Il 13 e 14 giugno 2015, Love Project sarà presentato a Isola Santa (Careggine, Lucca), un antico borgo lambito dal piccolo omonimo lago e incastonato in una valle mozzafiato del Parco delle Alpi Apuane. Qui, nella sconsacrata chiesa medievale di S. Jacopo (XIII sec.), due grandi strutture lignee incorniceranno le 50 opere realizzate da ciascun artista che resteranno esposte (e acquistabili) in quei due soli giorni. L’evento sarà arricchito dalle performance musicali di Andrea Guzzoletti.
Disallestita la suggestiva presentazione a Isola Santa, nei mesi estivi LP (Love Project) si irradierà facendo tappa in 5 capoluoghi toscani (Firenze, Siena, Lucca, Pisa, Livorno), dove altrettante piazze cittadine diventeranno contemporaneamente e per un solo giorno la sede espositiva delle opere.
In forma del tutto anonima, i dipinti invenduti saranno collocati ai piedi di monumenti o punti significativi di ciascuna piazza, rimanendo soggetti per qualche ora alle libere reazioni e alle interazioni dei passanti, che potranno variare dall’indifferenza, all’ammirazione o al rifiuto, dal possibile danneggiamento, al prelievo. Le opere acquisteranno così una nuova funzione, quella di dono.
Le persone curiose e interessate ad acquisire informazioni troveranno su ciascuna opera, oltre alla firma dell’artista, un QR code attraverso cui potranno connettersi al sito LP e leggere notizie e approfondimenti sugli autori, sulle opere, sui luoghi, sulle modalità e intenzioni del progetto.
L’opera. Da merce a dono – L’operazione artistica LP prende forma da stimoli creativi e interrogativi sociali da lungo tempo coltivati dal duo Artists at Work. Vendere o donare un’opera? Quando e come si vende un’opera? Quando e come la si dona? Cambia l’opera se cambia la sua destinazione? L’opera a chi è destinata? Quando si definisce un’opera ‘compiuta’? Da cosa si stabilisce il valore di un’opera? Qual è la percezione del valore di un’opera?
Da sempre l’opera d’arte, in quanto manufatto, è stata considerata una merce, e fin dagli impressionisti l’apparato commerciale è diventato esplicitamente e strettamente connesso alla produzione artistica. Rispetto alla commercializzazione-mercificazione dell’arte, alcuni artisti hanno assunto posizioni estreme, come Andy Warhol che negli anni ’60 teorizzava la business art e come Jeff Koons che negli anni ’80 dichiarava “L’arte non consiste nel fare un quadro, ma nel venderlo”. Celebri parodie dei criteri di stima del valore, artistico e commerciale, dell’arte sono state quelle di Yves Klein (con la performance Zone de sensibilité picturale immatérielle del 1959) e di Piero Manzoni (che nello stesso anno vendeva le 12 linee o le Sculture pneumatiche, per poi realizzare nel 1961 la Merda d’artista).
L’operazione Love Project si carica consapevolmente di questi interrogativi oramai storicizzati, ma in modo riflessivo e aperto a nuove prospettive, non violentemente provocatorio o esplicitamente sovversivo. Le opere, veri e propri quadri, come un’epifania appaiono alla co(no)scenza del pubblico in un ambientazione mistica e, come è nella loro natura di manufatti, possono essere acquistate.
È sufficiente una nuova alba perché quelle stesse opere d’arte acquisiscano una nuova identità, un nuovo statuto ontologico: da merce a dono. La sovversione latente consiste dunque nell’essere presenza che diviene presente.
Come nell’epifania, per riprendere la metafora, le opere vengono disseminate nelle piazze più note e frequentate di ciascuna delle città che accoglie il dono di LP. Con la differenza che nulla viene chiesto in cambio, neppure una promessa di bontà sufficiente ad evitare di ricevere il carbone. In maniera invisibile gli Artists at Work depongono le proprie opere come un’offerta. Non è abbandono ma dono, generoso, libero, non obbligato, unilaterale, non ricambiabile, imprevisto, inatteso, incondizionato, non vincolante.
Un dono che sembra nascere da un bisogno apparentemente immotivato di dare, sul quale si impernia la riflessione dell’antropologo Jacques T. Godbout di cui vale la pena citare un intero brano tratto del suo Le langage du don (1996):
“Il linguaggio del dono, lungi dall’essere ipocrita, permette all’offerta di realizzarsi, al dono di circolare significando qualcosa, avendo quel che si potrebbe chiamare un valore di legame, al di là del suo valore economico e della sua stretta utilità. In latri termini, il linguaggio che esiste intorno al dono permette al dono stesso di esprimere qualcosa e dunque di essere a sua volta un linguaggio. Che cosa esprime questo linguaggio? Di che cosa è il linguaggio? Io penso semplicemente che sia il linguaggio dell’amore. Evidentemente! Il movente del dono, la passione pura e semplice di donare e di ricevere in cambio, si basa semplicemente sul bisogno di amare e di essere amato che è altrettanto forte, anzi probabilmente più forte e più fondamentale, del bisogno di acquisire, di accumulare cose, di ottenere beni in cui consiste il movente del guadagno. L’uomo è in primo luogo un essere di relazione e non un essere di produzione”. Una relazione costruita sul linguaggio dell’amore: LP, appunto!
Le opere degli “Artists at Work” per LP
I 100 dipinti realizzati per LP da Fabrizio da Prato e Keane sono tutti caratterizzati dalla monotematicità, ovvero ciascun artista ha scelto un unico soggetto da reiterare come una cifra distintiva sulle 50 opere che compongono il progetto.
Fabrizio Da Prato si è concentrato sull’iconografia del cuore, icona universale, logora e abusata, da lui provocatoriamente recuperata, reinventata e declinata in infinite variazioni del tema. All’aspetto formale, di grande impegno per le sperimentazioni tecniche adottate, l’artista ha consapevolmente unito il contenuto espressivo e semantico concentrato nel simbolo del cuore. Organo vitale e principio motore, metafora dell’animo e dell’intimità, della sensibilità e dell’istinto, il cuore quando è associato alla sfera del dono si carica di valenze estreme e totalizzanti.
Keane ha operato una scelta del tutto opposta, individuando come soggetto-cifra il Biroldo della Garfagnana, salume dalle origini umili, prodotto con gli scarti del maiale nelle zone settentrionali della Toscana. Le 50 fette di Biroldo ritratte dal vivo con attenzione lenticolare, diversamente dai cuori di Da Prato, appartengono ad un codice culturale vernacolare, ristretto a pochissime persone, concentrate in un’unica area geografica. Il paradosso dell’accostamento tra i cuori e le fette di Biroldo consiste proprio nel duplice spiazzamento provocato dai differenti codici sociolinguistici: l’iconografia del cuore e le sue nobili funzioni semantiche prevedono una comprensione pressoché universale; al contrario l’inedita raffigurazione dell’umile Biroldo risulta accessibile solo ad un gruppo ristretto e detentore di una conoscenza esclusiva ancorché non elitaria. Per chi non abbia mai visto l’insaccato, l’immagine raffigurata da Keane può evocare sezioni di marmi e intarsi oppure astruse anamorfosi barocche.
Il cortocircuito prodotto dalla contiguità delle opere di Fabrizio Da Prato e di Keane trova soluzione nella comune natura organica dei soggetti, nell’essere entrambi ricetto di sangue, e dunque nel loro legame indissolubile con la vita e con la morte.
Article by Veronica Carpita