È uno scrittore di professione. Uno dei pochi, in Italia. Di quelli che si contano sulle dita di una mano. Vive della sua scrittura e basta. Se non facesse l’autore di romanzi sarebbe stato un esportatore di mozzarelle in Estonia. Di esse conosce tutto. Sono la sua passione, seconda solo alla scrittura.
Carlo Martigli è uno scrittore da 100 mila copie. Di quelli che tutti gli editori vorrebbero avere. Tradotto in 16 paesi e in 4 continenti, sabato sera ha tenuto un’interessante dialogo con Andrea Giannasi, nella suggestiva Fortezza di Montalfonso, evento principe del Garfagnana in Giallo 2012, un edizione di successo.
La scrittura per lui è come una femmina. Una femmina dominante, che lo assorbe, di cui è innamorato perdutamente e a cui ha giurato fedeltà. Totus tuus.
Scrive solo di ciò che conosce e questo è l’unico consiglio che si sente di dare a chi vuol seguire le sue orme.
Martigli in realtà si firma “Carlo A. Martgli”. La “A.” sta per Adolfo il nome che, da trecento anni, passa di padre in figlio nella sua famiglia. Con lo pseudonimo di Johnny Rosso firma i Superbrividi Mondadori. “È il mio lato ludico per eccellenza ed è anche uno scavare tra le paure di un bambino e consentire a quelli di oggi di affrontare e superare le loro paure. Come Johnny Rosso mi capita spesso di sentirmi ringraziare dai genitori, perché aver stimolato la voglia di leggere ai loro figli”.
Ha almeno cinque libri in testa uno già finito l’altro in preparazione e poi una storia d’amore ispirata a una storia vera.
Livornese doc, ha lavorato tanti anni in banca. “Nessuna persona sana vorrebbe lavorare in banca! Fu per me però una scelta obbligata: dovevo aiutare la famiglia!”
Ma in tutti quegli anni, in cui è divenuto un dirigente bancario molto noto e apprezzato, ha sempre coltivato le sue passioni: quella della lettura e della scrittura. Lettura e scrittura. Sì, proprio in questo ordine. Perché, come sottolinea, “prima si deve leggere e poi scrivere e (mai!) il contrario! Non a caso da bambini si dice che gli si insegna (prima) a leggere e (poi) a scrivere!”
Una vita di successo quella di Martigli, anche in campo bancario. Sempre in giro per il mondo poi, cinque anni fa, la scelta: abbandonare tutto e seguire la sua passione! “Non ne potevo più!”
Dopo aver sbattuto la porta si era dato un piano quinquennale: entro quel tempo se non fosse divenuto uno scrittore avrebbe aperto un caseificio di mozzarelle: aveva già pronto il nome MaMo: Martigli Mozzarelle. “Mi piaceva il suono che ricordava quello del Moma, ama anche amo: bisogna prima di tutto amare se stessi se vogliamo amare gli altri”.
Ma poi è arrivato “999. L’Ultimo Custode”: il successo! E, per ora, il caseificio è rimasta un’idea nella testa di Martigli.
Da quando non lavora più in banca e passa le sue giornate a narrare storie (lavora 10 ore al giorno: “8 per la documentazione e, solo, due di scrittura”) la sera si addormenta sereno, pensando alle sue storie.
httpv://www.youtube.com/watch?v=eqjttP54FX0
Per arrivare a questo risultato secondo Martigli ci vogliono le 4 “C”: “cuore”, “cervello” tutti provano emozioni ma solo lo scrittore riesce a metterle su carta; “costanza” e, infine, come potete immaginare, “culo”.
“Quest’ultima- afferma, sinceramente, Martigli- è la cosa più importante”.
Parole vere, sincere. Di una persona che ha vissuto e, nonostante gli anni che passano, sembra amare sempre di più la vita.
Come quel suo padre, amico di Carlo Azeglio Ciampi e profondo cattolico (non come quelli di adesso che si definiscono “cattolici non praticanti”) che, un giorno, mandò una lettera a Giovanni Paolo II dicendogli che nel “Padre Nostro” c’era una bestemmia causata da un errata traduzione dal greco: “e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male”. Come può il Signore “indurci in tentazione”?
Il padre propose “per non essere indotti nelle tentazioni del Male”. Gli rispose l’allora segretario di Stato, Monsignor Agostino Casaroli ringraziandolo e dicendogli che ci avrebbero riflettuto. Solo nel 2002 però con 282 voti su 283 la Preghiera è stata modificata con “e non abbandonarci alle tentazioni del Male”.
Nelle opere di Marigli si percepisce una fede profonda. Non a caso in “999 L’ultimo Custode” Leonora dice: “nella vita…è meglio portare l’unguento al ferito che la corona d’alloro al vincitore”.
Afferma, invece, Martigli: “Nell’uomo 2.0 Dio manca. Non tanto il Dio che sta nei cieli, sempre che ci stia, quanto il Dio interiore, quello fatto di principi, di valori, di etica e di comportamenti conseguenti. Più penso alla religione, in senso lato, più mi rendo conto che l’uomo ha fatto Dio a propria immagine e somiglianza, a seconda delle varie culture, della posizione geografica, della storia e delle conquiste. Questo Dio può cambiare volto o non averlo affatto, ma in noi è presente e simile, se non uguale, in tutte le razze e i continenti. La sacralità è nell’uomo, poi esiste il salto irrazionale della fede, legittimo e auspicabile anche, ma che non deve diventare motivo di scontro ma di confronto. In realtà sono solo i fanatici e i fondamentalisti di ogni religione che provocano i conflitti, e sono a loro volta strumenti consapevoli o inconsapevoli di interessi economici e politici. Come la scritta Gott mit Uns, Dio è con noi, che nata con l’Ordine Teutonico ai tempi della Terza Crociata alla fine del XII secolo, e arrivata sul braccio delle SS naziste: in suo nome sono sempre commesse le peggiori atrocità”.
Insomma, un profondo senso del Sacro, eppure, l’ultimo suo best seller “L’Eretico”, è stato dalla Chiesa e dai suoi media “messo all’indice”.
Il motivo? Aver raccontato e romanzato su quel periodo, quel black out che esiste nella vita di Gesù: “Sui suoi 18 anni formativi non si sa nulla. Cosa ha fatto dai 12 anni ai 30? Questa è la domanda che da ragazzino a dodici anni mi ero posto e che mi è tornata alla mente qualche anno fa”.
Un mistero. “Pensai, ma è una cosa incredibile: chissà quanti scrittori hanno realizzato qualcosa su questo argomento… e, invece, dopo una lunga ricerca, mi sono accorto che nessuno aveva scritto su quel periodo della vita del Cristo. Allora ho pensato che di motivi ce ne potevano essere molti e che qualcuno/qualcosa lo aveva sempre impedito. Non con la forza, ma con una sorta di ipnosi collettiva. Quella del vero potere, quella che ti impedisce di pensare liberamente”.
Così, si è messo “di buzzo buono” a studiare, cercare, capire ed è nato “L’eretico”.
Un nome scelto non a caso. Un nome che ha perso il suo significato originale.
“In greco aereticòs non si significa altro che “colui che sceglie”. Poi nel medioevo, il potere temeva ovviamente coloro che sceglievano, e a questa parola di ragione e di libertà fu data un’accezione negativa. Ho detto nel medioevo? No, ieri come oggi, non è cambiato nulla, l’eresia, la libera scelta, fa ancora paura”.
E di questo parla il libro, di persone che scelgono con la loro testa, contro il Potere.
“L’Eretico non è la continuazione di ‘999. L’Ultimo Custode’ ma la storia è molto più maestosa e dolce al tempo stesso”.
Un viaggio nel tempo, un lungo lavoro di ricerca: 50 pagine di documentazione alla fine del racconto. Un libro nel libro.
Una ricerca che ha fatto scoprire tante curiosità all’autore come l’origine della parola Taxi che viene dall’italiano. Da una famiglia che ha dato i natali a un famoso scrittore: Torquato Tasso. La sua famiglia aveva una compagnia di poste a cavallo.
Grazie all’accurata ricerca nel romanzo appaiono vari personaggi realmente esistiti come il monaco tibetano Ada Ta o come Ferrucio de Mola che nel 1501 partecipò all’assedio di Capua agli ordini del Principe d’Aubigny. Spiega Martigli: “non si chiamava Ferruccio de Mola ma Ferruccio de’ M’Artigli. La passione che ho messo nel narrare le sue vicende storiche e psicologiche è forse in parte data anche dall’aver scavato nella storia e nell’animo di un altro “me”, un mio antenato di cinque secoli fa”.
Ma anche personaggi famosi come Savonarola: “era una sorta di fanatico talebano, ma nella sua pulizia morale, aveva tutte le ragione per scagliarsi contro la corte papale dell’epoca. Ed è stato coerente fino alla morte, poteva provocare la guerra civile a Firenze e non l’ha fatto per evitare morti inutili, poteva fuggire e non l’ha fatto, per testimoniare la sua fede. E in un certo modo si può dire che abbia anticipato Lutero nella sua visione riformista. Lutero stesso, quando rientrò da Roma, che aveva visitato nel 1510, scrisse che nella città del papa, quando si parlava di anima, la gente si metteva a ridere”.
Nel romanzo si parla anche di un Viaggio di Gesù tra India e Tibet: “La Chiesa ufficiale ha avuto sempre paura di parlare di questo viaggio, che in Occidente è praticamente sconosciuto, mentre in Oriente è considerato parte della storia di Gesù da duemila anni, e lo sanno tutti. Paura forse che il suo messaggio non sia considerato originale, come se la figura di un Dio che parla attraverso lui ne sia diminuita. La paura però non aiuta la fede, ma serve solo per imporla e allora non ha valore. Gli indizi della permanenza di Gesù in India e nel Tibet sono colossali e aiutano invece a comprendere meglio la filosofia e i cambiamenti che l’ebreo Gesù volle apportare alle leggi dei padri. Come quando disse che andava modificata nel senso che non era più l’uomo a dover sottostare alla legge, ma questa all’uomo. Con la sua formazione orientale tutto il suo straordinario messaggio d’amore sarebbe più logico e la stessa figura di Gesù ne sarebbe accresciuta”.
Martigli, da buon scrittore, racconta il presente attraverso il passato. “Vorrei che tutti fossero eretici ciascuno con la sua diversità” afferma.
Inventa e forse no. Fa tutto con grande onestà. Anche perché non gli piacciono i furbetti come Danilo Marrone: Dan Brown.
Appassionato di golf, tiene sempre a mente, nella Vita, una delle regole principali di quel singolare sport: “quando la pallina finisce dietro un albero, vicino a un cespuglio o comunque in un luogo in cui sei fuori dalla visibilità degli altri. In quel caso se, per aiutarti, sposti la impropriamente la pallina per favorirti, anche se nessuno ti vede, hai perso l’onore!”
httpv://www.youtube.com/watch?v=kHt36nujCOk