Il 16 aprile scorso barganews.com compiva il suo primo anno di vita. Centinaia di messaggi augurali ci sono giunti su Facebook, segno evidente dell’apprezzamento che gode questo giornale online, nato solo un anno fa dalla fusione della costola online del Giornale di Barga e di Barganews.
E’ stata una scommessa difficile da portare avanti: far digerire la novità a lettori che, nel caso in particolare di barganews, erano abituati da decenni ad un prodotto, non è stato facile, soprattutto dal punto di vista dell’impostazione grafica. E nemmeno far capire la novità di un giornale bilingue, con articoli espressamente pensati per il mercato internazionale in inglese ed il rimanente in italiano.
Piano, piano i lettori hanno imparato a conoscere il nuovo giornale ed hanno capito ed apprezzato tutte le novità.
Non è stato facile nemmeno cercare di allargare gli orizzonti di questo giornale, uscire dai confini barghigiani per calcare le strade che ci hanno portato negli altri centri della Valle. E’ una strada ancora tutta da percorrere anzi, ma per far questo occorrono più fondi, più disponibilità economiche che al momento non abbiamo.
Proprio qui sta il nocciolo di tutto quello che vi stiamo per dire. Questo giornale online, per poter andare avanti, per poter garantire la qualità dei servizi che vi ha offerto in questo suo primo anno di vita, per poter crescere ancora offrendovi servizi da tutta la Valle e tante, ma tante altre innovazioni, ha bisogno di far più forti le sue spalle. Ha bisogno di soldi, detto terra, terra.
Il settore dell’editoria è uno di quelli che sta subendo maggiormente questa crisi planetaria ed anche dalle nostre parti le conseguenze si sono viste con la chiusura di quotidiani e settimanali. Non fa eccezione il mondo dell’informazione online con l’unica differenza, almeno per quello che ci riguarda, che fino ad ora abbiamo lavorato praticamente gratis.
Uno degli obiettivi che ci eravamo preposti quando abbiamo fondato questa società era di realizzare il giornale online ideale, pieno di soluzioni innovative ed in grado di fornire una comunicazione a 360 gradi. Con articoli, approfondimenti, interviste, contributi audio e video e tante immagini. Con la volontà di accrescere il tutto offrendo sempre di più l’interattività ai nostri lettori: la possibilità di utilizzare questo portale come un social network della Valle, ma di poter commentare in futuro le notizie principali con proprie immagini, testimonianze, filmati. Fare e offrire insomma una informazione completa, fatta sul campo, in tempo reale, da professionisti, ma anche dagli stessi lettori.
Qualche passo lo abbiamo fatto, ma tanti altri devono essere ancora compiuti. Solo una certa stabilità ed un certo ritorno economico di permetteranno di raggiungere tutti questi obiettivi e vi assicuriamo che di idee da portare avanti e da proporvi ce ne sono ancora tante.
Noi siamo tra quelli che riteniamo, trovandoci in sintonia con grandi nomi del giornalismo come il direttore de L’Espresso, Bruno Manfellotto(che lo ribadì anche a Barga in occasione del Premio Benedetti), che il futuro del giornalismo online non sia “free”. Che come per qualsiasi servizio da noi richiesto, sia un caffè al bar che la spesa al supermercato, ci sia da corrispondere un giusto tributo. Ottenendo in cambio il massimo della professionalità e dalla serietà.
E’ stato detto, e noi siamo d’accordo, che il futuro del giornalismo non può prescindere tout court dagli aspetti economici poiché evidentemente si tratta sia della corretta remunerazione del lavoro svolto che della giusta valorizzazione dello stesso.
Qualcuno ci interrogherà sul perché non si è scelto di cavalcare, per l’approvvigionamento economico, la strada della pubblicità. Cavalchiamo anche quella, non abbiate paura, ma avete idea di quale situazione economica il paese sta vivendo? Chiudono ogni giorno giornali su giornali, proprio perché le entrate pubblicitarie (oltre ai lettori) sono calate vertiginosamente. Raccogliere pubblicità rientra tra i nostri imperativi, ma non è certo cosa facile e tale da permetterci la sopravvivenza. Poi, almeno dalle nostre parti, c’è da fare i conti con una certa diffidenza all’utilizzo pubblicitario di internet. Giornaledibarganews.com rappresenta indubbiamente una importante vetrina per farsi conoscere in tutto il mondo. Molte aziende, molte attività potrebbero tranquillamente pubblicizzare i propri siti sul nostro giornale, aumentando notevolmente la propria visibilità, ma pochi lo fanno. Alcuni anzi pretenderebbero che pubblicassimo gratis le loro offerte e le loro iniziative commerciali. Quelle con le quali sono giustamente intenzionate a far soldi. Qualcosa non torna evidentemente.
Internet ha introdotto l’innovazione del tutto disponibile e soprattutto del tutto gratis. Ma avete mai pensato ad una delle principali conseguenze di tutto questo? Siete realmente sicuri che tutto quello che vi viene proposto sia approfondito, accertato e veritiero? Perché se ci si affida ad una informazione improvvisata e da quattro, anzi, da nessun soldo, il rischio è anche questo.
Noi così vogliamo rifarci in parte all’idea di “freemium”, neologismo nato dalla fusione dei termini “free” e “premium” che evidentemente sottintende come vi possa essere una compensazione per idee, concetti e lavoro premium: di qualità insomma. E’ un concetto che rappresenta una categoria di prodotti o servizi appartenenti all’epoca digitale coniato da Chris Anderson, autore della Lunga Coda (Long Tail) nel suo ultimo libro “Free”. L’idea del Freemium è quella di offrire un prodotto o un servizio gratuitamente nelle sue funzionalità di base e di renderlo a pagamento per ottenere funzionalità avanzate (premium).
La nostra idea è oggi proprio questa. Ad un anno esatto dalla sua nascita barganews.com continuerà ad offrire a tutti una informazione generale pubblica, nel senso che una parte delle notizie, soprattutto quelle di utilità pubblica o più generaliste, saranno a disposizione di chiunque. Tutto il resto, chi vorrà disporre di servizi completi e di tutte le proposte di barganews.com, chi vorrà avere la possibilità di scaricare foto in alta risoluzione o leggere le notizie in tutti i loro dettagli ed i loro approfondimenti (testi, immagini, video, audio), lo potrà fare con un piccolo contributo annuo. Un piccolo aiuto che permetterà la crescita e l’ulteriore sviluppo di questo giornale nel prossimo futuro.
Bisogna cambiare dunque un’altra volta impostazione mentale, rivedere l’abitudine consolidata a fruire gratuitamente delle notizie online. Non può e non deve più essere così se vogliamo che l’informazione che leggiamo sia libera veramente, ma soprattutto affidabile ed accurata. Noi di giornaledibarganews siamo sul campo 24 ore su 24, ma per far questo e per continuare a farlo abbiamo bisogno di mangiare anche noi… Aiutateci quindi a far sì che giornaledibarganews continui ad offrirvi uno spaccato completo della vita a Barga e dintorni come ha fatto sino ad ora. Preciso, approfondito e soprattutto veritiero.
Daremo nei prossimi giorni la possibilità a tutti di iscriversi e di diventare utenti premium di barganews.com per un paio di settimane. Poi potrete scegliere liberamente che cosa volete fare.
L’abbonamento che può essere sottoscritto ha diverse varianti e ve ne parleremo. Ma non sarà assolutamente, anzi per nulla, oneroso e soprattutto offrirà un’ampia possibilità di scelta.
Si accettano consigli, opinioni, critiche, idee.
As I have said many times to Keane, I will be the first to sign up and pay for a membership if it will help maintain my favorite online news outlet.
Let me know where I can sign and I will be the first in line!
Congratulations to Keane, Luca, Maria Elena and all the regular contributors to the new giornaledibarganews. It is not easy to maintain the high standard of journalism and information which you achieve EVERY DAY. Bravi!
Auguri per il futuro!!
Ron e Susi
This is an invaluable resource. Onward.
I too would be happy to subscribe. I couldn’t do without the site; and, while a lot of the younger generation may find strange the idea of paying for anything that comes over the internet, I would like the media to sell product to readers rather than sell readers to advertisers.
The article asks for comments and ideas. I have one. Yes of course English giornaledibarganews readers should be as comfortable with articles in Italian as in English. We should all get to learn the language properly. I know, I know. But (and I’m sure I speak for another person in our little household) how about a premium subscription which gets all the articles in English, and not just a selection?
Sorry!
are you volunteering to do the translations Elliot? Hahahah, I’m JUST KIDDING.
Your statement: “I would like the media to sell product to readers rather than sell readers to advertisers.” is right on the money.
hi Elliot
you can press the “translate” button to get a rough translation in Googlespeak. Not perfect but you will at least get the gist.
Dove sono i gli italiani? Luca presentava questa faccenda importantissima e appassionata in italiano — e tutti risposti, tutte dichiarazone del sostegno, sono fatte dai lettore inglese o americani. Mi scusate amici barghigiani, ma il vostro silenzio e vergognoso.
Hai ragione, Frank.
Non per giustificarmi, ma per quanto mi riguarda la lentezza nel commentare è dovuta (oltre alla pigrizia) soprattutto alla quantità e alla qualità dei temi buttati sul tavolo da Luca prima, dai commenti poi: futuro dell’informazione online, crisi dell’editoria, coda lunga e “freemium”, presunta natura gratuita di molti servizi in rete (anche e soprattutto Facebook)… Ci sarebbe materiale per scrivere diversi libri, come in effetti è già stato fatto.
Sperando di poter tornare a discutere con più calma perlomeno di alcuni di questi temi, rispondo alla chiamata alle armi e mi dico tendenzialmente favorevole ad una eventuale formula per poter accedere a pagamento a giornaledibarganews.
Per adesso mi limito a dire tendenzialmente perché siamo ancora alle dichiarazioni di intenti: molto dipenderà dalla forma di partecipazione (economica e non) richiesta.
In casi come questo, la forma è anche sostanza.
Intanto vorrei ringraziare tutti quelli che hanno scelto di commentare il mio intervento e l’iniziativa di giornaledibarganews. Ovviamente mi ritrovo molto in sintonia con quanto detto alla fine dal collega, anzi maestro, Frank. E’ strano che un articolo scritto in italiano riceva così pochi commenti da chi l’italiano lo legge. Questo in generale, ma in particolare per quello che avevamo da dire. Comunque sia nei prossimi giorni avremo modo di riparlare della necessità di trovare un equilibrio tra informazione e corrispettivo economico. La proposta che andremo a fare ai nostri lettori è secondo noi equa ed assolutamente sostenibile. Sia nell’interesse di chi legge che di chi scrive. Alla prossima dunque e grazie ancora a Frank, a Marco, a Ron, Elliot, a Kerry ed a Beauly per le loro parole di incoraggiamento.
Abbozzo una risposta da italiano. Siamo lucchesi, di braccino corto, e specialmente in un momento come questo dove decine e decine di famiglie sono con il …. per terra.
Viene la necessità prima della voglia, viene il bisogno prima del diletto, purtroppo viene la pancia prima della conoscenza.
E questo è ciò che qualcuno ha interesse a che accada, perchè un popolo di ignoranti si controlla meglio, si gestisce meglio, si deruba meglio.
Comunque eccomi, pronto a rimanere, sempre che si tratti di forme e misure che possano essere accettabili, come ha detto Marco.
Se c’è un capitolo di spesa al quale tendenzialemente non rinuncio è l’informazione, e l’informazione libera soprattutto.
Bene. Grazie anche della tua risposta Valter. Nei prossimi giorni renderemo note le varie proposte di abbonmento. Aggiungo solo, per il momento, che si potranno sottoscrivere abbonamenti annuali, mensili, settimanali o anche solo di un giorno e che i costi da sostenere saranno veramente esigui. Stiamo nel frattempo preparando anche un’altra novità da sottoporre alla vostra attenzione. Anche di questo vi parleremo non appena avremo perfezionato l’operazione.
Mi scuso se riprendo la parola, ma a giudicare da quanto scritto nei commenti da Luca, poi da Valter e poi ancora da Luca, non vorrei esser stato frainteso.
Sull’accessibilità in termini economici del futuro servizio non ho molti dubbi: conosco troppo bene tutti i responsabili di giornaledibarganews per pensare che sia nelle loro intenzioni mettere in piedi un giornale elitario.
Piuttosto, fra le molte cose dette da Luca nell’articolo, ne vorrei sottolineare due (cito testualmente):
– “La volontà di accrescere il tutto offrendo sempre di più l’interattività ai nostri lettori: la possibilità di utilizzare questo portale come un social network della Valle, ma di poter commentare in futuro le notizie principali con proprie immagini, testimonianze, filmati. Fare e offrire insomma una informazione completa, fatta sul campo, in tempo reale, da professionisti, ma anche dagli stessi lettori”.
– “Che come per qualsiasi servizio da noi richiesto, sia un caffè al bar che la spesa al supermercato, ci sia da corrispondere un giusto tributo. Ottenendo in cambio il massimo della professionalità e dalla serietà.
E’ stato detto, e noi siamo d’accordo, che il futuro del giornalismo non può prescindere tout court dagli aspetti economici poiché evidentemente si tratta sia della corretta remunerazione del lavoro svolto che della giusta valorizzazione dello stesso”.
Con questi presupposti, a fianco di formule di abbonamento classiche (sia anche per un solo giorno), magari si potrebbero elaborare forme nelle quali sia riconosciuto un tributo a chi partecipa dall’esterno della redazione e fornisce contenuti.
La butto lì come esempio: una specie di pay per view sui singoli articoli. Si paga (tanto per dire) 10 centesimi per vedere un articolo; 5 vanno a giornaledibarganews, 5 all’estensore dell’articolo. Agli abbonati potrebbe essere riconosciuto un credito di partenza sui singoli articoli. I contenuti ovviamente sarebbero preventivamente vagliati dalla redazione.
Mi rendo conto che è un po’ nebulosa come idea, ma a sentir parlare di “social netwrok della valle”, “informazione fatta anche dai lettori” e “corretta remunerazione del lavoro”, non ho potuto fare a meno di pensare a qualcosa di questo genere.
Anche perché, parere assolutamente personale, il grosso problema sia dei social network che dei portali di informazione non è tanto la (presunta) fruizione gratuita, quanto lo sfruttamento del lavoro gratuito e (spesso) inconsapevole. Ma su questo si potrebbe discutere a lungo…
Chiaramente aprirsi a soluzioni di questo tipo vuol dire cambiare la natura stessa del giornale: da trasmissione unidirezionale dalla redazione ai lettori a vero e proprio network. Questo intendevo quando dicevo che la forma di partecipazione (economica e non) in casi come questo è sostanza. D’altra parte, se non ho frainteso, è stato lo stesso direttore a tirare in ballo un modello di informazione fatta anche dal basso e quanto più aggregata e aggregante possibile. O sbaglio?
Ciao Luca, da lettore del Gdb e soprattutto da collega, non posso che approvare questa nuova strada. So bene cosa spinge a intraprendere iniziative del genere, so bene la ritrosia di aziende e semplici utenti a “traslocare” dal vecchio e ormai in declino formato cartaceo al più accattivante web. Le frontiere di internet spaziano orizzonti e mercati planetari, la carta arriva dove può arrivare. Eppure, gestire un sito comporta delle spese. Minori, certo, rispetto ai canali classici dell’informazione, ma pur sempre presenti. E quindi occorre fare i conti a tavolino. Altri siti specializzati hanno intrapreso questa strada, che poi è di fatto anche un modo per “tutelarsi” da tentazioni di fare copia e incolla e per usare un gergo giornalistico, rimpastare le cose cambiando solo la firma e la fonte. Ne va appunto della serietà di un prodotto. L’Italia è un paese vecchio, meglio l’usato sicuro (carta) che il nuovo che avanza ma con tante incertezze (internet, anche se non è così). Così è in tutti i campi della vita quotidiana, purtroppo. Bravo comunque, e complimenti per il coraggio di una scelta simile, che ha tanti pro e altrettanti contro. Bravo soprattutto per aver aperto un momento di confronto coi lettori – utenti, allargando la partecipazione a tutte le componenti che ruotano gioco forza nel sistema di (auto)finanziamento dell’informazione: editori, lettori, aziende private. Una scelta radicale, che potrebbe portare alla lunga benefici a tutto il sistema: non solo si evita il rischio di notizie non approfondite o semplicemente scopiazzate da freddi comunicati stampa, ma soprattutto garantirebbe piena indipendenza dalle pressioni più o meno presenti di ogni potere precostuito (politico, senza girarci intorno), garantendo quindi una sorta di “libertà” che il Gdb ha sempre avuto, ma la carta stampata spesso no. Poi, quando si arriverà all’autofinanziamento con la vendita degli spazi banner, si potrà ridiscutere. Ma le aziende italiane sono arrivate tardi a capire l’importanza di questa finestra sul globo quale è internet, quelle lucchesi ancora più tardi, quelle locali ci devono ancora arrivare. Non resta che aspettare… In bocca al lupo.
P. S. Io farei abbonamenti forfettari a cadenza mensile, trimestrale, semestrale e annuale.
Ciao Nicola
Nicola, ovviamemente siamo in sintonia e ti ringrazio. Tutto quello che dici spero sia condiviso da molti nostri lettori. Per quanto roiguarda gli abbonamenti avevamo già pensato a diverse possibilità. Ci sarà un abbonamento annuale, uno mensile, uno addirittura settimanale e si arriverà anche alla possibilità di sottoscrivere un accesso premium anche solo per un giorno. Se non oggi domani, pubblicheremo un nuovo articolo dove spieheremo costi e modalità. Ci stiamo lavorando. Grazie.
Marco scrive:
“La butto lì come esempio: una specie di pay per view sui singoli articoli. Si paga (tanto per dire) 10 centesimi per vedere un articolo; 5 vanno a giornaledibarganews, 5 all’estensore dell’articolo. Agli abbonati potrebbe essere riconosciuto un credito di partenza sui singoli articoli. I contenuti ovviamente sarebbero preventivamente vagliati dalla redazione.
Mi rendo conto che è un po’ nebulosa come idea, ma a sentir parlare di “social netwrok della valle”, “informazione fatta anche dai lettori” e “corretta remunerazione del lavoro”, non ho potuto fare a meno di pensare a qualcosa di questo genere.
Anche perché, parere assolutamente personale, il grosso problema sia dei social network che dei portali di informazione non è tanto la (presunta) fruizione gratuita, quanto lo sfruttamento del lavoro gratuito e (spesso) inconsapevole. Ma su questo si potrebbe discutere a lungo…
Chiaramente aprirsi a soluzioni di questo tipo vuol dire cambiare la natura stessa del giornale: da trasmissione unidirezionale dalla redazione ai lettori a vero e proprio network. Questo intendevo quando dicevo che la forma di partecipazione (economica e non) in casi come questo è sostanza. D’altra parte, se non ho frainteso, è stato lo stesso direttore a tirare in ballo un modello di informazione fatta anche dal basso e quanto più aggregata e aggregante possibile. O sbaglio?”
No, non sbagli Marco. La nostra intenzione è questa. Ci vorrà del tempo, tanto impegno ed anche qualche investimento al momento non possibile ma il nostro obiettivo è sempre stato questo e vogliamo arrivarci prima possibile. Vogliamo che quesrta sia la voce più interattiva che c’è. Che ci siano uno scambio alla pari con i lettori che potranno contribuire a migliorare ed a completare lenotizie. Interessante il discorso della contribuzione ai lettori. E’ una cosa difficile da attuare (non ti sto a dire quanto sia difficile cambiare tutta l’impostazione del sito per gli accessi diversificati che attueremo d’ora in poi), ma da tenere senza dubbio in considerazione. Grazie.
Tanto per rincarare la dose, stimolato anche dal concetto poco sopra espresso da elliot grant (“I would like the media to sell product to readers rather than sell readers to advertisers”), vorrei riportare un estratto da una lunga riflessione di Wu Ming 1 a proposito di “Feticismo della merce digitale e sfruttamento nascosto”.
Il testo integrale è reperibile all’indirizzo: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5241
Mi scuso (di nuovo) per la lunghezza di questo intervento e mi auguro si capisca che il riferimento a Marx è importante in termini di categorie: è bene specificarlo perché quando si fanno certi nomi spesso la discussione rischia di impantanarsi in questioni “di bandiera”.
“Sto per fare l’esempio di Facebook. Non perché gli altri social media siano “meno malvagi”, ma perché al momento è il più grosso, è quello che fa più soldi ed è – come dimostra la recentissima ondata di nuove opzioni e implementazioni – il più avvolgente, pervasivo ed espansionista. Facebook si muove come se volesse inglobare tutta la rete, sostituirsi ad essa. E’ il social network par excellence, dunque ci fornisce l’esempio più chiaro.
Sei uno degli oltre settecento milioni di utenti che usa Facebook? Bene, vuol dire che quasi ogni giorno produci contenuti per il network: contenuti di ogni genere, non ultimo contenuti affettivi e relazionali. Sei parte del general intellect di Facebook. Insomma, Facebook esiste e funziona grazie a quelli come te. Di cos’è il nome Facebook se non di questa intelligenza collettiva, che non è prodotta da Zuckerberg e compagnia, ma dagli utenti?
Tu su Facebook di fatto lavori. Non te ne accorgi, ma lavori. Lavori senza essere pagato. Sono altri a fare soldi col tuo lavoro.
Qui il concetto marxiano che torna utile è quello di “pluslavoro”. Non è un concetto astruso: significa “la parte di lavoro che, pur producendo valore, non si traduce in salario ma in profitto del padrone, in quanto proprietario dei mezzi di produzione”.
Dove c’è profitto, vuol dire che c’è stato pluslavoro. Altrimenti, se tutta la quota di lavoro fosse remunerata in base al valore che ha creato, beh… sarebbe il comunismo, la società senza classi. E’ chiaro che il padrone deve pagare in salari meno di quel che trarrà dalla vendita delle merci. “Profitto” significa questo. Significa pagare ai lavoratori meno del valore reale del lavoro che svolgono.
Per vari motivi, il padrone può anche non riuscire a venderle, quelle merci. E quindi non realizzare profitti. Ma questo non significa che i lavoratori non abbiano erogato pluslavoro. L’intera società capitalistica è basata su plusvalore e pluslavoro.
Su Facebook il tuo lavoro è tutto pluslavoro, perché non vieni pagato. Zuckerberg ogni giorno si vende il tuo pluslavoro, cioè si vende la tua vita (i dati sensibili, i pattern della tua navigazione etc.) e le tue relazioni, e guadagna svariati milioni di dollari al giorno. Perché lui è il proprietario del mezzo di produzione, tu no.
L’informazione è merce. La conoscenza è merce. Anzi, nel postfordismo o come diavolo vogliamo chiamarlo, è la merce delle merci. E’ forza produttiva e merce al tempo stesso, proprio come la forza-lavoro. La comunità che usa Facebook produce informazione (sui gusti, sui modelli di consumo, sui trend di mercato) che il padrone impacchetta in forma di statistiche e vende a soggetti terzi e/o usa per personalizzare pubblicità, offerte e transazioni di vario genere.
Inoltre, lo stesso Facebook, in quanto rappresentazione della più estesa rete di relazioni sul pianeta, è una merce. L’azienza Facebook può vendere informazione solo se, al contempo e senza sosta, vende quella rappresentazione di se stessa. Anche tale rappresentazione è dovuta agli utenti, ma a riempirsi il conto in banca è Zuckerberg”.
Conversazione interessante questa.
Per quanto riguarda la trasformazione di giornaledibarganews da sito gratuito a sito a pagamento, trovo che sia una scelta editoriale che non può essere giudicata senza prima conoscerne i dettagli. Tutto dipenderà dal costo del nuovo servizio, e soprattutto dai ciò che verrà offerto in termini di contenuti. Quello che mi aspetterei dal cambiamento è:
1) migliore qualità degli articoli (anche meno articoli, ma con contenuti più interessanti)
2) migliore organizzazione dei contenuti:
a) in termini di fruibilità dei singoli articoli a volte eccessivamente lunghi e poco coerenti, quindi difficili da leggere.
b) in termini di organizzazione dei contenuti nell’homepage, dato che a volte sono ripetuti più volte in sezioni diverse.
L’idea di un giornale con maggior apporto da parte dei lettori è stimolante. Di sicuro è un impegno gravoso dato che i contenuti non possono essere lasciati senza filtro, soprattutto se si intende trasmetterli come contenuti del giornale (ricordo ad esempio il recente caso di plagio).
Mi viene da fare una riflessione rispetto all’articolo riportato da Marco. E’ citato facebook come esempio, ma penso sia utile ampliare il discorso a tutta la rete. Ogni contenuto in rete è potenzialmente fonte di reddito da parte di aziende di marketing, pubblicità… anche questo sito. A meno che non si decida di renderlo nascosto a motori di ricerca e similari, pena però la perdita di visibiiltà. La conoscenza è merce? Sta a noi utilizzarla nel migliore dei modi.
Alessandro
I’m not sure how helpful it is to bring in Facebook. People who use Facebook – I’m not one of them, and nothing in the world would induce me to join – presumably do so because they get a benefit from it: I’d be surprised if anyone who wanted to use Facebook decided not to simply out of a reluctance to enrich Mark Zuckerberg. I would simply make the point that I’m happy to pay a subscription to Giornaledibarganews to keep it in operation because it provides a good and valuable service and because without it it would be so much harder to have an idea about what’s going on in our area. I find it hard to see that GdBN is a substitute for or in competition with Facebook.
I have to say that I find the idea of paying individually per article profoundly offputting. Quite apart from the fact that it’s a hassle, it could create perverse journalistic incentives. And, above all, I think the idea undermines the role of the competent newspaper team. It should be their job to produce a journal (albeit online) that provides a well-rounded package. Not every article will be of interest to everybody. But there should be enough articles of general interest to sustain a broadly-based readership and that sense of a real local community that so many of us prize. So long as the team do that I’m happy to support them: and in that sense I’m happy to pay for some articles that I myself have no particular interest in reading. Once you start chopping up the product into pay-per-article I fear that that sense of community will start to be lost
Probabilmente mi sono spiegato male, o invece magari sono io a non aver capito bene quanto espresso da Luca, sebbene fosse scritto in perfetto italiano.
La questione del giornale aperto anche a contributi esterni alla redazione mi pare sia stata posta dallo stesso direttore. Ora, siccome tutti ci siamo detti d’accordo sul fatto che chi fornisce i contenuti debba avere un giusto compenso, la mia ipotesi (ripeto: nebulosa) voleva essere un abbozzo in tal senso.
Considerato che stando a quanto si legge nell’articolo mi pare di aver capito che la redazione non sia nelle condizioni di poter retribuire collaboratori fissi, quella della pay per view mi sembrava un’idea per poter riconoscere qualcosa a chi forniva il suo contributo.
Nella mia ipotesi, questa non avrebbe dovuto essere un’alternativa ai piani classici di abbonamento, ma una integrazione. In poche parole, mi sembrava una delle poche strade percorribili per gratificare chi partecipava attivamente senza gravare direttamente su giornaledibarganews.
Questo può innescare una spirale perversa? Può darsi, se ne può discutere (a patto di non arrivare già con la risposta pronta). A mio parere, però, al momento sono un problema più contingente i molti soggetti che forniscono contenuti (ai social network, ai cosiddetti portali d’informazione, ecc…) avendo in cambio poco o niente.
Nessuno può ragionevolmente credere che giornaledibarganews sia in competizione o alternativo a facebook. Semplicemente, il brano dell’articolo riportato faceva l’esempio di facebook come caso eclatante di “pluslavoro” (scusatemi: non saprei come altro definirlo). Chiaramente il concetto può essere esteso e non soltanto a tutta la rete, come dice Alessandro. Succede anche nei giornali, dove a determinare il profitto non sono tanto i pochi professionisti ben stipendiati e tutelati, quanto i molti precari dell’informazione.
Questo per chiarire il senso dei miei due interventi precedenti.
Per il resto, mi associo all’ultimo commento: anch’io sarei felice di dare il mio contributo per mantenere vivo giornaledibarganews, pur considerando che non tutti gli articoli possono avere lo stesso grado di interesse, ma questo d’altra parte accade per ogni pubblicazione. Non vedo però un grosso pericolo nell’affiancare ai contenuti coperti dall’abbonamento altri “a gettone”, per i quali i singoli crediti potrebbero essere acquistati insieme all’abbonamento stesso.
Mi scuso per non capire completamente gli argomenti e le discussioni sopra, tuttavia per me, la pay per view o un piano abbonamento a pagamento è molto molto semplice.
1. Questo giornale online / rivista non può esistere con la pubblicità da sola, se lo facesse, avrebbe contenuto editoriale molto poco, e nessuno l’avrebbe letta.
2. Pertanto, per continuare, la piattaforma di business richiede un’altra fonte di reddito. Inserisci il subscribtion pagamento.
Speriamo che gli editori sono in grado di trovare un equilibrio tra contenuto editoriale e pubblicità. Se si sceglie di utilizzare una combinazione di redattori pagati professionisti e giornalisti e anche cercare commento e del contributo del lettori, tanto meglio.
Se gli editori possono anche creare uno sbocco per la partecipazione facile dai lettori in modo che possano partecipare ad una discussione online sociale come la “lettera al direttore”, o “opinione” pagine dei giornali di stampa, in modo che sempre più persone vogliono partecipare , che è anche migliore.
La meccanica di abbonamento a pagamento non è il vero punto qui. (giornaliera, mensile, annuale). Il vero punto è come si può trovare l’equilibrio in modo che questo modello di business può essere sostenuta.