Qualche giorno fa stavo pensando a cosa proporre di nuovo e mi ero promesso di cambiare completamente argomento. Cercavo qualcosa che esulasse dall’arte canonica onnipresente nei musei, sui libri e nelle nostre città. Avrei voluto proporre qualcosa di contemporaneamente ardito, ma un invito ricevuto via sms ha cambiato tutti i miei buoni propositi.
Il viaggio che voglio proporvi ci porta al di fuori della vecchia e cara Europa… si va in Giappone! Ebbene sì avete capito bene, vi porterò nella terra delle elegantissime geishe, dei valorosi samurai, dei bellissimi templi e della splendida arte.
L’altra mattina, dicevo, mi è arrivato un messaggio dalla mia amica Marta in cui proponeva “Giappone. Terra di incanti, l’eleganza della memoria” a palazzo Pitti; l’invito è stato poi esteso a Jacopo, grande appassionato d’arte nipponica.
Dopo aver concordato l’orario ed esaudita la voglia di mangiarci prima un bel panino come solo sanno fare in un localino vicino palazzo Vecchio, ci siamo incamminati a pancia piena verso il maestoso palazzo prima dei Pitti, successivamente dei Medici e infine sede reale savoiarda. È facilmente raggiungibile attraversando Ponte Vecchio e continuando sempre a dritto per una stradina trafficata che, aprendosi nella piazza antistante, “spara” il palazzo in tutta la maestosità resa dal bugnato.
Dal 1595 il palazzo iniziò ad ospitare i primi ambasciatori giapponesi e quindi da questo punto di partenza procede la mostra ideata da Maria Sframeli.
Dal punto di vista logistico non una ma tre sedi del complesso museale accolgono questa iniziativa: Museo degli argenti, Galleria Palatina e infine Galleria d’Arte Moderna. Noi abbiamo visitato solo la seconda e la terza perdendoci anche nelle raccolte che caratterizzano Pitti.
Entrando in “L’eleganza della memoria. Le arti decorative nel moderno Giappone”, alla Palatina, si legge sin da subito che le opere esposte sono quelle prodotte in prevalenza dai cosiddetti “tesori viventi” ovvero la denominazione che il governo giapponese dal 1950 ha dato agli artisti contemporanei e dai quali dovremmo trarre esempio. In questi ambienti, dal bellissimo allestimento museografico in blu cobalto, le opere presenti testimoniano come il design attuale ha appreso la lezione della grande tradizione millenaria giapponese rappresentata da alcuni oggetti esposti in dialogo con pezzi anche molto arditi.
Proseguendo al piano superiore si accede alla Galleria d’arte Moderna, sede di “Giapponismo – Suggestioni dell’Estremo Oriente dai Macchiaioli agli Anni Trenta” posta nelle sale della duchessa d’Aosta. Dal blu cobalto della precedente si passa quindi al rosa cipria, ed il percorso procede nella direzione di spiegare al visitatore come la tradizione figurativa giapponese ha influito su quella occidentale nel corso dell’Ottocento. Proprio perché in questi anni la terra del sol levante fu meglio conosciuta e resa ancor più nota dalle esposizioni universali.
Del Giappone non solo piacevano gli usi, i costumi, il mobilio ma anche le opere di artisti come Utamaro, Hokusai e Hiroshige che ispirarono i maggiori autori del tempo come Whistler, Manet, Degas, Van Gogh, Gauguin, Monet, senza tralasciare artisti italiani del calibro di De Nittis, Fattori, Signorini, De Pisis, Balla, Boldini. Il percorso affianca eloquentemente ed esaustivamente opere giapponesi ed europee. Una sezione particolarmente suggestiva è quella dedicata al Giapponismo nel teatro italiano: temi giapponesi caratterizzano infatti due opere, l’Iris di Mascagni e la Butterfly di Puccini, che molto successo riscuotono ancora oggi in tutto il mondo.
Il Giappone è proprio dietro l’angolo: a Firenze dal 3 Aprile al 1 Luglio 2012.