C’E’ CHI DICE NO – di Gianbattista Avellino – Italia 2011
Nello splendido scenario della Firenze odierna, tre amici trentenni si ritrovano per la prima volta dai tempi del liceo. Hanno intrapreso carriere diversissime ma combattono ogni giorno gli stessi nemici: i raccomandati, che rubano loro non solo il lavoro, ma la dignità, i sogni, i progetti di una vita. Max (Luca Argentero) è un aspirante giornalista che per pagare l’affitto del monolocale in cui abita scrive di strafugo su giornali come Pizzaiolo Oggi e Lamiera News; a un soffio dall’assunzione, il suo posto è dato ad Enza (Myriam Catania) figlia dell’editorialista di spicco della casa editrice. Il ruolo di medico che invece spetterebbe ad Irma (Paola Cortellesi), da molto tempo operativa in ospedale solo grazie a bravura e borse di studio, va alla nuova fidanzata del primario. Samuele (Paolo Ruffini) è da tempo immemorabile assistente in diritto: nonostante l’eccezionale preparazione e i lunghi anni di vessazioni, il concorso di ricercatore è assegnato al genero idiota di un barone universitario. Le tre vittime del sistema di raccomandazione decidono allora di unirsi e combattere questo regime sballato, prendendo di mira i tre segnalati che occupano abusivamente il loro posto di lavoro, attraverso una divertente e perfida opera persecutoria.
Nel cast (in cui spicca un inedito, notevole Ruffini) si annoverano anche Claudio Bigagli, Marco Bocci, Roberto Citran, Edoardo Gabbriellini e l’inossidabile Giorgio Albertazzi. Nonostante qualche ingenuità a livello di regia e di sceneggiatura, il film narra in maniera convincente ed amara (particolarmente nel finale) questo nostro paese “di santi, poeti, navigatori, di nipoti, di cognati…” (Ennio Flaiano) in cui il merito è sbandierato come degno di essere aiutato ed onorato, ma nei fatti quasi mai viene perseguito, andando ad infrangersi contro la cupola dei potenti legati tra loro a filo doppio. La logica di raccomandazione, o meglio, di “segnalazione” viene dimostrata sottendere a tal punto nella nostra società da rendere vana ogni battaglia: il solo modo per non soccombere al sistema non sembra tanto combatterlo, quanto entrarne a far parte, cosa di enorme difficoltà e di auto negazione (si veda qui l’esperienza di Argentero). Tanto più in un paese dove si evidenzia in particolar modo la discrasia tra giustizia e legge: i tre amici, proclamatisi anonimamente “Pirati del Merito”, per ottenere la giustizia che loro spetterebbe sono costretti ad andare contro alle legge, con una serie di mirabolanti azioni degne di un genio del male.
Particolarmente spassosa e sconsolante la parte dedicata al mondo universitario, in cui al diligente e creativo Ruffini, che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita usando un bagno come un ufficio, scrivendo ricerche e discorsi per la firma di altri, fungendo quasi da servo personale del professore di turno, viene preferito un emerito cretino dedito principalmente al gentil sesso; e si segnala in particolar modo la scena in cui i docenti riesaminano i concorsi degli ultimi anni, rivelando l’imperante logica per cui entrano i segnalati e i bravi, i meritevoli sono scartati; se si ribellano e fanno ricorso, decretano la propria fine. Il che viene stigmatizzato da Albertazzi in una frase che dovrebbe fungere da mantra davanti a tante situazioni di oggigiorno: “Dove andremo a finire? Nessuno studia più un cazzo”.