Il monaco Donizione che redasse la sua biografia scrisse: “Matilde, splendente fiaccola che arde in cuore pio. Aumentò in numero armi, volontà e vassalli, profuse il proprio principesco tesoro, causò e condusse battaglie. Se dovessi citare ad una ad una le opere compiute da questa nobile signora, i miei versi aumenterebbero a tal punto da divenire innumerevoli come le stelle”.
Figura di grande spicco e assoluta modernità, Matilde fu la prima donna ad essere sepolta nella Basilica di San Pietro a Roma. La sua importanza anche per il nostro territorio è stata ben evidenziata nella presentazione tenutasi mercoledì alla biblioteca comunale in cui è stato presentato il testo “Regina del Vaticano -Viaggio sulle orme di Matilde di Canossa” della professoressa Selma Sevenhuijsen dell’Università di Amsterdam.
Durante un dialogo avvenuto qualche settimana fa, Pier Giuliano Cecchi, memoria storica della città di Barga, ci ha ricordato di quando, assieme ad altri amici, propose un’intitolazione di un luogo pubblico a Matilde.
“Era il 1993- ci ha raccontato- e come Gruppo Storico di Barga, nell’imminenza di intitolazioni di vie del Comune di Barga (erano molte) proponemmo anche una da dedicare alla Contessa Matilde. Ma la cosa non fu ben accolta, venne vista come una forzatura scartandola in favore di uomini politici italiani”.
Eppure i motivi ci sarebbero stati. Matilde fu figura di primo rilievo e su di lei, sin da quando era in vita, iniziarono a fiorire leggende che poi, nel corso dei secoli, si mescolarono a informazioni fuorvianti. Paolo Golinelli, professore di Storia Medievale all’Università di Verona, tra i massimi esperti di Matilde a cui ha dedicato, tra i vari testi, una biografia più volte riedita (da ultimo presso Mursia), da oltre quarant’anni studia la figura di Matilde sfatandone miti e false interpretazioni.
Per esempio, Golinelli -che recentemente ha dato alle stampe (per Jaca Book) il saggio “L’ancella di san Pietro. Matilde di Canossa e la Chiesa”- ha sfatato il mito di Matilde come donna isolata, tutta “potenza e solitudine”, per dirla con Vito Fumagalli.
Al contrario della vulgata, la contessa ebbe molte amiche e confidenti, come Adelaide di Susa, marchesa di Torino. Da smentire è anche il mito della regina guerriera. Ha spiegato Golinelli: “Matilde non è Giovanna d’Arco che si vestiva da uomo e combatteva sul campo. Matilde organizzava, faceva strategie, dirigeva. Insomma, una donna autonoma che ha una grande modernità: basti pensare a un aspetto inedito: l’importanza data alla comunicazione. Fece creare un suo simbolo: una croce con intorno la formula “Matilde se è qualcosa lo è per grazia di Dio”. Sostenne la sua biografia fatta dal monaco Donizone e si circondò di intellettuali e uomini di grande spessore come Anselmo d’Aosta”.
Anche per questa sua modernità, quasi contemporaneità, oseremmo dire, recentemente c’è stata una riscoperta della sua figura. Inoltre, per la sua vita singolarissima e ricca di eventi, la Contessa, si presta benissimo a essere soggetto di romanzi. Non a caso, è da poco uscita una bella opera di narrativa, edita da Consulta e vincitrice del premio Silvio D’Arzo: “Come spicchio di melagrana. Matilde, donna del Medioevo”.
Ne è autrice Normanna Albertini, insegnante e scrittrice (che in Valle è spesso venuta a presentare i suoi testi editi da Andrea Giannasi, tra cui uno di grande interesse sul pittore “misterioso” Pietro da Talada).
“Per scrivere il libro- ha confessato l’autrice- sono partita dall’omonimo verso del Cantico visto che Matilde viene spesso ritratta con una melagrana. Ho poi scoperto che il nome arabo della melagrana designa anche la stadera (la bilancia). Ho messo insieme il tutto: Matilde, melagrana, bilancia, equità, giustizia”.
Scopo della Albertini era quello di “ricordare degnamente questa immensa donna senza fermarsi al “santino” di certi che la vorrebbero quasi una suora o di altri che la descrivono guerriera sanguinaria e donna di facili costumi. Bisogna riconoscere le sue precise scelte politiche e amministrative che furono il motore dello sviluppo delle realtà comunali di cui divenne un punto di riferimento insostituibile e poi la cultura che ha sostenuto e disseminato: fu lei a far recuperare il Codice di Giustiniano, che fece ristudiare e insegnare dal giurista Irnerio che fondò una scuola di diritto che fu il nucleo dell’università di Bologna, la più antica del mondo”.
Article by Nazareno Giusti