E’ una mattina dal tempo incerto quando mi presento con puntualità all’appuntamento con Francesco Noferi, il Presidente nella neonata Associazione “Salviamo La Rocca“. Ho con me l’ombrello che a tratti risulterà utile, la macchina fotografica e un certo numero di domande.
Francesco arriva con un sorriso e mi dice che salendo alla Rocca di Ripafratta incontreremo altri volontari. Lo seguo mentre cammina nella strettissima strada che si incunea dietro la chiesa del piccolo borgo. Un borgo di frontiera per gran parte della storia, un luogo strategico anche durante l’ultimo conflitto mondiale e oggi al centro di un tentativo di recupero che, in un certo modo, lo porta oltre la frontiera di una noiosa ed arrendovole ordinarietà.
“La Rocca è una proprietà privata” – accenno io. Francesco sorride e mi dice che questo, forse, è l’ultimo dei problemi, anche alla luce dello scarso interesse che la proprietà dimostra per il bene in questione. Quello che conta, intuisco io, è che la collettività rivendica una sorta di “proprietà culturale” sulla Rocca di Ripafratta. E non so come dargli torto: da secoli un sistema di torri e la rocca condizionano la vita di chi vive in questo paese, da secoli chi vive nel paese influenza le sorti della Rocca.
Oggi che la struttura fortificata versa in uno stato di grave abbandono un manipolo di volontari, circa trenta a rotazione, si adopera per riportarla almeno all’originaria visibilità. “Da mesi rimuoviamo edere e altra vegetazione dalle mura della Rocca” – mi dice Francesco – “e tagliamo alberi che sono cresciuti dove fino a qualche decennio fa c’erano prati e coltivi”. Alla fine si salveranno solo quegli alberi che nelle foto più vecchie caratterizzano il paesaggio della Rocca. Alcuni pini sono guardati con rispetto quasi religioso anche dalle persone che incontro con Francesco. Tra questi c’è anche il Vicepresidente dell’Associazione Marco Alessi, ma è piuttosto chiaro che questi riferimenti alle cariche sociali contano ben poco. A tratti piove e chi è presente si bagna e sorride convinto di fare una cosa importante.
L’interno della Rocca è quasi completamente trasformato. Mesi fa tutto era coperto dai rovi e dalle edere e si riusciva appena ad entrare. Ora si arriva ovunque, si puà sbirciare nel pozzo e persino scoprire una seconda torre interna alla fortezza che per anni è stata pressochè invisibile. La torre posta al centro della Rocca è ancora avvolta in un inutile e fatiscente ponteggio, quasi a evocare le enormi possibilità di insuccesso, come già è avvenuto in passato.
“Noi ci crediamo” – mi dice Francesco – “e ci stiamo muovendo per acquisire l’autorizzazione a lavorare sui terreni circostanti la Rocca”. Forse servirà una strada per proseguire i lavori e tanto tanto aiuto. “Il clima generale sembra positivo, ci sono le condizioni per avere finanziamenti – prosegue Francesco – basta sistemare qualche aspetto formale”.
A vedere i volontari al lavoro in un sabato mattina in cui pioggia e sole si alternano tutto sembra possibile. Ci sono coraggio e orgoglio, una grande forza, una forza che si ferma solo con difficoltà. Una forza che in questi tempi a tratti bui sembra un segnale forte, un esempio da emulare.
Mentre scendiamo verso il paese parliamo di “valorizzazione” e con Francesco concordiamo sul fatto che la valorizzazione della Rocca potrà e dovrà avere un significato economico per Ripafratta e il suo circondario. L’obiettivo è chiaro: un bene storico – culturale dal forte valore identitario potrebbe restituire alle terre che lo circondano delle opportunità economiche. “Anche per questo motivo” – mi dice Francesco – “a fine maggio si svolgerà un incontro dal titolo Turismo, economia, territorio: parliamone insieme“. Sarà un occasione per riunire professionisti del turismo (agenzie, esperti, docenti), associazioni di volontariato, titolari di bed & breakfast o esercizi commerciali, guide, escursionisti, appassionati e turisti e parlare del futuro della Rocca in chiave turistica.
Mi congedo da Francesco con una convinzione: si sta passando dalle parole ai fatti!