Facciamo subito un patto. Con tutti voi che un giorno potreste denunciarmi in qualità di direttore responsabile, o editore, o semplice giornalista, in quanto ho scritto qualcosa che per voi è da ritenere diffamatorio e non veritiero. Per me non state a chiedere il risarcimento danni, il pagamento di multe, sanzioni o ammende. In quanto rappresentante e responsabile diretto di due piccoli giornali che fanno fatica ad andare avanti in questo periodo così difficile per l’editoria, vi chiedo per favore di fare il possibile per mettere una parolina buona con Governo, Capo dello Stato, Tribunale, con chiunque possa avere voce in capitolo, perché faccia un’eccezione, se verrà approvata quella che è stata definitiva come una nuova (e vergognosa) Legge Bavaglio, il disegno di legge in arrivo nelle aule parlamentari sulla riforma della diffamazione a mezzo stampa. Fatemi un favore, sempre che sia possibile. Meglio, mille volte meglio, cento anni di carcere
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che il dover pagare le cifre che si paventano per editori, direttori e via dicendo. Io non ho una lira in tasca (figuriamoci un euro) e pertanto se proprio non volete rovinare me e la mia famiglia per cento anni a venire, fate il possibile perché mi rinchiudano in un carcere.
Questo disegno di legge è stato definito il Salva Sallusti, affinché si possa a lui evitare il carcere. Allora fatene subito un altro anche per me: affinché, se in colpa, a me il carcere sia concesso.
Un giorno, un mese, un anno, dieci, venti anni. Questo decidetelo voi in base alla mia responsabilità ma non mi chiedete di pagare un euro perché io euro non ne ho. E se così farete, sapiatelo, mi metterete definitivamente un bavaglio. A vita.
Ha proprio ragione la Federazione Nazionale della Stampa che protesta contro il disegno di legge affermando che :
“i testi fin qui prodotti dalla commissione Giustizia destano grande preoccupazione e meritano una risposta di visibile dissenso contro quella che si sta configurando come una nuova norma-bavaglio”.
“L’eliminazione del carcere per i giornalisti sta diventando infatti – prosegue la nota della Fnsi – il pretesto per misure vendicative, che mirano a scoraggiare il giornalismo più incisivo e ad incentivare l’ossequio ai poteri. Le sanzioni innalzate fino a 100mila euro rappresenterebbero un concreto rischio di chiusura per molte voci medio-piccole, e legittimerebbero inaccettabili interferenze nella fattura di tutti i giornali.
L’obbligo di rettifica è certo da rafforzare, ma dovrebbe allora essere considerato motivo di esclusione della procedibilità, ed accompagnarsi all’introduzione del ‘Giurì per la lealtà dell’informazione’. Nulla invece prevede il disegno di legge in discussione per disincentivare richieste di risarcimento danni troppo spesso spropositate, promosse direttamente in sede civile per intimidire l’informazione”.
Ma ve lo immaginate se Il Giornale di Barga o Il Giornale di Barganews si mettessero in testa di fare pelo e contropelo a qualche grossa realtà economica, multinazionale o anche solo a qualche politico eccellente? Come minimo verremo minacciati di querele e richieste di risarcimento danni per centinaia di migliaia di euro. Solo come antipasto. Se poi venissimo denunciati… amen.
E che dovrebbe fare allora chi rappresenta un piccolo giornale come nel mio caso?
Stare zitto, girare il capo da un’altra parte, soprassedere, non vedere, far finta di niente. Perché la sola ipotesi di pensare di andare al contenzioso con qualcuno, con cause che in Italia vanno avanti anche per dieci anni, e di dover pagare nel frattempo un avvocato, vi manderebbe sul lastrico anche se alla fine a voi fosse riconosciuta la ragione. Bella prospettiva eh?!
Altro che legge Bavaglio, qui siamo alla censura peggio che nel ventennio fascista. Nemmeno i figli più fedeli di Mussolini avrebbero potuto pensare ad un meccanismo del genere…
In verità, disegno di legge o meno, la stampa è già bell’imbavagliata da tempo. E lo dico per esperienza personale. Tempo fa un signorotto della politica regionale mi ha minacciato di querele e battaglie legali solo per la pubblicazione da parte mia di un misero comunicato stampa da parte di un comitato cittadino che lo riguardava… Solo l’idea di dover affrontare una querela mi ha fatto desistere e mi ha regalato vagoni di bile, ma anche la consapevolezza di quanto poco possa fare un editore, direttore, giornalista di un piccolo giornale di paese. E di quanto per noi piccole realtà, i valori più alti del mestiere che professiamo siano ormai solo un’utopia.
Questo è un vero e proprio atto di outing da parte mia, consapevole del fatto che ora mi si taccerà di codardia, mancanza di determinazione, dispregio dei valori della libera informazione e chi più ne ha più ne metta. Outing, sì. O solamente il dirvi le cose come stanno, papali, papali, e di come siamo costretti a lavorare. E di come saremmo imbavagliati se questo disegno di legge malauguratamente passasse con le belle trovate di chi lo ha concepito.
Se così sarà, comunque, restiamo intesi: per me applicate pure il carcere. Mi farete un favore.
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Grande Luca. E’ giusto raccontarle questo cose.
E mi associo anch’io, se, come cittadino, un giorno dovessi con le mie opinioni diffamare qualcuno.
Non un euro di risarcimento, il carcere.
Per dare esempio di liberta di parola. Che non ha prezzo.
Ed io sono, e voglio rimanere, libero.
Caro Collega Luca, Your battle is shared by all of us who struggle to keep the public informed against great odds — both economic and political. At the moment, political figures and the parties they represent in many nations are in deep crisis, thanks precisely to the light that determined journalists have shed on their abuse of public trust. So naturally, the power structure turns to the oldest trick in the political book: if the message is unfavorable, “kill the messenger.” Sometimes, as in Russia and across much of the Middle East, that step is taken literally. The assault in the Western world is more subtle. In the guise of “protecting the individual,” which inevitably means individuals who enjoy great power and wealth, the proposed new Legge Bavaglio in Italy and its counterparts elsewhere kill the institutions that make real journalism possible — and ensure that democracy itself will remain alive.
Grazie del tuo appoggio, Frank. Che proprio perché viene da te che sei un giornalista di grande fama e che conosce così bene il mondo, ha ancora maggiore valore ed importanza per me. Io mi chiedo, e la domanda non vuole in alcun modo essere retorica, dove andremo a finire. Come sarà possibile poter garantire una informazione corretta e libera, in un mondo dove i poteri forti sono sempre più forti e dove soprattutto riscono ad imporre il proprio dominio con il benestare delle classi politiche ed addirittura delle leggi? Spesso, da giovane studente, studiando la storia e poi anche dopo, mi sono chiesto che cosa voleva dire vivere in una dittatura. Ora lo so.
Il problema centrale è che il pubblico non riconosce quello che è successo. Bene, 350.000 italiani hanno firmato la petizione contro la nuova Legge Bavaglio. Ma anche questa cifra impressionante rappresenta solo 0,5 per cento della popolazione. La maggior parte delle persone vivono nell’illusione che la stampa non è mai stato più libero o più completa, grazie a l’Internet. La realtà è esattamente l’opposto. La stampa non può sopravvivere con la fantasia che tutte le informazioni devono essere fornite gratuitamente. Questa è una ricetta per il fallimento nella stampa legittima e l’influenza sempre di più per coloro che hanno i soldi per comprare l’attenzione del pubblico.
La mancanza di una informazione a pagamento (nel senso che si paga per quello che si legge), unico modo per far sopravvivere giornali e giornalisti, sta favorendo solo l’improvvisazione e l’assoluta mancanza di professionmalità, e molto spesso, quindi, di attendibilità, delle notizie.
c’è una galassia di siti, blog, “giornali” (magari cose più simili a fanzine o comunque pubblicazioni un po’ più “underground”) che si occupano gratuitamente di fare informazione (meglio contro-informazione) che spesso raccontano con professionalità e attendibilità fatti che nessun giornale racconta (o racconta falsando l’accaduto). informazione a pagamento non vuol dire corretta informazione per forza. il tuo discorso sull’attendibilità e la professionalità si può ben applicare, però, a quel modo di fare “informazione” che nasce sui social network che per la maggior parte delle volte riporta fatti completamente inventati (un esempio su tutti, che mi ha fatto sorridere e allo stesso tempo imbestialire, è la leggenda metropolitana secondo cui in spagna,e poco tempo prima in germania, la polizia in antisommossa si sia tolta i caschi e abbia sfilato con i manifestanti).
mi scuso per i miei soliti discorsi contorti…spero che ognitanto qualcosa si capisca.
p.s. mi scuso per l’anonimato 🙂
Il mio è un semplice discorso basato sul fatto che, non sempre ovviamente, molte volte per realizzare dei siti di informazione, per non dire dei giornali, ci si affida esclusivamente a veline (non quelle che si vedono in televisione), comunicati stampa di enti e si lascia la responsabilità di intere pagine a stagisti o persone più o meno volenterose di imparare un mestiere, ma spesso lasciate a se stesse, senza il minimo di insegnamento o di esperienza sul campo. E spesso e volentieri senza anche il minimo controllo su quello che pubblicano o scrivono. Tutto questo in onore al dio soldo e cioè del risparmio o anche per il semplice fatto che non ci sono i fondi per garantire il lavoro a gente più qualificata ed esperta e quindi ci si arrangia come si può. E’ ovvio che la qualità non può che risentirne. Bentornato L’Alcea