“Papi, perché hanno scritto elenco incompleto? Qui c’è ancora spazio”. Sono le parole di mia figlia Luna in un torrido pomeriggio di questa estate. Siamo davanti all’elenco di coloro che persero la vita a Sant’Anna di Stazzema.
Luna non lo sa, ma quella domanda va ben oltre lo spazio che residua sulla lastra che riporta tutti i nomi della vittime accertate della strage del 12 agosto 1944. Come su quella lastra posta sul colle che sovrasta Sant’Anna, nella mente di chi concepì e attuò la strage c’era ancora spazio per allungare l’elenco.
Più che uno spazio doveva esserci un grande vuoto colmato con la follia. Non può che essere così o, almeno, io non riesco a trovare altra spiegazione di fronte alla lapide che ci accoglie all’inizio del paese. Siamo in Piazza Anna Pardini, “la più piccola dei tanti bambini” che in quel giorno pazzesco “la guerra ha (…) strappato al girotondo del mondo”. Era nata 20 giorni prima da genitori che solo per aver messo al mondo una figlia in quel momento si meritavano di essere considerati eroi. Invece, furono trucidati senza alcun rispetto (che rispetto può esserci quando si uccide qualcuno?) insieme ad altre centinaia di persone. In definitiva il numero non dice niente, serve solo ad ingigantire un orrore che di per sé esce dai confini della nostra comprensione.
Prima di partire ho dato uno sguardo al sito www.santannadistazzema.org. “Quel mattino di agosto” – c’è scritto sulla pagina dedicata alla memoria – “a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e i nipoti. Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti saliti, quassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. 560 ne uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A Sant’Anna, quel giorno, uccisero l’umanità intera”.
Già, uccisero l’umanità intera, la oltraggiarono aggiungendo una strage a quelle che costellano la storia dell’uomo, incrementando una lista che ha continuato a crescere anche in questi anni che noi consideriamo di pace. L’ex – Yugoslavia, a un passo da noi, è stata teatro di massacri indicibili mentre noi “occidentali” e i nostri “Caschi Blu” asssistevano apparentemente impotenti.
Mentre saliamo verso il sacrario (si noi, una famiglia di due genitori e due bambini, una famiglia come quelle annientate il 12 agosto 1944) mi torna in mente un brano letto in una mostra presso il Comune di Capannori qualche anno fa. Un sopravvissuto alla strage (mi si perdoni il difetto di memoria se non fosse quella di Sant’Anna ma un’altra) riferiva di una domanda che rimbalzava nella sua testa quando finalmente potè rialzarsi nella distesa di corpi esanimi in cui trovò la salvezza fingendosi morto. Nella sua testa di bambino c’era qualcosa che non tornava in ciò che vedeva: c’era una mucca morta, uccisa. E lui si chiese perché l’avessero uccisa, quale colpa potesse avere.
Sarò sincero, non lo so se la storia e la giustizia hanno individuato delle “colpe”, tutte le colpe, ma sono sicuro che non poteva averne Anna, così come non potevano averne Claudio, Piero, Mirta e gli altri bambini uccisi in quel giorno. Ho molti dubbi anche sulle colpe dei loro genitori, dei loro nonni. Non c’è una colpa che vale tutto questo orrore.
Forse la colpa vera è da cercare nella mancanza di un elenco. Si, Luna ha sbagliato la sua domanda: non doveva chiedermi perché quell’elenco sia incompleto ma perché non esistesse prima della strage. Lo dico perché se qualcuno fosse stato mandato a scovare casa per casa tutte quelle persone con un elenco alla mano, con nomi e cognomi, con anni, mesi e giorni di vita, se avesse dovuto metterle tutte in fila per ordine alfabetico, guardarle in faccia e poi sparare ad ognuna forse ad un certo punto si sarebbe fermato, avrebbe trovato il modo di pensare, di comprendere che la propria dignità di uomo non poteva includere un crimine del genere, che sarebbe stato più dignitoso gettare le armi e andarse in attesa della fucilata di un proprio commilitone o del secondo militare che l’avrebbe seguito. Forse il mio è solo un sogno, un desiderio di chi ha conosciuto solo il “tempo di pace” e qualcuno potrà dirmi che in quei giorni, in quei mesi, in quegli anni c’è stato chi quell’elenco lo ha completato nei campi di sterminio e in molti altri luoghi.
Intanto dal giardino di casa mia, dove sto scrivendo, guardo il Monte Romagna e le colline di Farneta, teatri di due dei tanti massacri nazisti e confermo la bontà della scelta di portare i miei figli a visitare Sant’Anna. Ci torneremo e andremo anche a visitare i luoghi degli altri eccidi perché se mai i miei figli dovessero trovarsi in mano quell’elenco lo rendano volutamente incompleto, impediscano il ritorno dell’orrore in nome della dignità e del rispetto che spettano ad ogni persona.
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Per saperne di più e per vedere il programma delle celebrazioni di questo agosto potete visitare www.santannadistazzema.org.
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