I suoi scritti sono lì, attualissimi e non scalfiti dal tempo. Per l’occasione la neo nata associazione culturale “Cento Lumi” gli ha dedicato un quaderno speciale con, tra l’altro, un toccante ricordo del figlio Umberto e una precisa analisi, a firma di Sara Moscardini, della conoscenza tra Sereni e la sorella del Pascoli, Mariù.
L’associazione culturale di promozione sociale Cento Lumi è nata nel 2016 a Barga (provincia di Lucca) allo scopo di promuovere, diffondere e sviluppare la socialità, la cultura, l’arte e la storia legate al nostro comune, inteso sia come territorio che come comunità o singole persone.
Nel 2014 si era parlato di Bruno Sereni all’interno del programma “Il tempo e la Storia” condotta da Massimo Bernardini. Nella puntata, dal titolo “La spia che tradì Nenni”, si parlava di Mario Carletti, agente segreto 523: prima fervente fervente comunista e poi spia fascista, fidato uomo di regime tanto da arrivare a tradire il segretario del Partito Socialista Italiano Pietro Nenni che fu poi arrestato in Francia dai tedeschi.
Il leader socialista (che conoscerà la verità solo nel luglio del 1945) non immaginava, nemmeno vagamente, la doppia attività di Carletti, tanto da scrivergli per accreditargli un giovane antifascista ricercato dagli uomini di Mussolini: Bruno Sereni.
Un piccolo risvolto all’interno della grande storia. Bruno Sereni visse, infatti, buona parte dei maggiori eventi del “Secolo breve”. La sua vita sembra un romanzo, e questa ricorrenza ci è sembrata l’occasione giusta per ricordarlo. E chi meglio del figlio, professore di Storia contemporanea all’Università di Udine, poteva raccontarcela?
“Mio padre-ci ha detto- nacque a Milano nel 1905 ma con la sua famiglia si trasferì, presto, in provincia di Vicenza dove mio nonno, Umberto, aprì una piccola fabbrica di macchinari per l’edilizia. Nel 1917, con la disfatta di Caporetto, tutta la famiglia sfollò e si diresse a Barga dove avevano lontane amicizie. Mio nonno fu il primo segretario del partito socialista di Barga. Cresciuto in un ambiente progressista, mio padre non ebbe mai grande feeling con il fascismo ma più che per ragioni politiche per motivi esistenziali: era un tipo a cui non piacevano le prepotenze e le fanfaronate e così, un bel giorno, durante una sfilata di camice nere, fece una semplice pernacchia che gli costò cara”.
In effetti per Sereni l’aria si fece pesante, la situazione iniziò a essere pericolosa e, quindi, decise di andare nel Nuovo Mondo. Come tanti prima di lui solcò l’Oceano, fuochista su una grande nave. Arrivò a New York dove rimase cinque anni. Frequentò l’ambiente antifascista e anarchico conoscendo Gaetano Salvemini e divenendo amico del sindacalista e scrittore Carlo Tresca (che poi sarà ucciso dalla mafia nel 1943).
C’era anche Sereni tra gli antifascisti che, all’uscita del Metropolitan, lanciarono volantini, che ricordavano l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, contro Dino Grandi.
Spirito avventuroso, romantico e idealista, Sereni come tanti giovani (e non) antifascisti, non fu sordo al sogno di libertà che stava venendo fuori nella “primavera” di Spagna. Nella penisola iberica dal 1933 al 1938, da venditore ambulante divenne un miliziano del Partido Obrero de Unification Marxista, il maggior partito anti stalinista e filo trotskista spagnolo.
Tra i primi ad accorrere, ancor prima che iniziasse la vera e propria guerra, combatté in particolare sul fronte di Aragona, dove rimase ferito a Huesca il primo agosto del 1936. Durante i giorni trascorsi in ospedale incontrò il famoso scrittore britannico George Orwell che sarà autore di volumi come “La fattoria degli animali” e “1984”.
In contatto con Carlo e Nello Rosselli, attivo militante antifascista e segretario della “Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo” (sezione di Barcellona), Nenni lo presentò all’anarchico Camillo Bernerni che nel 1937 fu ucciso dagli stalinisti nella resa dei conti che fecero contro gli antifascisti che non rispettavano la loro “linea”.
“Mio padre si salvò per puro caso” sottolinea Sereni che prosegue nel racconto: “dopo la sconfitta della Repubblica spagnola e il soggiorno a Marsiglia per circa un anno si trovò costretto a rinunciare a proseguire la lotta con il fascismo per essere riammesso in Italia. L’alternativa sarebbe stata o il campo di concentramento o la Legione Straniera. Fu un atto di sottomissione doveroso per tornare alla sua casa dalla quale mancava da oltre dieci anni, rientrò infatti nel 1939”.
Tenuto, comunque “sotto osservazione”, nel dicembre 1943 fu arrestato perché considerato “attivo militare antifascista”. Ostaggio personale di Mario Piazzesi, capo della Polizia, fu incarcerato prima a Lucca e poi a Piacenza.
Dopo vari mesi di detenzione, liberato, tornò a Barga. Era il settembre del 1944. Appena rientrato, andò in Duomo da monsignor Lino Lombardi, che sulle prime accolse con qualche riserva ma dovette ricredersi. Infatti Sereni fu chiaro: niente vendette, niente giustizie personali: era il tempo di guardare avanti e lavorare, tutti assieme.
“Una novità- dice il figlio, amnistiò con i fatti, una riconciliazione morale del paese e, infatti, a Barga e nelle zone limitrofe non vi fu nessuna vittima nei delitti dell’immediato dopoguerra”.
Sereni, poi, scrisse pagine memorabili, come quel giorno di giugno del 1945 quando il comandante partigiano Pippo, “calvo, con i peli neri della foltissima barba che contrastavano con il colore pallido del viso”, parlò ai suoi uomini, mentre un “piccolo tricolore partigiano”sventolava mestamente “negli ultimi battiti”: era giunto il momento di tornare alla vita civile. “La guerra è finita!- disse il comandante- Il nostro compito è terminato. Ora urge lavorare. Solo con il lavoro costruttivo potremo essere ancora utili al nostro paese”. E mentre diceva questo, annotava con la sua particolare sensibilità il reporter Sereni, “gli occhi gli luccicavano”.
Giulio Simonini, decano dei giornalisti valligiani, nel suo “Profili di uomini illustri della Valle del Serchio e Garfagnana” così, con pochi ma intensi tratti, ricordava Sereni: “si gettò a capofitto nel lavoro, sfornando una serie di opere, ma il suo fiore all’occhiello sarà, nel 1949, la fondazione del “Giornale di Barga”, lavoro in cui lo coadiuvava la gentile consorte Maria Francioni. Il “Giornale” nel 1974 ebbe un prestigioso riconoscimento nazionale con l’assegnazione del Premiolino. Conobbi Sereni nei primi anni Cinquanta, quando ero calciatore del Barga. Una sera, finita la partita, venne a intervistare i giocatori negli spogliatoi.. Nel frattempo io ero divenuto collaboratore de “La Nazione”, e fra me e lui non mancarono le polemiche riguardo divergenze di opinione. Ma fra di noi, non ci fu mai veleno, tutto si esauriva con le parole e con un abbraccio al primo incontro. Era un uomo generoso, appassionato della vita e del proprio lavoro, sempre pieno di idee e iniziative, pur di far crescere Barga e far star bene la gente”.
Ce ne sarebbero ancora di storie da raccontare su questa figura di idealista e sognatore con una vita piena di sofferenza nel cuore della tragedia dell’Europa. Una figura affascinante, da riscoprire. Bene, quindi, per le iniziative di questi giorni però bisognerebbe continuare nel ricordo di quest’uomo che a Barga ha dato tanto. Magari ripubblicando i suoi articoli e i suoi libri, da anni ormai introvabili. Sarebbe doveroso.