Sono le 6.54 di giovedì 31 maggio quando alla stazione di Lucca saliamo su un treno composto da un vagone (di quelli con motrice e posti a sedere per capirsi…). Il treno è partito da Pisa ed è già stracolmo di studenti e lavoratori pendolari. Qualcuno, coraggiosamente, ha caricato una bicicletta sognando una formula “train+bike” tanto cara a popoli del nord Europa. Inutile dire che, nel caso specifico, la bicicletta è un ingombro quasi intollerabile.
Il treno parte e dopo poco si ferma. Alla stazione di San Pietro a Vico salgono altre persone secondo un rito che si ripeterà più volte fino a Ghivizzano. Qui qualcuno desiste, non sale e attende il treno successivo. Del resto fin da Diecimo eravamo stivati come sardine. L’esperienza non è nuova e per qualcuno è del tutto ordinaria: movimenti controllati per evitare contatti con chi, in piedi o seduto, condivide lo stesso ristretto spazio. A tratti quasi non si capisce chi è seduto e chi in piedi. Io mi chiedo che fine abbia fatto la bicicletta. Non lo scoprirò mai.
Fornaci di Barga e Barga/Gallicano sono le stazioni della salvezza: molti scendono diretti a scuola o al lavoro. Ancora un po’ e lo scenario cambierà completamente: a Castelnuovo di Garfagnana il treno si svuota e da sardine ci trasformiamo in turisti. Siamo fortunati noi che siamo diretti a Pieve San Lorenzo: ci godremo il resto della valle potendo correre da un finestrino all’altro.
Con lieve ritardo sull’orario previsto il treno raggiunge Piazza al Serchio: fine della corsa. Si, questo strano treno non prosegue oltre. “E’ l’unico della giornata che non prosegue” – ci spiega un ferroviere – “ma ha la coincidenza con un treno che arriva da Aulla”. Anche quello tornerà indietro e noi lo useremo per superare una lunga galleria.
Andiamo al bar per un cappuccino e non possiamo fare a meno di notare che quella di Piazza al Serchio è una stazione ancora viva e graziosa, meglio di altre poste in centri di pari o maggiore importanza. E’ strano: anche le persone sembrano avere uno sguardo più tranquillo.
“Si, questa stazione non è male” – ci dice ancora il ferroviere – “hanno messo anche la nuava biglietteria automatica. Non fosse per l’impossibilità di fare i biglietti con i soldi….”. Si, avete capito bene: a Piazza al Serchio, nel cuore ferroviario dell’alta Garfagnana la biglietteria automatica è “USER NOT FRIENDLY” e funziona solo con carte di credito, bancomat e strumenti affini.
“Le signore più anziane salgono sul treno” – aggiunge il nostro amico ferroviere – “e cercano il Capotreno per fare il biglietto… non vi sembra assurdo?”. Si, ci sembra assurdo. Ci sembra assurdo pensare che in territorio rurale, in quella montagna in cui i vecchi chiamano ancora il denaro con nomi come “quattrini” e “franchi”, si posizioni una biglietteria automatica che non consente di usare i più moderni euro. In una delle salette del bar i videogiochi accettano le monete, segno che quel sistema di pagamento è il più diffuso. E’ con questa contraddizione che il “Fast Regional Ticket” diventa un “Impossible Regional Ticket” e scatena la caccia al Capotreno.
Giunge l’ora di risalire sul treno per raggiungere Pieve San Lorenzo: una ventina di minuti di attesa in stazione per percorrere la galleria che ci separa dalla destinazione in cinque minuti possono bastare. In fondo siamo (quasi)turisti e quest’esperienza ha il sapore dell’avventura.
Il rientro è diverso: treno con tre vagoni colorati dai graffitari, scomparti che non si riempiranno mai, nessun cambio… quasi quasi era meglio l’avventura del mattino. Ci chiediamo, però, cosa significhi vivere quest’avventura più volte a settimana…