Continua, silenzioso ma incessante, il pellegrinaggio della Memoria che sta portando a Sommocolonia i reduci o che combatterono la sanguinosa battaglia del Natale 1944.
In attesa della visita del sergente della Buffalo Ivan Houston, lunedì mattina è salito a Sommocolonia l’Ingegner Giancarlo Severini di Pisa.
Classe 1924, reduce del Battaglione ” Brescia” della 4° Divisione Alpina Monterosa ha operato nelle nostre zone, precisamente verso Treppignana. Si meritò un Encomio Solenne per una azione di guerrra: la cattura di due soldati di colore della 92° Buffalo, pochi giorni prima della sua di cattura, avvenuta il 23 dicembre (a poco più di 60 dall’inzio dell’operazione “Temporale d’Inverno”) mentre svolgeva una azione di spionaggio entro le linee avversarie assieme a tre commilitoni. Fu poi internato a Scandicci, Napoli e infine a Coltano, in provincia di Pisa.
Dopo aver visitato i luoghi della battaglia e il Museo -Sala della Memoria, ha espresso grande compiacimento, e soddisfazione per l’attività della ” Associetà Ricreativa Sommocolonia”. Commosso, ha promesso di ritornare.
Nel paese della montagna barghigiana lo aspettano volentieri, con i suo vecchi commilitoni, tutti insieme sotto la “Rocca alla Pace”. Dopo la visita, il 6 luglio 2010, del reduce austriaco Richard Neumeister, del 4° Hock, che attaccò su Sommocolonia la notte del ’44, questa visita chiude idealmente un ciclo epocale di ritrovo e riappacificazione dei reduci viventi di quel tragico, sfortunato,e intenso periodo.
Sulla divisione Monterosa da Wikipedia:
“La divisione nasce il 1º gennaio 1944 a Pavia, ma è mobilitata solamente il 15 febbraio dello stesso anno. La divisione formata da circa 20.000 uomini, di cui solo il 20% provenienti dal Regio Esercito, viene costituita dai dirigenti della Repubblica sociale, per combattere in ambito montano a fianco dell’esercito tedesco. Per l’addestramento la divisione viene inviata in Germania per 6 mesi, dove gli uomini sono addestrati da istruttori tedeschi e armati con materiale proveniente dai magazzini della wehrmacht. Tra l’organico della divisione, si contano anche 30 ausiliarie alpine, le prime nella storia del corpo[1].
Il 16 luglio dello stesso anno Benito Mussolini, consegna la bandiera ai reggimenti, a Münsingen.
In luglio all’arrivo in Italia viene posta sotto il comando del Corpo d’armata “Lombardia”, nell’area ligure per contrastare un eventuale sbarco delle forze alleate. Successivamente viene spostata nella Garfagnana tra il fiume Serchio e le Alpi Apuane, bloccando i reparti brasiliani e le forze della 5ª Armata americana, riuscendo tra il 25 e 30 dicembre 1944 con l’operazione Wintergewitter, a respingere le forze alleate obbligandole a ripiegare, nell’occasione vengono anche catturati 250 prigionieri e ingenti quantità di viveri e materiale bellico.
Si tratta dell’unica azione della guerra, lungo la penisola italiana, nella quale le congiunte forze della RSI e tedesche riuscirono a far arretrare gli alleati, nel gennaio 1945 circa la metà della divisione viene spostata sulle Alpi occidentali per contrastare l’avanzata americana e francese, in questa occasione per dar man forte viene aggregato il Battaglione “Cadore” ricevuto dal Raggruppamento “Cacciatori degli Appennini”
In Garfagnana, a Cogna, il reparto fu anche protagonista di una delle tante sanguinose rappresaglie che caratterizzarono in passaggio del fronte nel Nord ovest della Toscana. Dopo un attentato in cui aveva perso al vita un alpino, il 1 febbraio 1945, furono fucilati, da un reparto della Divisione “Monterosa”, sei civili già arrestati in precedenza, accusati di essere partigiani.”
Pochi giorni fa a Stazzema il Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, partecipando alla cerimonia in ricordo della strage, ha riconosciuto gli errori commessi dal popolo tedesco nei confronti della popolazione italiana. Dall’ing. Severini ci saremmo aspettati anche poche parole, per riconoscere l’errore che una scelta di campo (seppur permeata da giovanile entusiasmo) tanto dolore ha provocato nel nostro paese. La riappacificazione è fondamentale in un paese come il nostro che ha vissuto una sanguinosa guerra civile, ma questa non può prescindere dalle ragioni che all’epoca hanno determinato scelte che la storia ha già giudicato.
Sono sorpreso per il rilievo dato alla mia visita al Museo di Sommocolonia, forse motivato dal fatto che i reduci della Monterosa (e non solo) sono ormai una specie in via di estinzione.
Da molti decenni sono consapevole di essere stato “dalla parte sbagliata”; è per me una convinzione così radicata e ovvia da ritenere inutile doverla esplicitamente dichiarare. Riconosco che questo non è sempre valido, come nel caso della visita a Sommocolonia.
Giancarlo Severini
9.10.’12