Sono venuto in possesso di alcuni
scritti antichi riguardanti personaggi vicende e luoghi della
nostra Barga. Della loro lettura io
mi sono molto dilettato e penso possa essere un piacere anche
per altri che si appassionano a queste cose. Ho pensato, allora, di
farne una piccola serie da mettere a disposizione di tutti. Poiché, però,
non sarà possibile produrne tante copie, dovrò
necessariamente farli da me, e mi scuso fin d'ora per la loro
veste modesta, spero che supplisca il loro contenuto. Anticipatamente ringrazio
per l'accoglienza che verrà loro riservata. Questo libretto riguarda
una gita fatta il 27 settembre 1880 alla Tana di Cascaltendine
nel Monte di Gragno da illustri personaggi Barghigiani. Buona lettura.
Ivo Moriconi
L'egregio
nostro concittadino Francesco Bertacchi nel secolo decorso ispezionò
quella meravigliosa Grotta sotterranea detta la Tana
di Cascaltendine, che è situata,
per chi si trova a Barga, sull'estrema sini-stra della vetta
del Monte di Gragno, e ne lasciò una descrizione manoscritta,
della quale io mi valgo in parte. Quel monte
che termina così bruscamente in una altissima rupe a picco,
si presenta da Barga, sebbene si veda solamente di fianco, come
un monte che abbia sofferto un cataclisma ed un pezzo di esso
si sia staccato improvvisamente precipitando nella Turritecava. Appiè
di questa rupe si apre la spaziosa Caverna di cui voglio tener
parola. Fa quasi
meraviglia che questa grotta visitata da molti, ma poco o punto
conosciuta, in questi tempi di alpinismo non sia stata descritta
come tante altre grotte di minor pregio, che pure hanno fermato
l'attenzione di severi scrutatori della natura e svegliate le
armoniose cetre dei poeti. Ma pure è così, questa
che per fare bella mostra di sé non avrebbe bisogno di
artifizi retorici, è rimasta lì perché non
ha anche trovato uno che se ne occupi particolarmente. Queste riflessioni
si facevano in un crocchio di amici in Barga radunati al caffè
la sera del 26 settembre del corrente anno. Eppure,
dicevamo, bisognerebbe andarci... bisognerebbe descriverla...
Sta bene, replicavo io, ma manca una cosa soltanto, ed
è precisamente quella di doverci andare. Orsù,
soggiunse subito uno degli amici, avete il coraggio di seguirmi ?
Si, rispondemmo tutti. Allora non occorre altro, a rivederci
a domattina alle quattro. Così
fissato, gli amici si augurarono la felice notte e credo che
avranno dormito tranquillamente, ma io, cui dettero l'incarico
di farene la descrizione, non ci fu verso che potessi chiudere
un occhio, sicché mi levai e mi misi a scrivere, quasi
come preparazione alla gita da effettuarsi, le seguenti notizie
intorno alla Grotta detta Tana. Chi avesse
proposto di visitare la Tana nei tempi passati alla bassa gente
dei nostri paesi, sarebbe stato il caso di sentirsi chiamar matto
da legare ; talmente stravaganti erano le cose che si raccontavano.
Gl'immensi pericoli che vi s'incontravano, le grandi acque che
col loro eterno rumore rendevano suoni cupi e spaventosi, gl'inestricabili
laberinti che conducono sull'orlo di precipizi orrendi, le frane
che si aprono sotto i piedi, i venti che spengono i lumi, le
streghe etc. venivano magnificate in modo che facevano rabbrividire.
E per giunta c'erano anche di quelli che imbevuti di queste idee,
per le quali certamente non si sarebbero accostati a cotesta
grotta per tutto l'oro del mondo, nondimeno per mostrarsi di
animo superiore agli altri, asserivano tutte queste cose come
vedute dai propri occhi spacciandole per altrettante verità
sacrosante. Le nostre mamme parte credendoci in buona fede, e
parte per allontanare i loro figli dalla curiosità di
visitare la terribile spelonca, contribuivano mirabilmente a
far sussitere siffatte sciocche superstizioni. Additavano ai
loro figliuoletti quelle buche come asilo delle Fate, delle Orche,
delle Streghe e le descrivevano quasi fossero tante vecchiaccie
grinzute, con due zanne davanti e con dita unghiate colle quali
strozzavano, strangolavano e buttavano giù negli abissi
senza fine tutti quelli che odiavano, se pure trasformandosi
in vampiri, in grossi formicoloni ed anche in bestie feroci non
si divertivano ad abbeverarsi del loro sangue e pascersi delle
loro carni. Ma lasciando il passato, oggi è un fatto che l'internarsi negli antri e nelle caverne, l'esaminare gli scherzosi parti della natura, gli stallattiti, i colaticci di svariatissime forme, il ricercare se questi maravigliosi e al tempo stesso orribilissimi antri fossero stati in qualche tempo abitati dagli uomini, o avessero servito loro di rifugio in momenti pericolosi, non sono più ridicole stranezze né idee mitologiche, ma sono il vastissimo campo delle odierne esplorazione dei dotti, i quali coi loro profondi studi |