Con la fine dell’estate si avvicina la stagione della raccolta delle castagne e aumenta la preoccupazione dei vari castanicoltori presenti sul nostro territorio per i danni arrecati all’ “italico albero del pane” (come lo definiva Pascoli) a causa del terribile Cinipide. La situazione come emerso dal convegno di Villa Basilica di alcune settimane fa è grave come le ripercussioni sull’economia del castagno: scarsità della produzione delle castagne, scarsità di infiorescenze e quindi impossibilità di raccolta di miele di castagno (ad oggi è il settore più penalizzato perché quello che si stava sviluppando di più) e non per ultimo il rischio che il defogliamento dei castagneti abbia ripercussioni paesaggistiche e quindi impatto sull’appetibilità turistica delle nostre valli. Per cercare di capire le dimensione e l’entità del problema e cercare di dare risposte ai castanicoltori e non solo abbiamo intervistato l’Assessore provinciale alle politiche rurali Diego Santi.
Qual’è la situazione dei castagni lucchesi? I castagni lucchesi, come quelli di tutta Italia e come in gran parte del mondo, sono attaccati da questo insetto parassita che ne utilizza i rami giovani per inocularvi le proprie uova che crescendo creano una “galla” ovvero una protuberanza che di fatto ne impedisce le infiorescenze e lo sviluppo regolare delle gemme e delle foglie nuove, per cui anche se l’attacco in se non è mortale per il castagno, la scarsa fogliatura ne mina la salute rendendolo più aggredibile da altre patologie come funghi, muffe o anche semplicemente siccità. Ad oggi le due zone che soffrono di più di questo fenomeno sono la Garfanana (prima area lucchese ad essere colpita) e le montagne tra bagni di Lucca e Villa Basilica.
Ad oggi, cosa è stato fatto per cercare di risolvere questo problema? Ad oggi le esperienze a livello mondiale e sopratutto europeo ci dicono che l’unica via di azione è quella biologica ed in particolare l’utilizzo di un insetto antagonista del castagno, ovvero il Torymus Sinensis che inocula nelle galle del Cinipide le proprie larve che se ne nutrono. In particolare la Regione Toscana ha provveduto negli ultimi 3 anni a dei “lanci” di questi insetti. In particolare nella provincia di Lucca ne sono effettuati in Garfagnana e nella montagna di Villa Basilica.
Un insetto utilissimo che però crea alcuni problemi… Sì, la difficoltà nell’utilizzo di questo insetto stà nel fatto che è abbastanza complesso da far riprodurre in modo significativo in laboratorio (mentre una volta adattato in natura si riproduce da solo) ed essendo l’unico possibile fornitore l’Università di Torino (primo centro di ricerca italiano ad occuparsi del problema poiché il Cinipide in Italia si è diffuso partendo da quella regione) tutte le altre regioni devono passare da quell’unico laboratorio con ovvie limitazioni nel quantitativo.
Cosa è stato fatto, quindi, per ovviare a questo problema? Per ovviare a questo problema nella nostra regione sono stati creati alcuni “centri di allevamento”, ovvero zone adibite alla riproduzione di questo insetto destinato alla cattura e diffusione manuale (poiché la diffusione naturale è lenta) nelle zone colpite. Ad oggi l’unico centro di allevamento realmente completo e funzionante, in provincia di Lucca, si trova nel Comune di Caporgiano per cui si attendono i primi risultati. Non va omesso però il particolare che essendo la diffusione dell’insetto abbastanza lenta, si attendono risultati apprezzabili in un arco temporale di alcuni anni (almeno 4) per cui nel frattempo è richiesta ai castanicoltori un aiuto in termini di cure aggiuntive per le proprie piante che sebbene indebolite non devono essere considerate morte e quindi tagliate, ma anzi seguite ed “aiutate” con concimazioni e nel caso annaffiature, anche se è chiaro che queste operazioni nel nostro territorio sono oltremodo complesse.
La lotta al Cinipide attraverso il Torymus può essere attuata in via preventiva? Purtroppo no: non è possibile lanciare l’insetto buono prima che un castagneto sia attaccato dal Cinipide in quanto nutrendosi proprio del suddetto per il Torymus sarebbe impossibile vivere per mancanza di cibo.
Cosa intendete fare per il futuro? L’azione della Provincia in questo ambito è prima di tutto di supporto per l’azione della Regione nella lotta biologica, per questo dietro richiesta in particolare del Comune di Villa Basilica, stiamo studiando il modo di costituire un osservatorio permanente del fenomeno che ci dia informazioni costanti ed aggiornate sulla situazione a livello provinciale. A questo stiamo lavorando i questi giorni con l’urgenza che è richiesta in questi casi.Nel frattempo stiamo seguendo altri esperimenti scientifici sia dell’Università di Torino che di quella di Pisa, riguardo l’utilizzo di ulteriori tipi di insetti antagonisti nel Cinipide che, essendo autoctoni delle nostre zone, potrebbero essere più facilmente utilizzabili, ma per questo ancora non abbiamo risultati apprezzabili.
Cosa ne pensa del fungo scoperto dall’Università della Tuscia? Il fungo di cui si parla, ad oggi ancora necessita per l’utilizzo di ulteriori studi, infatti l’Università della Tuscia ancora è in fase sperimentale. Il primo problema che vedrei è che andando ad agire sulle galle del Cinipide, impedirebbero anche all’insetto “buono” da noi introdotto di vivere e di riprodursi, poiché lo stesso utilizza come habitat proprio le stesse galle, quindi potrebbe verificarsi un effetto controproducente, ma questo ce lo diranno i ricercatori. Sicuramente se i risultati saranno positivi cercheremo di applicarli, anche se è la Regione che con una unità appositamente costituita, si occupa in modo integrato della lotta diretta, e non potrebbe essere che così vista la vastità territoriale del fenomeno. Certamente prima di immettere qualsiasi tipo di organismo estraneo nel nostro territorio dobbiamo avere la certezza di non compiere leggerezze, che purtroppo anche in un passato recente hanno portato ad importanti squilibri del nostro ecosistema, che non ci possiamo permettere.