Anche i preti hanno fatto l’unità d’Italia. Un titolo che è tutto un programma quello del nuovo libro di don Santino Spartà che dopo un attento lavoro di ricerca ha raccolto in un documentato volume le storie spesso poco conosciute e scomode di tutti quei religiosi che senza rinunciare alla loro vocazione e alla loro opera combatterono accanto agli altri patrioti per l’Unità d’Italia.
Il periodo preso in esame da Spartà parte addirittura dal 1794 con i preti di Vallo Diano, poi i patrioti salentini, i preti carbonari in Irpinia. Per passare poi ai martiri di Belfiore condannati a morte dal feldmaresciallo Radetzky come il mazziniano Don Enrico Tazzoli, al clero nei giorni dei moti del ’48. Don Giovanni Verità che salvò Garibaldi dagli austriaci che lo braccavano in Toscana nascondendolo per sette giorni nella casa di Modigliana durante l’agosto del 1849.
Pochi lo sanno ma anche la nostra Valle ebbe il suo “monaco-guerriero”: Matteo Trenta nato a Monti di Villa (un gregge di case nel comune di Bagni di Lucca) il primo giorno di dicembre del 1817. La vita, per lui, sin dall’inizio, non fu facile: a 10 anni gli morì il padre. Fu affidato a don Filippo Lippi un sacerdote pio e di grande cultura che, con la sua scrupolosa educazione, forgiò il giovane che lo seguì nella parrocchia di Collodi, prima di entrare in seminario. Appena fatto sacerdote volle celebrare la sua prima messa nel suo paese natio. Nel 1846 si laureò in studi fisico- matematici all’ateneo pisano. Fu prete e insegnante nelle scuole pubbliche.
Le poche ore libere le dedicava alla beneficenza e a quella passione che stava crescendo dentro di lui: aderire ai moti risorgimentali. Non ebbe, quindi, ripensamenti quando scoppiò la guerra del 1848 a seguire, come cappellano, un gruppo di volontari lucchesi. Per il suo valore, il Colonnello Giovannetti lo nominò Capitano ed ebbe l’ammirazione di importanti personaggi dell’epoca come il poeta Giuseppe Giusti. Compose anche un inno patriottico musicato da Giuseppe Rustici.
Terminata la campagna di guerra, tornò a Lucca dove riprese la sua attività di prete e insegnante. Tenne la cattedra di aritmetica e geometria e, presso la Pia Casa, creò la sezione “Ricovero pericolanti” per l’educazione delle giovani senza famiglia. Insignito della prestigiosa Medaglia d’argento al Valor Militare, morì alla giovane età di 39 anni, dopo una breve malattia.