno a Barga con una discreta fortuna. Acquistò podere e villa di campagna dai nobili Verzani nella località detta «Ai colli». Fece studiare il figlio che poi divenne dottore veterinario del nostro Comune.
Nel 1861 Domenico Casci tornò a Chicago e si portò dietro, assieme ad alcuni allievi figuristi, il nipote dodicenne Antonio Equi. A questi affidò poi la direzione del commercio che andava rapidamente crescendo.
Il grande incendio che distrusse Chicago, una città fatta di legno, mise a terra anche il giovane Equi, ma seppe presto riprendersi ed incrementò gli affari grazie al grande boom edilizio seguito alla catastrofe. Nelle nuove case in muratura, entravano le statuine come soprammobili.
Dal Canto di Rapognana partirono i fratelli Da Prato. Erano conosciuti, tra i tanti che avevano lo stesso cognome, come «i Ferri», perché erano uomini forti, saldi e robusti. Anche loro si diressero a Chicago e qui iniziarono l’attività di figurinai che presto si allargò e si trasformò. La «Da Prato Statuary Company», fondata nel 1860, rappresentò la seconda epoca della nostra emigrazione: una grande azienda, di tipo industriale, capace di fornire statue del migliore marmo a tutto il mercato degli Stati Uniti. Un mercato in rapida espansione che chiedeva opere di migliore esecuzione artistica.
Per soddisfare le crescenti richieste, di chiese, palazzi, edifici pubblici, ville, abitazioni private, la «Da Prato Statuary» aprì un laboratorio – studio a Pietrasanta, che aveva il compito di rifornire la centrale americana, divenuta una delle più importanti di tutta la nazione.
Nel 1893 l’azienda passò in gestione ai fratelli Giovanni e Giuseppe Rigali, anche questi provenienti da San Pietro in Campo. Furono i fratelli Rigali che nel 1902 regalarono alla chiesa del loro paese le due statue dei Santi Pietro e Paolo, protettori della parrocchia.
Di altre «statuarie» barghigiane abbiamo notizia: la «Biagi Statuary Company», fondata nel 1880 a Chicago, la «Da Prato-Rigali-Nutini» e la ditta dei fratelli Amedeo e Pietro Nardini, a Boston. La «St. Paul Statuary Company» dei filecchiesi fratelli Giuliani, fondata nel 1912 a St. Paul nel Minnesota. Vanno ancora ricordati Serafino Da Prato, emigrato a Milwaukee nel Wisconsin, Giovanni Casci attivo a Cincinnati (Ohio) e Giuseppe Da Prato fondatore della «Ditta Da Prato» di Hoboken nel New Jersey. Quando morì, agli inizi degli anni Cin¬quanta, lasciò all’Ospedale di Barga un’eredità di 30.000 dollari.Umberto Sereni