This evening’s open-air performance of Extended Singularity at the Barga Jazz Festival confirmed what the studio album only hinted at: this music thrives on risk, breath and proximity.
The quartet—Onorati (piano), Sigurtà (trumpet), Evangelista (double bass) and Paternesi (drums)—delivered a long, unhurried set that stretched well beyond the hour, taut, purposeful and constantly in motion, with the festival crowd leaning in from the first notes.
They opened with “Quintessence,” establishing the group’s internal logic straight away. Sigurtà’s trumpet, hushed yet focused, traced long, lyrical lines that never tipped into sentimentality; the sound carried a dusk-coloured warmth that set the tone for the night.
Onorati’s piano acted as a hinge in the ensemble passages—quietly re-voicing harmonies, slipping in counter-melodies—then expanded into clear, singing statements when the floor opened for him alone. The rhythm team made the difference. Evangelista’s bass was immovable in pulse yet alive in detail, his note choices nudging the music into fresh corners without breaking its spine. Paternesi, by contrast, was all restless geometry: brushes turning to sticks, splashes to tight rolls, a drummer who shapes time rather than merely keeping it.
On “Oslo Twilight” his cymbal work created a soft halo around Sigurtà’s muted horn, while “Parallel Dimension” became a small percussive drama—accents set like tripwires that the band delighted in stepping over, together.
Much of the repertoire drew from the album’s nine pieces—seven by Onorati—and they functioned exactly as intended: springboards for cleanly argued improvisation. The writing is concise, but live it breathes wider.
Onorati stretched phrases without grandstanding, often handing a motif back to Sigurtà, who pared it down further, the two of them almost sketching in negative space. Even outdoors, with night air and festival bustle at the edges, the quartet kept air between the lines and purpose in the silences.
The festival audience responded in kind: attentive throughout, erupting at the end of the set’s quietest moments rather than its loudest. An unhurried encore acted as a coda, the band settling into a slow-burn groove that underlined what the evening had already proved: four musicians communicating with absolute concentration, and the pleasure of playing together made audible.
If the album shows a scene in rude health, tonight showed why. Nothing felt routine, and nothing felt gratuitous. Extended Singularity live is less about display than about clarity—ideas laid out with poise, momentum held without strain.
A measured, quietly triumphant Barga Jazz Festival performance.
L’esibizione all’aperto di questa sera di Extended Singularity al Barga Jazz Festival ha confermato ciò che l’album in studio lasciava solo intuire: questa musica vive di rischio, respiro e prossimità.
Il quartetto — Onorati (pianoforte), Sigurtà (tromba), Evangelista (contrabbasso) e Paternesi (batteria) — ha offerto un set lungo e disteso, ben oltre l’ora, teso, coerente e costantemente in movimento, con il pubblico del festival che si è lasciato catturare fin dalle prime note.
Hanno aperto con Quintessence, stabilendo subito la logica interna del gruppo. La tromba di Sigurtà, sommessa ma intensa, ha tracciato linee liriche e ampie senza mai scivolare nella sentimentalità; un suono caldo, dal colore del crepuscolo, che ha definito il tono della serata.
Il pianoforte di Onorati fungeva da cerniera nei passaggi d’ensemble — rielaborando armonie, insinuando contro-melodie — per poi espandersi in dichiarazioni chiare e cantabili quando lo spazio si apriva per lui solo. La sezione ritmica ha fatto la differenza. Il contrabbasso di Evangelista era immobile nel battito ma vitale nei dettagli, con scelte di note che spingevano la musica in angoli inaspettati senza spezzarne la spina dorsale. Paternesi, al contrario, era pura geometria inquieta: dalle spazzole alle bacchette, dagli spruzzi ai rulli serrati, un batterista che modella il tempo più che limitarvisi.
In Oslo Twilight il suo lavoro sui piatti creava un alone soffuso attorno al corno sordinato di Sigurtà, mentre Parallel Dimension diventava un piccolo dramma percussivo — accenti come fili tesi su cui il gruppo si divertiva a inciampare, insieme.
Gran parte del repertorio proveniva dai nove brani dell’album — sette dei quali firmati da Onorati — e ha funzionato esattamente come previsto: trampolini per improvvisazioni nitide e argomentate. La scrittura è concisa, ma dal vivo respira più ampiamente.
Onorati dilatava le frasi senza mai ostentare, spesso restituendo un motivo a Sigurtà, che lo riduceva ulteriormente, i due intenti quasi a disegnare per sottrazione. Anche all’aperto, con l’aria notturna e il brulichio del festival tutt’intorno, il quartetto ha mantenuto spazio tra le linee e intenzione nei silenzi.
Il pubblico ha risposto di conseguenza: attento per tutta la durata, esplodendo alla fine dei momenti più silenziosi piuttosto che in quelli più fragorosi. Un bis senza fretta ha fatto da coda, il gruppo immerso in un groove lento e ardente che ha ribadito ciò che la serata aveva già dimostrato: quattro musicisti in perfetta concentrazione comunicativa, e il piacere di suonare insieme reso udibile.
Se l’album mostra una scena in ottima salute, la serata ha spiegato il perché. Nulla è sembrato di routine, nulla superfluo. Extended Singularity dal vivo è meno una dimostrazione che una ricerca di chiarezza — idee esposte con grazia, tensione mantenuta senza sforzo.
Una performance misurata, silenziosamente trionfale, al Barga Jazz Festival.




