Oxo Collection – Symbolum – Florian D’Angelo – barganews.com v 3.0

Oxo Collection – Symbolum – Florian D’Angelo

From Sunday 6th March until Sunday 5th June 2022 – Acchiappasogni Art Boutique Hotel Via di Mezzo, 21, 55051 Barga LU

Swiss born, Cilentan by origin and Versilian by adoption, Florian D’Angelo has been dedicated to social and art photography for several years.

Graduated with honors from the Academy of Fine Arts in Carrara, discussing the thesis “it’s just a photograph”.

He collaborated as a photographer with the research group of the University of Florence and the Historical Institute of the Sienese Resistance for the publication of “Poetics and politics of memory, public memory of the Nazi-fascist massacres in Tuscany”, edited by Pietro Clemente and Fabio Dei (Carocci-Tuscany Region, 2005).

He worked as a collotype printer at the historic Fratelli Alinari Photographic Company and as an assistant to the photographer artist Massimo Vitali.

In 2008 he collaborated as a graphic designer and photographer in the publication of the monograph by the sculptor Alberto Sparapani.

He participates in various solo and group exhibitions in Italy and Switzerland.  His site can be seen here

 

Florian D’Angelo photographer  –  una macchina fotografica – munita di un uomo.

L’emozione è forte di fronte a questa specie di “Teologia laica della Luce” che viene narrata dal progetto fotografico “Symbolum” di Florian D’Angelo.

Certo, il primo sguardo alle opere si fa carico di sgomento, perché la nostra vicina o lontana formazione religiosa riconosce quegli oggetti di tortura e di morte. Dà loro un volto, che è quello dell’Uomo dei dolori, il Nazareno percosso, umiliato, schernito, legato, offeso, trafitto ed ucciso dagli uomini di ogni tempo. Le
punte acuminate di quegli oggetti sembrano venire incontro alle nostre vite. Così i dolori del Nazareno diventano, in quelle immagini, le nostre sofferenze. Sono la nostra vicenda umana. Noi possiamo vedere e sentire la fatica del nostro passato e del nostro presente, l’angoscia per il futuro. In quegli oggetti, che sembrano volerci stringere in un abbraccio mortale, siamo noi, insieme all’Uomo Gesù, percossi, umiliati, scherniti, legati, offesi, trafitti ed infine uccisi, appesi alla croce della nostra esistenza fino a perdere il respiro.

Al primo sguardo la sensazione è che la via della croce sia ineluttabile e porti al nulla della morte. Ma le immagini di Florian D’Angelo hanno in realtà un orizzonte molto più vasto. Ecco perché io parlo di “Teologia della Luce”.

Quella stessa del Vangelo di Giovanni: Cristo è la luce che sconfigge la tenebra e dà vita. (Gv.8,12)

Ecco il bianco!

Forse quegli oggetti di dolore e di morte non ci vengono incontro, ma grazie ad un abile gioco di prospettiva e profondità, sono come risucchiati dal bianco. Sono essi stessi trasfigurati. Così come gli amici di Gesù sulla vetta della montagna, di fronte a queste grandi immagini bianche, possiamo fare esperienza di ciò che
realmente è la trasfigurazione: “Le sue vesti divennero candide come la luce”. (Mt. 17,2)

Sono proprio quelle vesti a diventare luminose. È la “materia laica” che viene trasformata! Così questi oggetti di dolore e morte che abbiamo davanti divengono essi stessi strumenti di speranza.

Nelle foto di Symbolum c’è il racconto dolce e consolante della vita che vince. È la nostra vita trafitta e crocifissa che grida la risurrezione! Diventa cioè capace di riconoscersi meravigliosa, infinita, sconfinata.

La corona di spine, che è anche la nostra, appare alla fine “candida come la luce”. Se di tutto questo non ci accorgiamo immediatamente è forse perché tutto di noi stessi, i nostri occhi, i nostri sensi, le nostre convinzioni, le nostre idee, perfino le nostre fedi sono radicate nel tempo e devono fare i conti con i giorni, con gli anni, i minuti, le ore. Mentre le dita di Dio modellano l’argilla bianca dell’eternità.

Talvolta l’arte è capace di andare oltre le intenzioni, così la materia, quale che sia, si lascia plasmare dall’artista ma in realtà si fonde con la sua anima e la porta in alto, dove la luce si fa più intensa. Qui, nella purezza del bianco, l’uomo incontra sé stesso e riscopre la capacità e la bellezza di dialogare con l’Infinito. – Marco Regattieri