Scultore, alpinista, scrittore, ma soprattutto “personaggio”, custode della cultura della montagna di quella parte Friuli che confina con il Veneto divenuta tristemente nota per la vicenda del Vajont.
Mauro Corona è questo e molto di più, ed il 22 marzo prossimo, grazie ai Lake Angels, sarà a Barga per parlare di se, delle sue tante attività e per presentare il suo ultimo libro “La fine del mondo storto”.
Nato nel 1950 in modo quasi rocambolesco – sul carretto dei genitori, venditori ambulanti come molti degli abitanti di quelle valli alpine – tornò presto a vivere ad Erto, il paese di origine della famiglia, incastonato nella Valle del Vajont, alla cui tragedia assisterà all’età di 13 anni, e dalla quale la sua vita sarà toccata: i paesi distrutti, le vite spezzate, gli errori umani, il rapporto con la natura, diventeranno nella maturità materia di racconto nei suoi libri, assieme alla vita di montagna, ai rituali e le credenze, agli animali e alle persone che popolano boschi e vallate.
Ma la scrittura è forse l’ultima passione che si aggiunge alla personalità schiva di Mauro Corona: la scultura è forse la prima stilla della cultura della sua gente ad insinuarsi dentro di lui: già nel 1975, realizza la sua prima mostra, dopo aver imparato dal nonno e poi da un’abile artigiano i rudimenti della tecnica.
Anche la montagna, elemento indissolubilmente legato alla vita nella Valle del Vajont è da sempre presente nella vita di Mauro Corona, che, neanche a dirlo, ne è infinitamente appassionato, con al suo attivo numerose imprese come l’apertura di nuove vie di scalata non solo sulle cime friulane ma anche in Groenlandia e California.
L’incontro barghigiano si terrà alle 21,00 presso il teatro dei Differenti, (ingresso libero – senza prenotazione) e sarà l’occasione per interagire con questo eclettico personaggio riservato e burbero ma schietto e genuino.
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Mauro Corona è solito ripetere di non essere nato in barca. Ma forse non tutti sanno che in realtà è nato su un carretto, il 9 agosto del 1950.
I suoi genitori, Domenico “Mene” Corona e Lucia Filippin detta “Thia”, quell’estate vagabondavano per le valli del Trentino come venditori ambulanti, ed è proprio sulla strada che dal borgo di Piné portava a Trento che Mauro ha visto la luce sul carretto dei genitori.
Nonostante attorno alla nascita e alla vita del nostro siano fiorite e sorgano tuttora diverse leggendemetropolitane – alcune persone si stupiscono ancora del fatto che non superi i due metri di altezza – questa che segue è la sua vera storia. Fidatevi di noi, lo conosciamo bene.
Rischiare la pelle diventa subito una questione con la quale farà spesso i conti: ancora in fasce, viene colpito da una brutta polmonite che gli lascia poche possibilità di sopravvivenza. Ma quando attorno al suo capezzale vengono accesi ormai anche quattro ceri, le preghiere della nonna Maria, giunta apposta da Erto, restano l’unica speranza cui affidarsi, Mauro guarisce miracolosamente. Non ci dovremmo proprio stupire se oggi si ritrova ad essere un carpino con la scorza dura e tenace come quella del corniolo.
Mauro trascorre quasi sei anni a Piné, ma non ricorda molto di quel periodo. Poi la famiglia decide di riportare lui e il fratello Felice, nato nel 1951, al paese d’origine, Erto, un pugno di case incassato nella valle del torrente Vajont, ultimo baluardo del Friuli occidentale. Mauro conosce i nonni paterni Felice e Maria, e Tina, la zia sordomuta. Trascorre l’infanzia nella Contrada San Rocco, assieme ad altri coetanei ertani. Alcuni di loro, Silvio, Carle, l’Altro Carle, Meto, Piero, Basili, diventeranno suoi inseparabili amici.
L’amore per la montagna e per l’alpinismo gli entra nel sangue durante le battute di caccia ai camosci al seguito del padre sulle cime che circondano il villaggio.
Appena tredicenne in agosto scala il monte Duranno ed è del 1968, a diciotto anni, la prima via aperta sulla Palazza.
La madre abbandona la famiglia pochi mesi dopo la nascita del terzo figlio, Richeto, e passeranno diversi anni prima che faccia ritorno a Erto. Oltre al grande vuoto, da buona lettrice lascia ai figli un patrimonio di libri non indifferente, che Mauro comincia a divorare facendosi compagnia con i personaggi e le storie creati da Tolstoj, Dostoevskyj, Cervantes e altri grandi autori. — more here