Tutte le mattine nella quiete della collina di san Martino in Vignale, prima del sorgere del sole, rinnova la sua promessa di fede. Ogni alba, da un tempo immemore.
Lo ha fatto anche il 30 novembre. Giorno del suo compleanno. Un compleanno particolare, a cui pochi arrivano: cento anni!
Ma lui, non li dimostra: un po’ affaticato sì, ma sempre lucido, brillante, la faccia piena dei segni della vita, negli occhi la gioia della fede, quella fede che racconta e trasmette con le sue parole dette con quella sua voce ruvida da bambino.
Fratel Arturo Paoli, lucchese del mondo, religioso molto amato dai laici ma non sempre dalla Chiesa, ha compiuto un secolo. Gli auguri sono stati numerosissimi la chiesa di Santo Stefano, come ogni domenica strapiena.
Il Corriere della Sera, in questa importante occasione, gli ha dedicato un bel pezzo di cinque pagine sul suo settimanale Sette, dal titolo “cento anni di moltitudine” definendolo “un pò Schindelr, un pò Che Guevara”.
Una vita, la sua, lunghissima e piena, traboccante d’Amore. Sempre in prima fila ad aiutare gli ultimi fossero essi ebrei in fuga, poveri minatori, perseguitati politici, prostitute isolate, giovani abbandonati. Tutti scartati dal mondo capitalista.
A cento anni, si dice “felicissimo della vita che non ho scelto”.
E la sua felicità viene fuori spontanea, limpida: Paoli è uomo della gioia, anche nei nostri tempi bui. Soprattutto in questo periodo decadenza che si manifesta- secondo lui- “nella trascuratezza del dono della Vita, dono immenso”.
Per niente stanco, anzi, ogni giorno sempre più felice e grato a Dio anche se gli anni sono tanti, le sofferenze altrettante, in una vita che sembra, quasi, un romanzo.
“Ripercorre la vita di Paoli- come ha, giustamente, scritto Lucio Malanca su Toscana Oggi– è rivivere in pieno la vicenda nel Novecento, sia per quanto riguarda lo sviluppo della società, sia per il cammino e la vita della Chiesa”.
Racconta Paoli: “Mi ero fatto sacerdote dopo la morte precoce di mia madre (io avevo 20 anni), donna di interessi politico-patriottici. Quasi contemporaneamente altre vicende di tipo economico colpirono la mia famiglia: mio padre dirigeva un piccolo laboratorio artigiano; la grande industria colpì molti artigiani, così frequenti a Lucca”.
In quel tempo amava “molto” (avverbio suo) una ragazza. “Facevamo tanti sogni. La tisi, però, se la portò via, con violenza. Era un’anima musicale. Ho imparato da lei cosa significa essere in armonia”.
Dopo la laurea in Lettere scelse la strada sacerdotale. Arrivò la guerra, la partecipazione alla Resistenza e alla DELASEM.
Finita la guerra il cardinale Giovan Battista Montini intuì le sue grandi doti e nel 1949 lo chiamò a Roma come vice assistente della Giovantù Cattolica. Un giorno dice che “sulla croce dell’economia capitalista è stato inchiodato il povero”. Poi parla dei giovani che si stanno perdendo. Parla troppo quel Paoli e così lo spediscono sull’Oceano per dare conforto ai migranti diretti in Argentina, pendolare sull’Atlantico. Tra sogni, speranze, dolori, fallimenti. Proprio sulla nave incontrò Jean Saphores, piccolo fratello di Gesù. Morirà durante la traversata e sarà grazie a lui che si avvicinerà alla congregazione religiosa ispirata a Charles De Foucauld. Lavorò, poi, a Orano come magazziniere nel porto negli anni della liberazione algerina poi in Italia a Bindua, in Sardegna tra i minatori di piombo e zinco.
Sempre tra gli ultimi, tra i lavoratori, si ritrovò in Argentina tra i boscaioli che lavoravano per un’impresa inglese che un bel giorno se ne andò lasciandoli soli con intere famiglie da sfamare. Fratel Arturo si rimboccò le maniche e mise su una cooperativa che, con le sue gambe, senza aiuti esterni, andò molto bene. Iniziò a non piacere nemmeno in Argentina anche perché cominciò ad aderire alla teologia della Liberazione, divenendo amico- tra gli altri- di Enrique Angelelli.
“Io credo nella teologia della liberazione- afferma a tanti anni di distanza- perché questa vuole che la fede in Cristo sia la guida che attraverso la vita concreta il lavoro la convivenza si realizzi la giustizia e si scopra praticamente la terra tutta la terra è dono di Dio. Nonostante le grandi teologie l’Europa ha accolto e vive della dominazione del capitale”.
In quegli anni il clima si fece sempre più pesante. Accusato di trafficare “armi con il Cile” venne inserito nella lista nera del regime peroniano che fu appesa per tutte le strade di Santiago.
Ma in quel momento si trovava in Venezuela e si salvò. I suoi fratelli saranno tutti desaparecidos. Lui l’unico sopravvissuto. Un reduce. In Brasile a Sao Leopoldo iniziò ad aiutare le prostitute. “Un giorno venne una ragazza, una delle tante illusasi di fare cinema e invece finita a prostituirsi. Parlammo molto: mi colpì quello che mi disse, e cioè che gli uomini non cercavano solo piacere, volevano vendicarsi. Gli atti erano una specie di vendetta sul mondo delle donne”.
Dagli anni ottanta iniziò a risiedere a Spello e dal 2006 è tornato a Lucca nello stesso anno in cui Carlo Azeglio Ciampi, allora presidente della Repubblica, gli conferì la medaglia d’oro al Valor Civile per “aver salvato circa 800 ebrei”.
La stessa motivazione per cui è stato nominato “Giusto tra le Nazioni”.
Il 27 gennaio 2010, Giorno della Memoria, Paoli è salito a Barga. Per l’occasione tenne un sentito discorso.
Questa primavera è uscito l’ultimo dei suoi cinquanta libri: “La pazienza del nulla”. Una nuova edizione di un suo vecchio libro, uno degli oltre 50 che ha pubblicato nel corso della sua vita, che racconta dei quattordici mesi trascorsi nel deserto del Sahara, tra il 1953 e il 1954.
“Il deserto è il tempo in cui si sperimenta la morte” ha scritto.
httpv://www.youtube.com/watch?v=nboD2dxWpz0
Sulla Chiesa ha parole forti, precise, taglienti: “La Chiesa ci ha sempre trattati da bambini, ci dà il catechismo, la fede, i dogmi da seguire. Occorre una grande riforma. Bisogna cambiare il metodo. C’è stato una specie di eccesso di razionalizzazione della fede mentre il Cristianesimo di Gesù è semplice: Fa’ questo e vivrai. Ama il prossimo tuo. Sento che quello che Gesù vuole è che ci si interroghi sul senso dell’esistenza. La Chiesa dovrebbe occuparsi di quelli che non contano. Ha ecceduto in teoria mentre avrebbe dovuto mettere in pratica il vero progetto del fondatore”.
Già, il fondatore, quel Gesù la cui “vera ragione d’essere” è “amorizzare il mondo”.
“Amorizzare”. Un neologismo che non si stanca di ripetere. Un’espressione cara a Teilhard de Chardin. “Amorizzare il mondo”, portare l’amore ai fratelli. L’unica missione, secondo Paoli, di chi crede nel Bene.
“Gesù non ci ha chiesto di fare proseliti, ci ha chiesto di portare l’amore nel mondo” ripete
Nell’anno del 50esimo del Concilio Vaticano II, il 14 settembre scorso, impossibilitato a partecipare all’assemblea indetta da alcune associazioni cattoliche per celebrare e rilanciare il Concilio.
“Noi ci troviamo di fronte a una cosiddetta civiltà cristiana frantumata, diventata sterile per i più. Bisogna essere assoluti e pensare che il cristianesimo non è legge astratta ma è incarnazione della giustizia, della pace, della concordia tra gli uomini… Queste idee le ho vissute incarnate in America Latina. Avete mai pensato a quello che diceva il nostro compianto Balducci, che noi siamo la terra del tramonto e che dobbiamo valorizzare continenti come l’America Latina e l’Africa?… Non potremo mai sperare una primavera della fede se non partendo dal concetto dell’incarnazione. Non dimentichiamo mai che il primo teologo della liberazione è stato Gesù che non ci ha lasciato teorie ma pratiche concrete”.
Una volta chiesero a Paoli come si immagina l’aldilà? Paoli rispose: “Vedi oggi pomeriggio un caro amico mi accompagnerà a fare una passeggiata. Io non sto mica a chiedergli dove andremo, non sto a farmi spiegare cosa troverò. Così penso all’incontro con Dio. E’ un amico. E io mi fido di lui”.
Aspetta sereno quel momento, intanto, non si stanca di parlare e dedicarsi ai giovani.
Quei giovani che non amano “sufficientemente la loro esistenza”.
A cui ha dedicato un bellissimo appello nel maggio 2011, nella chiesa di San Cristoforo per la presentazione del suo libro “Dio nella trasparenza dei poveri”.
httpv://www.youtube.com/watch?v=D0Z-l5G9PAc
“Non sprecate la vostra vita!” lo ripete tre volte.
“Abbiamo bisogno delle vostre vite! Nessuno deve mancare all’appello!” lo sottolinea
“Cominciamo a camminare insieme”.
“Cominciamo a camminare”. A cento anni.
Non c’è da aggiungere altro.
Grazie Fratel Arturo Paoli. Cento di questi anni!